Era già un bel po’ di tempo che la pancia del mio amico Davide era gonfia.
Conteneva qualcosa ma non si sapeva cosa.
Io e Davide ci conosciamo da molti anni: era il cantante del nostro gruppo rock.
Eravamo ragazzi, musicalmente non molto dotati, però ci divertivamo tantissimo.
Dopo lo scioglimento del gruppo, Davide continuò a cantare. Di tanto in tanto andavo ad ascoltarlo, il sabato sera, nelle birrerie in città.
Davide avrebbe voluto fare il cantante di professione. Circa quindici anni fa partecipò anche al festival di Castrocaro, proponendo il suo “cavallo di battaglia”, ovvero “Every breathe you take” dei Police. Quell’anno il concorso era presentato da Iva Zanicchi, Davide ci telefonò dal camerino per dire che le aveva stretto la mano ed insieme avevano pure intonato l’inizio di “Zingara”. Era entusiasta.
Purtroppo però le cose non andarono come sperava. Davide venne eliminato; vinse un certo Carmine Riccio, un neomelodico napoletano del quale si persero le tracce quasi subito.
Quella sconfitta fu una delusione enorme. Davide appese il microfono al chiodo, decise di non cantare più e, seppur controvoglia, accettò il posto nell’azienda di piastrelle dello zio.
Non avendo esperienza, lo zio lo spedì in magazzino a contare le piastrelle pronte per le spedizioni. Ora sono già quasi dieci anni che Davide conteggia piastrelle, dodici ore al giorno, cinque giorni a settimana, a volte anche di Sabato.
Ma adesso non sono le piastrelle a preoccupare Davide, ma la pancia gonfia.
Incontrandomi mi ha spiegato: “in principio si trattava solo di un piccolo rigonfiamento all’altezza dello stomaco, poi ha preso a dilatarsi”.
Questo gonfiore causa a Davide numerosi inconvenienti. Ad esempio, se camminando per strada, malauguratamente gli si slaccia una scarpa, Davide deve chiedere a qualcuno di allacciargliela; tuttavia la sua pancia è talmente gonfia che Davide non sarebbe mai in grado di accorgersene.
La sua pancia è così gonfia che molti, incontrandolo, gli chiedono spiegazioni. Davide angosciato, ogni volta risponde che la sua pancia è diventata così all’improvviso e che non sa cosa ci sia dentro.
L’altro giorno, in magazzino, un suo collega lo ha persino preso in giro: “ma che hai fatto?” gli ha chiesto “Ti sei mangiato un pacco di riggiole napoletane?”
La moglie è preoccupatissima.
Mi ha telefonato pregandomi: “Convincilo ad andare in ospedale!”.
“Scoprirai cosa contiene la tua pancia!” gli ho detto, tra le altre cose, per convincerlo.
L’appuntamento era per le 9 del mattino sotto casa sua. La moglie ci ha seguito, spiandoci ansiosa, dalla finestra, fino a che non abbiamo voltato l’angolo.
Siccome Davide non entra più in auto, siamo andati a piedi. Quando abbiamo raggiunto l’ingresso del pronto soccorso era stremato e si è appoggiato alla ringhiera per riprendere fiato. Avrebbe voluto piegarsi sulle ginocchia, ma non riusciva.
Alcuni ragazzi, guardando la scena, hanno riso indicandolo a dito. Sfrontati!. Nessuno di loro aveva la pancia gonfia: erano longilinei coi ventre piatti e sorridevano felici.
Davide avrebbe voluto fulminarli con lo sguardo, ma la sua attenzione è stata più urgentemente catturata dal basolato del cortile, posato male e scheggiato in vari punti.
“Si tratta di materiale scadente” mi ha detto, “se avessero scelto le nostre piastrelle, non sarebbe accaduto”.
In sala d’aspetto Davide è riuscito a sedersi a stento. Mi sono accorto di come gli altri pazienti lo guardavano increduli. Certamente qualcuno pensava che nascondesse qualcosa sotto il maglione.
“Stai tranquillo”, ho provato a rassicurarlo.
Ma Davide era agitatissimo e di pessimo umore.
“Sarei dovuto restare in magazzino a contare quel grosso ordine di pavimenti che deve essere assolutamente spedito entro domani”, mi ha detto.
Dopo quasi mezz’ora, un medico con indosso un camice verde chiaro, zoccoli bianchi e la mascherina abbassata sul collo, ha chiamato il nome di Davide.
“Venga con me”, gli ha ordinato.
Io ho fatto per seguirli, ma il medico mi ha bloccato: “Solo il signore. Lei aspetti qui”.
Davide ha percorso un lungo un corridoio fino a raggiungere una stanza interamente rivestita di piastrelle bianche.
Il medico gli ha indicato un lettino: “Si tolga la maglia e si sdrai”.
Davide si è liberato del maglione e dell’altro che indossava sotto e si è messo in posizione supina. Il medico, nel frattempo, ha trascinato un macchinario accanto alla brandina.
“Davide B.? Corretto?”.
Davide ha annuito.
“Età?”
“Quarantasei”.
“Fuma?”
“No”.
“Beve?”
“Un po’ di vino, solo a pranzo”.
“Problemi cardiaci?”
“No, mai”.
“Ulcera ? Gastrite?”.
“Niente”.
A quel punto il medico ha poggiato un manicotto sulla pancia di Davide e ha avvicinato lo sguardo allo schermo del macchinario.
Poi, con questo manicotto è andato su e giù: dallo stomaco fino alle gambe, dal fianco fino a risalire dalle parti della gola.
Nel frattempo Davide provava con la coda dell’occhio, ma senza successo, a spiare lo schermo e ad interpretare le smorfie del medico.
Da una parte sperava che gli dicesse subito qualcosa, togliendolo da quella posizione. Da un altro si augurava che, dopo un attento esame, gli dicesse “Si rivesta pure. Non è niente”.
Invece il medico non ha detto nulla. Ha fatto un espressione come per dire “vabbè…” e poi ha spento il macchinario.
“Si rivesta”, ha detto infine a Davide imboccando una porta laterale.
Davide si è messo seduto sulla brandina e, lentamente, si è rivestito.
Prima di farlo ha dato ancora un’occhiata alla sua pancia: non si era mossa di un millimetro.
“Chissà cosa contiene?” si chiedeva.
Dalla finestra si sentivano le urla svagate dei ragazzi in cortile.
Rimasto solo nella stanza Davide, per ingannare il tempo, ha iniziato a contare le piastrelle che rivestivano la parete di fronte. In pochi minuti ne ha contate 200, ovvero circa 8 metri quadri di mattonelle color bianco “latte”. Improvvisamente gli è venuto in mente che ne aveva una mezza partita proprio di quella quantità nel magazzino dell’azienda.
“Potremmo darla via ad un prezzo assolutamente vantaggioso”, pensava.
Qualche minuto dopo è entrato un altro medico, con indosso un camice bianco mezzo sbottonato. Giovanissimo, con i capelli ricci arruffati e la barba.
“Lei è il signor Davide B.? Anni quarantasei ? Giusto?”.
Davide annuiva.
“E’ bella gonfia!” ha detto il medico indicando la pancia di Davide.
“Eh già!”.
Quindi sono rimasti a fissare la pancia per qualche secondo, ognuno dalla sua posizione.
“Abbiamo scoperto cosa contiene la sua pancia!”
“Cosa?” ha farfugliato Davide impaurito.
Non smettevano di guardarla.
“Aria”, ha detto il medico.
“Aria?” ha ripetuto Davide.
“Semplicemente aria”.
Davide ha deglutito profondamente.
“Ne inghiotte troppa!”.
“Non immaginavo”.
E’ seguito un interminabile silenzio.
“Proviamo a mandarla tutta fuori? …faccia come me!”.
Il medico ha espirato profondamente.
Davide, imitandolo, ha soffiato via un gran respiro.
Hanno ripetuto l’operazione: due, tre, quattro volte.
“Va meglio?” ha chiesto il medico.
“Pare di no”.
“Deve impegnarsi di più!”.
Davide ha riprovato ancora un paio di volte, senza nessun esito.
Nel frattempo il medico giovanissimo si è avvicinato alla finestra. Nel giardino dell’ospedale fiorivano già i mandorli, un albero di ciliegio mostrava i fiori, alcuni passeri volavano intorno disegnando curiose traiettorie. I ragazzi, come gli uccelli, si agitavano.
“Lei canta?” gli ha chiesto all’improvviso.
“Cantavo. Ora non più”.
“Le andrebbe?”.
Davide non aveva capito.
“Provi a cantare!”
“Qui?” ha domandato Davide.
“E dove?”.
Davide si è guardato intorno. Sulle pareti laterali c’erano almeno altri 20 metri quadri di piastrelle bianche, alcune chiaramente “stonalizzate”, “conseguenza di una rimessa poco accorta” pensava.
“Ora vado” ha detto il medico avviandosi, “mi raccomando: lei canti finché non torno”.
Davide è rimasto nuovamente solo, in uno stato di comprensibile imbarazzo.
Ma, tempo un paio di minuti, dalla sala d’aspetto si è iniziata a sentire la sua voce intonare quel noto “cavallo di battaglia” e poi di seguito tutte le canzoni più celebri dei Police.
Successivamente, ho riconosciuto chiaramente l’intonazione di alcuni brani dei Metallica e dei Nirvana, due gruppi che Davide adora.
Intorno alle 11, Davide è partito con tutto il nostro vecchio repertorio: i cantautori italiani degli anni ’80: Vasco, Carboni, De Gregori. A mezzogiorno ha cantato due album interi di Ligabue, il suo preferito. Mentre io al bar dell’ospedale mangiavo un sandwich, Davide ha regalato ai presenti una lunga versione di “with or without you” degli U2. Dal reparto di ortopedia è partito anche un applauso, qualcuno ha urlato: “bis!”.
Nel pomeriggio Davide si è dedicato ad un altro repertorio che pure ama, i classici degli anni ‘60: Modugno, Ranieri, Gianni Morandi. Ad un certo punto si è “lanciato” addirittura su Mina, con discreti risultati.
Intorno alle 17, il medico giovanissimo è tornato nella stanza. Davide, in piedi sulla brandina, si stava esibendo in un appassionato “Nel sole” di Albano.
“Direi che può bastare così. Può tornare a casa” ha detto il medico.
Davide è sceso dal lettino, ha ringraziato il medico stringendogli la mano ed ha percorso il corridoio al contrario.
Quando è arrivato in sala d’attesa, alcuni pazienti con i loro parenti sono andati a stringergli la mano. Uno gli ha lasciato un biglietto da visita con l’indirizzo di una pizzeria. Un altro si è fatto un selfie con lui.
Siamo usciti, il mandorlo fioriva tranquillo e i ragazzi cacciavano i passeri. Abbiamo attraversato il cortile adagio senza che nessuno si accorgesse di lui. Davide pure non ha più notato le imperfezioni del basolato.
Lungo la strada ancora canticchiava.
“Te la ricordi questa?” mi diceva. “E questa? …ci veniva benissimo. Te lo ricordi? Perché non rimettiamo insieme il gruppo?”.
Era così emozionato che, solamente, quando siamo arrivati sotto casa, si è accorto di riuscire a guardare le sue scarpe: come erano perfettamente allacciate!.
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