I veri incompresi del nostro tempo non sono né i pittori astratti come nel primo novecento né gli artisti della pop art degli anni sessanta, e non sono più neanche i giovani che oramai lo sanno tutti che non hanno voglia di fare niente; oggi quelli che nessuno capisce più, sono gli architetti. E quando dico che nessuno li capisce, non mi riferisco solo agli addetti ai lavori, oramai neanche gli amici e i parenti riescono a capire i loro drammi quotidiani.
Purtroppo le tragedie degli architetti non sono solamente quelle di grande entità, tipo la mancanza di lavoro, le difficoltà comunicative con il cliente e lo Stato e quelle per esigere i compensi, questi problemi comuni a tanti professionisti, oggi vengono accolti dagli astanti con annoiata compassione, in realtà ce ne sono altri di minore entità che però, sommati insieme, giorno dopo giorno, provocano all’architetto un senso di fastidio e quel tasso di stress che lo trasformano, sovente, in un insofferente animale asociale.
Ecco la classifica dei dieci piccoli inconvenienti incompresi che possono capitare all’architetto ogni giorno, in ordine di fastidio.
Al 10° posto: La richiesta di chiarimenti da parte della soprintendenza. Quando l’architetto è oramai certo di essere prossimo ad assistere al rilascio di quel permesso di costruire per il quale ha lavorato per mesi e che attende da altrettanti mesi e, improvvisamente, senza nessun motivo serio e attendibile, gli arriva questa lettera dalla soprintendenza che sospende tutti i termini del procedimento poiché ha bisogno di alcuni chiarimenti sul progetto sotto forma di integrazione. Si tratta, di solito, di alcune quote altimetriche mancanti, una foto aerea, un inserimento foto realistico che comprenda anche la vista di sbieco di una chiesa del trecento che dista mezzo chilometro dal luogo del progetto ecc. Tutto questo provocherà una ulteriore attesa di altri mesi, di cui ovviamente l’architetto sarà ritenuto responsabile, sempre che la soprintendenza poi approvi il progetto, altrimenti l’episodio da inconveniente si trasformerà in calamità. Livello di fastidio: moderato.
Al 9° posto: Il black-out. Quando un architetto ha assolutamente bisogno che uno strumento tecnologico funzioni in quel momento, il mondo combina in modo che proprio in quell’istante e per il tempo seguente pari a quando sarà inutile che funzioni, quello strumento avrà un black-out. Il caso più frequente è la scomparsa della rete internet alla quale seguono molte telefonate all’operatore che, quando e se, vi risponderà, sarà capace di rassicurarvi garantendovi il ritorno della linea entro le successive 48 ore (ovvero un tempo biblico). Un altro black-out sempre improvvido è quello della linea del cellulare che è capace di morire proprio quando l’architetto sta per fare la telefonata che gli salverà la vita. Ma il black-out più clamoroso è quello elettrico che blocca definitivamente qualsiasi attività dell’architetto che senza corrente è come un pasticciere senza il burro: disarmato. Livello di fastidio: sostenuto.
All’8° posto: Lo schizzo di cemento sul pantalone buono: Quando l’architetto, proprio quel mattino, si è vestito bene perché pensava di dover solo fare lavoro di ufficio o rappresentanza, ecco che viene chiamato a sorpresa su un cantiere che ha bisogno di lui assolutamente in quel momento. Così l’architetto, pur sapendo di non avere l’abbigliamento adatto, si reca al cantiere dove prega il capomastro di sospendere le operazioni durante il sopralluogo, ma purtroppo c’è sempre il ragazzo disobbediente che sta impastando il cemento per fare la bozza alle pareti e, con vera imperizia, causa un movimento troppo rapido della cazzuola colpisce direttamente l’architetto sul vestito buono. Macchia per la quale gli scienziati di tutto il mondo non hanno ancora trovato rimedio, tanto che hanno persino smesso di cercarla. Livello di fastidio: direttamente proporzionale al valore economico del pantalone.
Al 7° posto: La mancanza di giusto 2 mq di pavimento. Quando per una incomprensibile legge della fisica quantistica nonostante l’architetto sviluppi il calcolo dei metri quadri di pavimento con algoritmi affidabilissimi, capita che il piastrellista, misteriosamente, termini le mattonelle prima di aver finito. A tal proposito si sospetta che i piastrellisti abbiano un modo raffinatissimo di far sparire le mattonelle scheggiate o tagliate male, in modo da far confluire la colpa sempre all’architetto che non ha fatto bene il calcolo. A quel punto il piastrellista, sdegnato, abbandona il cantiere; a volte capita che quei 2 metri quadri di pavimento vadano riordinati e che impiegheranno mesi per arrivare, quindi il piastrellista andrà ricontattato ma non sarà facile farlo tornare sul cantiere perché per due metri quadri non si muove nemmeno dal divano di casa. Quindi andrà pagato a tempo tipo un chirurgo plastico. Livello di fastidio: consistente.
Al 6° posto: L’arrivo dei vigili al cantiere. Quando capita, in genere perché sollecitati dai vicini di casa, che i vigili urbani bussino al cantiere dell’architetto che nel frattempo se ne stava bello tranquillo nel suo studio a guardare il catalogo online di maisondumonde, il capomastro viene, generalmente, preso dal panico e risponde sempre con la canonica frase omertosa: “bisogna chiamare il direttore dei lavori”. La visita può risolversi in un semplice “non fate rumore nel pomeriggio che qui la gente qui dorme”, ma sono casi rari. Di solito i vigili denotano un accanimento, una precisione e una capacità investigativa degna della Signora in giallo. Nei casi più gravi l’incidente viene derubricato da inconveniente e finisce nella categoria “denuncia penale”. Livello di fastidio: da antipatico a odioso, dipende dal verbale.
Al 5° posto: Il responsabile del procedimento che “buca” l’appuntamento. Quando l’architetto, riesce, faticosamente, con un preannuncio di almeno un mese, a prendere un appuntamento con il personale dell’ufficio tecnico simultaneamente con il cliente e per l’occasione rimanda tutti i suoi impegni e accompagna quest’ultimo in comune fiero come il papà del vincitore dello Zecchino d’Oro, e quando arriva in ufficio gli dicono che l’ingegnere (l’architetto, il geometra ecc.) purtroppo non è potuto venire perché: (e qui ci sono una serie alibi generici che in genere vengono snocciolati dal ragazzo part-time che fa le fotocopie o dal neolaureato che si occupa solo dei condoni edilizi oppure dal segretario comunale ma anche da un usciere qualsiasi) è dovuto andare a fare un sopralluogo urgente, ha la febbre, è in regione per prendere finanziamenti ad un lavoro pubblico, nel frattempo è stato licenziato, è ai domiciliari ecc. Ovviamente l’architetto verrà ovviamente ritenuto colpevole del contrattempo, perdendo credibilità con il committente in maniera decisiva. Livello di fastidio: detestabile.
Al 4° posto: Lo smarrimento della password. Quando l’architetto deve far ricorso ad uno strumento della tecnologia, del quale magari non è consueto l’uso e non ricorda assolutamente quale password gli consentiva l’accesso. Oggi un architetto deve custodire più codici criptati di un federale della CIA, tra mail, PIN, PEC, firma digitale, bancomat, postepay, siti internet eccetera, ricordare tutto è assolutamente impossibile. In particolare la password ha la particolarità di sparire proprio nel momento più delicato, tipo la spedizione di una fattura elettronica l’ultimo giorno utile per ricevere il pagamento da una pubblica amministrazione. Per ovviare a questo inconveniente l’architetto può fare in due modi: utilizzare la stessa password per tutti i dispositivi (lo fanno il 99% degli utenti) oppure scrivere su una rubrica cartacea tutte le password; ovviamente quando si smarrisce una password, anche questa rubrica diventa irreperibile nonostante sia stata per anni sempre nello stesso cassetto. Tutto ciò per il principio per cui se un hacker vuole rubarti i dati lo fa con semplicità mentre se ognuno di noi vuole rientrare in possesso di ciò che è suo è quasi impossibile, dunque l’architetto che smarrisce una password sa che farà prima a rivolgersi ad un hacker. Livello di fastidio: elevato.
Al 3° posto: L’impossibilità di chiudere un rilievo. Quando l’architetto dopo aver trascorso almeno tre ore a pigliare centinaia di misure in luoghi dimenticati dal Signore, prova a restituire il grafico dell’area in cad e si accorge che di tutte queste centinaia di distanze gli manca l’unica diagonale indispensabile per consentirgli di terminare il disegno. Si tratta di un inconveniente che può capitare anche ad architetti esperti e succede quando durante un rilievo ci si distrae a parlare con i passanti o i proprietari degli immobili. Oppure quando l’architetto si affida ad un ragazzo che gli segni le misure che, annoiatissimo e stremato, ad un certo punto crolla e non è in grado neanche di riconoscere i parenti. Per rimediare l’architetto, solitamente, si arrangia guardando le foto oppure bara andando “a sensazione”. Livello di fastidio: tale da compromettere l’autostima.
Al 2° posto: La rottura dell’hard disk. Quando l’architetto realizza che il sistema operativo del suo pc non è più in grado di avviarsi e la causa è il decesso dell’hard disk, non è raro che tenti il suicidio bevendo la ricarica di inchiostro del timbro dell’ordine. Questo tipo di inconveniente ha la particolarità di verificarsi sempre quando l’architetto non ha effettuato nessuna copia di back-up dei suoi lavori almeno negli ultimi 6 mesi, ed in particolare quando sta per terminare un progetto per complessive 36 tavole disegnate durante il giorno e la notte compromettendo la vista ed in parte la sensibilità della mano destra. L’architetto proverà ad affidarsi a numerosi luminari per recuperare i dati contenuti nella memoria del suo computer; ognuno farà il possibile senza garantirgli niente, ma fallendo miseramente. Tutto quello che riuscirà a recuperare saranno le foto della comunione del nipote e alcuni video hard particolarmente compromettenti. Testimonianze che, comunque, gli farà piacere ritrovare. Livello di fastidio: incalcolabile.
Al 1° posto: L’esaurimento fine della cartuccia “nero” nella stampante. Quando l’architetto ha bisogno di stampare quelle ultime tre/quattro pagine urgenti che terminano un lavoro di mesi entro il termine perentorio che scadrà tra venti minuti, ecco che, improvvisamente, la stampante lo avverte che purtroppo bisogna sostituire la cartuccia “nero”. In genere dal momento dell’avviso, le stampanti riescono ancora a stampare qualche pagina, ma in questo caso no. Ovviamente si tratta di un modello di cartuccia quasi introvabile, oppure è Domenica, oppure è notte fonda ecc.. A questo punto l’architetto proverà in tutti i modi a stampare le restanti pagine, indispensabili per la sua vita e per quella di almeno altre venti persone che dipendono e confidano in lui; per farlo proverà a ricorrere al vicino di casa, alla cartolibreria all’angolo, al telaio a caratteri mobili di Gutenberg e altre varie, quando finalmente ci riuscirà sarà tardi. Livello di fastidio: insostenibile.
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