Tartarughe a Lampedusa

la-panchinaScusami, sono in ritardo” disse lui arrivando col passo svelto.

Figurati, tranquillo” lei rispose.

E’ tanto tempo che aspetti ?

Poco, cinque minuti, forse dieci. Guardavo il mare, non ci ho fatto caso, mi distraevo

E’ che sono venuto a piedi. Ci ho messo più tempo del previsto

Ma no, è che io ho preso il bus e sono arrivata prima”.

Si ritrovavano sulla stessa panchina dove si erano salutati anni prima. Dinanzi al mare di Aprile, che ha lo stesso colore del cielo, quel blu indeciso, tendente al nero della sera. Soffiava vento di libeccio, c’era ancora uno spicchio di sole all’orizzonte.

Quanto tempo puoi restare ?” chiese lei

Un’ora. Alle sei Lorenzo finisce a recitazione, vado a riprenderlo. Vuole diventare un attore, non certo un architetto come lo zio

Quanti anni ha ora tuo nipote ?” chiese ancora lei

Dieci, no scusa, nove” contò mentalmente, guardando in alto: “si, nove. Il tempo passa in fretta. E tu quanto puoi restare ?

“Io, oggi, ho tutto il tempo che voglio. Riparto dopodomani, sono arrivata ieri

Come mai solo quattro giorni ? Potevi restare un po’ di più

Non posso, al lavoro ho i giorni contati. Ho già finito le ferie

Seguì un silenzio breve, lui guardava le mani di lei, gli sembravano enormi, e poi quelle rughe intorno agli occhi che non ricordava più. E i piedi che gli erano sempre piaciuti: lei aveva scarpe aperte e unghie ben curate. Lui si era vestito bene, con la camicia e il pantalone grigio, lei gli guardava i calzini colorati a righe. Sembravano uguali a quelli che gli aveva regalato una volta.

Quanto tempo è che non ci vediamo ?” disse lui all’improvviso

Otto anni, giusto ?

Non sette ?

No, conta bene, sono otto” ribadì lei che evidentemente si ricordava meglio le cose.

E lui a questo punto usò la punta delle dita, ed effettivamente scoprì che erano otto gli anni durante i quali non si erano più né sentiti né visti. Forse una mail a Natale o un messaggio sul cellulare per qualche compleanno. Intanto la vita era andata avanti, o di lato, comunque era andata per entrambi in qualche direzione. Incontrollabilmente. Perché la vita va comunque in qualche direzione, non resta mai ferma.

Quanto tempo è che ci siamo lasciati ?” chiese sempre lui, che questo se lo ricordava bene ma evidentemente voleva farselo ripetere da lei.

Tredici anni

Tredici anni e due mesi” precisò lui con un sorriso. Senza rancore.

Si, è vero” sorrise anche lei, “era Febbraio”.

Al telefono; me lo dicesti al telefono, ti ricordi ?

Non potevo aspettare mica che tu tornassi. Ma lascia stare, è passato tanto tempo” scansò il discorso lei.

Erano già cinque anni che stavamo insieme

Quattro anni e undici mesi” per essere precisi, puntualizzò lei, alzando il dito indice della mano destra.

E’ vero, era Marzo” chiuse lui, guardando per terra.

Questa volta ci fu un silenzio lungo. C’erano stati tanti Marzi e Febbrai, ma loro ricordavano solo quei due. L’inizio e la fine erano state scaraventate sul tavolo della discussione come le prove di un processo. Aleggiavano i ricordi del tempo in mezzo a riempire il vuoto di quegli ultimi otto anni, un territorio dove erano diventati due perfetti sconosciuti e che nessuno aveva intenzione di esplorare.

Lui ci provò: “Hai fatto cose importanti in questi otto anni ?” chiese a sorpresa.

Lei ripassò nella mente, come pigiando su un immaginario Fastforward, le prime immagini che le venivano in mente, poi rispose: “No, nulla. Cioè nulla che rimane nel tempo

Se è per questo neanche io

Tu sei un architetto” ribattè lei, “avrai fatto certamente qualcosa che resta nel tempo”.

Questa volta fu lui a ripassare il nastro dei suoi ultimi anni di vita. Ci vide cose che il tempo avrebbe comunque cancellato, o che forse aveva già trasformato indelebilmente.

Su, almeno un edificio, qualcosa che rimane per cinquanta o cento anni

Lui pensò un minuto, poi disse deciso: “Credo di no. Sai oggi non si costruisce più nulla, al massimo si demolisce”.

Ma dai. Non è vero

E’ così”. E qui avrebbe voluto insistere, parlargli del suo lavoro, ma era un argomento noioso, non voleva sprecare quel poco tempo prezioso a disposizione, quindi tacque. L’orizzonte scuriva, lui guardò un paio di volte lo schermo dello smartphone. Lei guardò l’orario del bus, ce n’era uno ogni mezz’ora. Fino a sera tardi.

Sai che sono stato a New York, l’estate scorsa ?

Davvero ?” disse lei, ma avrebbe voluto dire: “Davvero ? E con chi ?”, ma sarebbe stata una domanda inutile perché in fondo la risposta non era difficile da intuire.

E ti è piaciuto ?”, anche questa era una domanda inutile, ma almeno era innocua.

Bhè si. Credo che sia un posto che tutti dovrebbero vedere prima di morire. Sono stato solo cinque giorni ma mi sono sembrati lunghissimi perchè ho fatto moltissime cose. Là la vita sembra accelerata”. E mentre lo diceva lui muoveva le mani come a descrivere quel movimento di uomini e sensazioni. “E tu ? dove sei stata in vacanza ?”.

Niente vacanze, non avevo molti soldi. Però l’altr’anno sono stata a Lampedusa. Un mese intero a seguire il percorso delle tartarughe

Lui immaginò una tartaruga. Come quella che aveva visto al parco marino, o sul terrazzo di un suo amico d’infanzia, in estate, da bambino.

Lo sai che le tartarughe vivono anche 150 anni ?” aggiunse lei.

Si, lo sapevo

E che fanno figli anche a 100 anni”.

Era una frase che aveva bisogno di un commento. Lei lo aspettava da lui e lui da lei. Forse avrebbe dovuto farlo lei, aggiungere un dettaglio alla frase, d’altronde era stata lei a seguire le tartarughe. Ma nessuno aggiunse nulla.

Lui disse soltanto: “per questo vanno così lente, perché hanno molto tempo a disposizione

Ma a loro non sembra di andare lente

Sei sicura ?” chiese lui.

Si. Perché è tutto relativo”, poi non aggiunse altro.

Rimasero due minuti a pensare allo strisciare lento delle tartarughe, davanti gli passarono due anziani che si tenevano per mano. Lenti anche loro. Lui avrebbe voluto dire qualcosa di intelligente sul concetto di relativo, ma non gli veniva niente.

E ti è piaciuto ?”.

Credo di si. Quel mese mi è sembrato velocissimo. La maggior parte del tempo aspettavamo che si schiudessero le uova. Poi non mi ricordo bene cos’altro facevo. Quindi dev’essere stato bello”.

La conosci quella canzone di Fossati che dice: –Dicono che c’è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare- ?”, chiese lui.

E’ nuova ?

no, non credo

Allora non l’ho mai sentita. Al lavoro non ho tempo per ascoltare musica e in auto tengo sempre la radio”.

Erano passati cinquanta minuti. Ce ne volevano almeno altri dieci per raggiungere il teatro.

Ma davvero non hai costruito neanche un’architettura piccola, che resta così com’è per tanti anni ?” riprovò a chiedere lei.

Ti giuro di no. E poi le cose materiali non restano mai uguali nel tempo. Cambiano e poi vengono demolite, diventano macerie. Sono le cose immateriali che resistono

Intendi i ricordi, le emozioni ?”.

Si. Ma anche i libri, le canzoni oppure un film. Nessuno può demolire un film, o farlo sparire. Forse per questo Lorenzo vuole fare l’attore”.

E mentre diceva queste parole, lui fece per alzarsi. Lei non provò a trattenerlo.

Tempo otto anni e ci rivediamo” disse lui, già in piedi, guardando l’ora.

Sempre su questa panchina” rispose lei senza far capire se fosse una domanda o un affermazione.

Il tempo aveva e avrebbe demolito tutto tra di loro.

Tranne quell’amore. O il suo ricordo.

 

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