Lo voglio dire soprattutto ai giovani, mettersi in casa un architetto comporta dei rischi. Qualcuno vi deve avvisare degli inconvenienti che implica e delle contraddizioni che solleva.
Siccome nessun architetto si manifesta subito, chiaramente, per quello che è, occorre smascherarlo un po’ per volta con testimonianze indirette o fughe di notizie tramite informatori.
Innanzitutto prima di mettersi in casa un architetto, si consiglia comunque un periodo di convivenza che oscilli tra gli 8 mesi e i 6 anni senza soluzione di continuità. Dal momento in cui si sceglie di mettersi in casa un architetto un importantissimo dettaglio è che la casa sia già terminata e quando si dice “terminata” intendo proprio “terminata” in ogni sua singola parte ma soprattutto anche arredata con mobili in quantità non solo sufficiente ma anche leggermente eccedente al necessario, in modo che l’architetto non sia neanche tentato dall’effettuare aggiunte creative.
Questo, comunque, non mette completamente al riparo da interventi in variante. Resta sempre il rischio che l’architetto maturi l’intenzione di effettuare iniziative robuste, tipo modificare la destinazione di qualche stanza, ad esempio la camera da letto al posto del salotto o la cucina nel soggiorno. Di solito queste iniziative vengono introdotte adducendo motivazioni quali la luminosità, il panorama, l’esposizione o il feng shui.
In genere l’architetto può desistere da questo progetto dopo aver quantificato lo sforzo economico, operazione che verrà effettuata con regolare computo metrico dei lavori a farsi. Se all’architetto verrà impedito di movimentare l’arredo, certamente prima o poi, più prima che poi, comincerà ad introdurre in vari ambienti oggetti di design molto complessi e di scarsa utilità. Oppure proverà la sostituzione di altri obsoleti o noiosi con noti pezzi da collezione, tipo la radio Brionvega, il cavatappi Guzzini o la caffettiera Alessi. Se la casa è dotata di un benché minimo sfogo esterno, l’architetto certamente introdurrà l’elemento “verde”, con piantagioni di gerani e barriere siepate potate ad arte. Tuttavia la fase del giardinaggio è quasi sempre una parentesi breve, a scadenza, in quanto gli architetti sono attratti dalla vegetazione ma farebbero morire di sete anche un cactus, quindi dopo qualche tempo il verde sarà sostituito da più agevoli elementi acquista da BRICO, resistenti ad ogni clima ed imperizia.
Per i primi mesi mettersi un architetto in casa significa accogliere le sue strategie di organizzazione che possono manifestarsi in vari modi. Ad esempio nelle modalità di raccolta della spazzatura in maniera scientifica con contenitori di colore e grandezza diversa, oppure nel sistemare in ordine alfabetico la libreria o ancora la suddivisione rigida, stagionale, degli armadi.
Quindi, prima o poi l’architetto, comincerà a trattare la questione del risparmio energetico. La prima operazione sarà la sostituzione di tutte le lampadine dell’abitazione con altre con tecnologia a LED che causeranno il progressivo abbassamento della vista di entrambi, la seconda operazione riguarderà la manutenzione degli infissi esterni (persiane, doppi vetri ecc.) attraverso una ricerca attenta di quelli che lui chiamerà insistentemente “ponti termici”, concetto fino a quel momento ignoto.
Mettersi in casa un architetto vuol dire rinunciare a qualsiasi schema orario prestabilito. E’ noto infatti che l’architetto utilizzerà la sua abitazione come una tavola calda H24 ed un motel d’autostrada. Per questo motivo, nei giorni feriali, i passaggi dell’architetto in casa saranno rari come quelli della cometa Hyakutake. Ma anche nei festivi l’architetto tenderà a non abbandonare mai il proprio lavoro, organizzando cene finte con colleghi veri, solo per confrontarsi sull’ultimo bando di concorso o per vedere le foto dell’ultimo viaggio in località sconosciute ai più.
Inoltre bisogna sapere che un architetto ha sempre almeno un paio di amici stravaganti che esercitano su di lui, non si sa come e perché, un fascino particolare. Siccome questi amici hanno sempre controindicazioni che vanno dall’abbigliamento improbabile a qualche piccolo problema con la giustizia, bisogna sapere che intrattenerci rapporti confidenziali in occasioni ufficiali, non sarà sempre una buona idea.
Sposarsi un architetto inoltre, nonostante le sue intenzioni di standardizzazione dei processi, condannerà ogni abitazione ad un disordine moderatamente costante e distribuito, fatto di post-it, cataloghi di piastrelle, numeri di DOMUS dal 1997 al 2006, riviste disseminate ovunque, sempre sul punto di essere buttate e infine sempre salvate perché c’è una pagina che “può sempre servire”. Un buon espediente è riservare, avendola, una camera che l’architetto di famiglia possa gestire liberamente. Tale ambiente verrà sgomberato con cadenza semestrale con l’intervento dei NAS accompagnati da un reparto qualificato della nettezza urbana dotato di mezzi speciali.
Va precisato che l’architetto conosce benissimo, in teoria, il funzionamento di qualsiasi attrezzatura dell’abitazione ma non è assolutamente in grado di riparare nulla, anzi in caso di cattivo funzionamento, ad esempio della tenda a rullo, bisogna tenere l’architetto molto lontano dall’articolo e chiamare immediatamente uno che ne capisce. Più l’architetto proverà a sistemare l’oggetto danneggiato più dovrà essere esperto quello che dovrete chiamare dopo.
Inoltre litigare con un architetto è sempre molto faticoso, per formazione culturale l’architetto ha conoscenze sia logiche che artistiche, per questo motivo può improvvisamente spostare la discussione da un campo strettamente logico al paradosso. Citare Kant e subito dopo, a sorpresa, Enzo Miccio, destabilizzando in maniera decisiva il bisticcio.
Infine bisogna sapere che un architetto, di genere maschile, non contempla neanche l’esistenza di alcuni elettrodomestici importanti tipo l’aspirapolvere o il ferro da stiro, mentre la femmina ignora l’utilizzo di almeno il 90% delle funzioni della cucina.
Detto questo: auguri.
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Fantastico!!!!Da architetto condivido e confermo tutto ció che hai scritto!!!!Bellissimo e divertentissimo questo articolo!!!Passa dal mio blog se ti va!!
Tutto tragicamente vero. Proporrei istituzione gruppo di sostegno per coniugi destrutturati psicologicamente dall’improba scelta di sposarsi l’architetto in questione.
Che poi i ponti termici sono roba utile a sapersi, cultura generale che potrebbe rivelarsi substrato buono per aprire un dibattito nei tempi morti di un aperitivo tra amiche ( ma quando mai?!). E pure i pezzi di design, utilissimi al bisogno (quale bisogno e di chi, lo stabiliranno i posteri) potrebbero addirittura ritenersi simpatici.
Ma c’è un problema serio, non tralasciamo di menzionarlo, che si aggiunge ai succitati. Putassimo caso, per dire, che l’architetto fosse uomo e il coniuge una donna. Ponessimo che la disgraziata volesse un giorno, per bisogno atavico di aggiustare il nido, comprare un set di dodici posate col manico colorato. Pensate questo sia possibile senza che la poveretta venga sottoposta ad un’erudita disamina sulla metallurgica, l’ergonomia, l’estetica dal 1400 ad oggi? No signori miei. La poveretta mollerà le posate sullo scaffale del negozio maledicendo il santo giorno in cui ha partorito l’intuizione azzardata che sposarsi un architetto sarebbe stato tutto sommato molto utile. A cosa, è ancora da capirsi bene.
Effettivamente esiste questa specie di Architetto/a, ma questi chiamasi, “convinti” senza convinzione e penso siano più’ inutili di un “merdolino”. Come sempre la verità’ delle cose è nel mezzo, tra un Architetto e il suo millantato ruolo sociale.
Forse se gli architetti sono due tutto questo delirio di difetti troverebbe una soluzione nella complementarietà! Dissento cmq sul discorso cucina al femminile, preferisco le mani, ma non disdegno la tecnologia!