Quello che ho imparato in questi anni è che non bisogna affezionarsi alle cose.
Ho imparato che il tempo non basta mai e che crescendo scorre sempre più velocemente.
Ho imparato che, per questo motivo, quando ti raggiunge, se ti raggiunge, la tentazione di rallentare e di fermarti, bisogna fare finta di niente e continuare a fare le cose.
Ho imparato che i ricordi mi fanno piangere, ma averli è una gran fortuna.
A proposito dei ricordi, ho imparato che mi piace sperare di averne lasciati di buoni.
Ho imparato che anche se ho fatto un mucchio di cose, della maggior parte di queste non resta nessuna traccia. Nemmeno nei ricordi delle persone, quindi la maggior parte delle cose che ho fatto sono state completamente inutili. Tuttavia non mi sono pentito di averle fatte. Anzi, al limite mi sono pentito delle cose non fatte, anche se sarebbero state ugualmente inutili.
Ho imparato che le ferite dell’anima fanno più male di quelle sul corpo, ma ad una certa età anche quelle sul corpo danno assai fastidio.
Ho imparato che alcuni libri avrei dovuto leggerli prima, ad esempio quelli di Carver o Buzzati.
Ho imparato ad essere felice senza cercare intenzionalmente la felicità. Cioè che la felicità è anche la sorpresa di essere, improvvisamente, felici.
Per questo ho imparato anche a smettere di coltivare, come nella poesia di Borges, “la nostalgia del presente”. A non pensare che le cose belle non tornano ma che ne verranno altre altrettanto belle.
Ho imparato che a volte si vuole bene alle persone lontane proprio perché sono lontane.
Ho imparato ad accettare tutti i miei difetti (e sono tanti).
Ad esempio ho imparato che talvolta sono davvero insopportabile.
Ho imparato che non posso piacere a tutti, pazienza.
Ho imparato a piangere guardando un film o ascoltando una canzone.
Ho imparato che la vita è un’altalena: si passa dall’alto al basso e viceversa, sempre. Pure improvvisamente. Ogni giorno.
Ho imparato a parcheggiare ad “L” in retromarcia, anche quando lo spazio è appena sufficiente.
Ho imparato che lo stomaco e il cervello sono molto più vicini di quanto si pensi.
Ho imparato che pensare un po’ alla morte tutti i giorni è il modo migliore per amare la vita.
A proposito del non affezionarsi alle cose, ho imparato che tutto è temporaneo. Cioè che è inutile pretendere che le cose rimangano con noi per sempre, e che bisogna semplicemente “lasciarle andare”, come ha detto di recente Alessandro Baricco.
E che questo vale anche per le persone: anche le persone sono temporanee, noi compresi naturalmente.
Ho imparato a tacere se non ho niente da dire. Ma spesso anche quando qualcosa da dire ce l’avrei.
Ho imparato che la maggior parte delle volte che mi sono arrabbiato l’ho fatto senza motivo e le volte che l’ho fatto con un motivo, arrabbiarmi non mi è servito a niente.
Ho imparato che svegliarsi tardi è un lusso che puoi concederti al massimo fino ai vent’anni.
Ho imparato che si conosce tanta gente ma in fondo, nel momento del bisogno, si può contare sull’aiuto al massimo di 4 o 5 persone, se si è fortunati.
Ho imparato ad apprezzare tutte le stagioni anche se la primavera resta la mia preferita.
Ho imparato che l’unica cosa che ferma la caduta dei capelli è il pavimento, come disse una volta Maurizio Costanzo.
Ho imparato che nessuno è insostituibile e che passare dal più brillante al più fesso della compagnia, è un attimo.
Ho imparato che questa mia passione per le «cose giuste», sta diventando faticosa.
Ho imparato che il lavoro è importante nella vita ma se diventa tutto, allora è un problema.
Ho imparato a dire spesso “grazie”. Talvolta anche senza motivo.
Ho imparato a non immaginarmi mai troppo come dovrebbero andare le cose, perché poi l’immaginazione si mangia tutto il terreno e si rischia di rimanere delusi (da un libro di A. De Carlo). E questo vale sia per le cose belle che per quelle brutte.
Ho imparato che la tolleranza non è sempre una virtù.
Ho imparato che nella vita fingere è inutile, conviene essere sempre sé stessi perché si può fuggire da qualsiasi cosa ma mai da sé stessi come dice, più o meno, Ivan Benassi in “Radio Freccia”.
Ho imparato che avrei dovuto prendere delle decisioni più velocemente ed avere meno paura, anche a costo di non essere me stesso.
Ho imparato, a malincuore, ad accettare di non poter fare più delle cose, come ad esempio la maggior parte degli sport.
“Ed ho imparato che l’amore insegna ma non si fa imparare” (cit. F. De Gregori).
Ho imparato che la sfortuna è un alibi e che quindi se non ho raggiunto degli obiettivi è perché, semplicemente, non me lo sono meritato.
Ho imparato a non aprire gli album di fotografie, ma che vorrei averne fatte di più.
Ho imparato a non chiedermi più, sempre, il perché delle cose.
Ho imparato che amo viaggiare ma odio partire.
Ho imparato che “la verità è che mi fa paura l’idea di scomparire”, come canta Brunori.
Ho imparato che l’importanza delle cose è sempre relativa e pensare che siamo 6 miliardi su un pianeta in mezzo all’universo, aiuta a prenderle tutte nella giusta considerazione.
Ho imparato che alla maggior parte della gente non importa niente di quello che fai e nemmeno delle liste che compili il giorno del tuo compleanno.
Questo è quello che ho imparato, o almeno quello che ora ricordo di aver imparato, nei miei primi cinquant’anni di vita.
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