Tra qualche giorno, con l’arrivo dell’estate, finalmente il mondo occidentale tornerà ad occuparsi del vero problema, che non sono la composizione del nostro governo o i missili nucleari di Kim Jong-Un, ma il caldo. Nonostante il parere di alcuni scienziati, secondo i quali basta non uscire di casa nel pomeriggio e mangiare quintali di frutta fresca, la verità è che da qualche anno, fa davvero un cazzo di caldo e l’unica arma efficace per combatterlo rimane il condizionatore. Uno studio recente ha calcolato che entro il 2050 sulla terra ci saranno 5,6 condizionatori d’aria, ovvero ne saranno venduti 4 ogni secondo per i prossimi 30 anni. Con un bisogno sempre crescente di elettricità, che produrremo grazie a volenterose truppe di cinesi che pedaleranno su apposite turbine.
Se fino a qualche anno fa, dunque, l’installazione di un condizionatore era appannaggio solo delle classi sociali più agiate, oggi tutti vogliono un condizionatore. Fino a quando la tecnologia non troverà una soluzione alternativa, sarà l’architetto ad essere costretto, suo malgrado, a combattere una strenua battaglia contro la celeberrima unità esterna del condizionatore, anche detta “motore”, che oramai è diventata un elemento caratteristico dei prospetti di tutti gli edifici delle nostre città. A causa delle sue dimensioni, l’unità esterna, rappresenta una minaccia seria per qualsiasi speranza di decoro urbano, ancora più pericolosa della pur temibile parabola satellitare (della quale ci occuperemo in una prossima puntata del ciclo “sfide”).
E’ un problema talmente serio che se si chiede all’amministratore del condominio se si può collocare un’unità esterna sulla facciata del palazzo, questi farà finta di non aver sentito, insistendo lo si vedrà produrre in una stupefacente alzata di spalle. Se, cocciutamente, si pretende una risposta chiara o persino scritta, farà finta di non avervi mai incontrato.
La sensibilità comune dell’italiano medio consiglia il posizionamento dell’unità esterna in qualsiasi luogo se ne senta il bisogno. In genere la scelta del posto viene effettuata valutando alcuni fattori decisivi quali: “dove funziona meglio”, “dove costa meno” o “dove è più facile”, indicazioni che riconducono tutte all’istruzione suprema, che è: “dove dice l’idraulico”.
Molto spesso i tentativi di mimesi proposti dall’architetto vengono accolti con risatine di schermo o spintarelle di gomito dei presenti. Allora l’architetto prova ad intercedere proponendo di poggiare l’unità esterna sul pavimento del balcone, camuffata con un adeguato numero di vasi da fiori. Proposta che viene presa in considerazione solo se il balcone è in realtà un terrazzo da 80 metri quadri ai quali si può consentire la sottrazione del mezzo metro quadro occupato dall’unità esterna.
Architetti più esperti individuano con anticipo un cavedio condominiale o uno sbocco in un vicolo strettissimo, distante anche decine di metri e, prima ancora che inizino i lavori, costringe l’idraulico ad indirizzare tutte le tubature verso quel punto. Per poi scoprire che, in base ad un articolo scritto piccolissimo sul regolamento condominiale o per qualsiasi altro cavillo di natura giuridica, quella zona non si può utilizzare per nessun impianto e dunque le tubature andranno disfatte e rifatte, con il risultato che l’idraulico gli bestemmierà contro per molte settimane ed il committente gli sottrarrà le spese dalla parcella.
Per vincere la sfida, spesso, l’architetto suggerisce di impiegare impianti di climatizzazione senza unità esterna, affidandosi a promettenti nuove tecnologie studiate apposta per i centri storici. Si tratta di proposte che incuriosiscono il committente che le prende in considerazione per il tempo sufficiente che impiega a scoprirne il costo. Dopodiché da una pacca sulle spalle all’architetto e torna alla soluzione consueta.
Altri architetti, meno idealisti, si impegnano in una mediazione e propongono la disposizione simmetrica o concettuale delle unità esterne o ne tentano l’abbinamento con altri elementi presenti in facciata, sia nobili, come lesene, cornici, bugnati, che inopportune tipo pluviali, antenne, nidi di rondine e verande abusive.
Per tutti i motivi di cui sopra, le unità esterne dei condizionatori, vengono collocate di notte, previo occultamento delle tubazioni, per non consentire ai vicini di chiamare i vigili durante il montaggio.
Per l’architetto, quella contro l’unità esterna del condizionatore, è una sfida che si risolve quasi sempre con una sconfitta, quindi per non assumersi nessuna responsabilità, né morale né tecnica, avrà cura di chiudere i lavori il giorno prima del suo montaggio.
FOLLOW ME ON TWITTER: @chrideiuliis – search me on LINKEDIN
E’ uscito “L’Architemario in quarantena – Prigionia oziosa di un architetto” il nuovo libro sulla vita degli architetti in lockdown.
Leggi anche: SFIDE: L’architetto contro il caldo
SFIDE: L’architetto contro i vicini di casa
SFIDE: L’architetto contro il ponte.