SULL’AEREO DEL RITORNO (Sardegna off)

aereo di cartaLa letteratura non chiarisce il quesito se il viaggio di ritorno debba o non essere considerato parte del viaggio, o se questo si ritiene concluso nel momento stesso in cui si intraprende la strada del ritorno a casa. Da una Cagliari luminosa stamattina, un treno, questa volta moderno, ci ha accompagnato in aeroporto.

L’aeroporto è il luogo perfetto per iniziare e finire un viaggio. Anche se il treno è più romantico, l’auto più indipendente e l’autostop più avventuroso.

E poi il sollevarsi dal suolo è già di fatto un partire, il levarsi dal terreno, per quanto la tecnologia sia oramai affidabile è sempre un gesto innaturale.

Sull’aereo senza un posto libero si confondevano gli arrivi e le partenze. Famiglie con bambini indemoniati, ragazzi e ragazze quasi bagaglio esenti, anziani evidentemente non abbastanza anziani da restarsene a casa a godersi l’aria condizionata del soggiorno.

E noi là a trattenere il fiato al decollo e poi a sperare che non ci sia neanche una piccola turbolenza e quando c’è, cercare subito il viso di una hostess e ci tranquillizziamo quando la vediamo uscire armata di carrellino con cocacole e succhi di frutta.

Eravamo partiti già da mezz’ora quando il pilota si è affacciato in carlinga. Un bell’uomo, di mezz’età, con le tempie brizzolate e gli occhi azzurri. La giacca senza un filo di sgualcitura, sembrava appena uscito da una sfilata di Milano moda.

Gentili ospiti” ha esordito, “io sono Giulio, il comandante di questo aereo. Non so se imbarcandovi ve ne siete accorti ma questo è un volo speciale”.

Effettivamente salendo avevo notare delle appendici ai reattori, ma siccome non sono un grande esperto di volo, pensavo fosse una cosa normale.

Questo è il milionesimo volo della nostra compagnia, e quindi c’è un regalo per tutti voi. Ma prima devo chiedervi se potete tardare di un’ora. Solamente un’ora”.

I bambini continuavano a piangere ignari, qualcuno dai posti in fondo rumoreggiava, un signore delle prime file ha alzato la mano: “io avrei un appuntamento alle quattro in stazione a Napoli”.

Il comandante ha dato uno sguardo all’orologio: “stia tranquillo, faremo in tempo”.

Io perderò la coincidenza per Reggio Calabria” ha urlato un uomo dal centro dell’aereo.

Non si preoccupi, lo stewart Roberto la accompagnerà. Lui è di Catania e appena arrivato deve raggiungere la famiglia in Sicilia”.

Altre obiezioni ?”, ha chiesto Giulio il comandante.

Oramai eravamo tutti molto curiosi di sapere di che regalo si trattava. Io ho ripassato mentalmente i miei impegni di oggi pomeriggio: assolutamente nessuno.

Allora signori, devo chiedervi di sedervi e di allacciare le cinture, perché adesso saremo costretti ad accelerare”. Tutti hanno obbedito, quindi l’aereo ha fatto una specie di virata e ha accelerato come se avesse ricevuto una spinta alle spalle. Dopo qualche minuto ha preso a salire, sempre più in alto finché il cielo è diventato più azzurro, le nuvole fitte e poi improvvisamente più nulla.

Signori passeggeri” ha detto il comandante, “abbiamo appena lasciato la troposfera, sede abituale dei voli di linea, ed ora siamo entrati bella stratosfera, quello che abbiamo appena bucato” continuò il comandante “è il famoso strato dell’ozono”.

Dai finestrini si vedevano piccoli corpi luminosi e colorati, viaggiavano in branco: “Ecco dove vanno a finire i palloncini che i bambini si lasciano sfuggire dalle mani”, ho pensato.

Signori” ha detto ad un certo punto il comandante, “Ora vi devo chiedere la cortesia di indossare quel paio di occhiali che trovate sotto il vostro sedile”. E’ stato così che tutti hanno frugato sotto il proprio sedile e hanno trovato un paio di occhiali blu metallizzati, indossandoli immediatamente. Per i bambini c’erano modelli in miniatura, alcune ragazze hanno trovato occhiali con gli strass.

Dobbiamo proteggere gli occhi perché siamo nella mesosfera, la casa delle onde radio e magnetiche”, ha spiegato Giulio il pilota modello.

Adesso piccoli e brevi lampi saettavano nel buio da ogni lato. “Ancora un po’ di pazienza e saremo arrivati” ha detto il comandante con una voce da speaker radiofonico.

L’aereo ha impennato ancora un poco, poi apparentemente si è praticamente fermato,  come sospeso in un luogo del quale non conoscevamo la natura e il posto. Qualcuno ha guardato fuori dal finestrino e ha visto la terra, piccolissima laggiù in fondo al buio.

Signori siamo arrivati”, ha detto Giulio. “Ora procederemo al nostro lavoro di oggi”.

L’aereo ha così accelerato lentamente, zigzagando tra nubi fluorescenti. Ogni tanto un flash scuoteva impercettibilmente l’aereo, causando un piccolo contraccolpo. Stavamo ballando tra corpi luminosi e piccole comete.

Signori” ha detto ancora Giulio, “non stupitevi: stiamo solo cercando stelle da spingere in basso. E’ facile, basta un piccolo colpo e perdono l’equilibrio”.

E’ vero, oggi è il 10 Agosto, non ci avevo pensato. E’ la notte delle stelle cadenti.

L’aereo che forse non era un aereo, ma una navicella spaziale, una cellula astronomica o chissà cosa, ha colpito decine e decine di stelle. Poi è tornato a fermarsi. Dall’altoparlante si è sentita ancora la voce del comandante.

Abbiamo terminato, ora centinaia di stelle sono pronte a cadere dal cielo. Mi raccomando: stasera non dimenticate di cercarle”.

Mentre il muso dell’aereo puntava verso il basso, sulla via del ritorno.

 

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