PER UNA VERA RIFORMA DEL CATASTO

Ultimamente non si parla d’altro che della riforma del catasto.

Gli obiettivi sono sostanzialmente sempre gli stessi: far emergere le costruzioni abusive e determinare con precisione le rendite immobiliari attraverso un più equo classamento.

Purtroppo, come al solito, gli architetti non sono stati interpellati. Per l’autorità che oramai questa rubrica ha conquistato, mi assumo la responsabilità di parlare a nome della categoria per dare un contributo tramite una serie di proposte molto semplici.

Se il tanto discusso articolo 7 della legge delega votata dal governo Draghi (detto “modernizzazione degli strumenti di mappatura…ecc.”, è composto da due soli articoli (e qualche comma) noi saremo ancora più stringenti: un articolo solo. Il seguente:

  1. A partire dal primo Gennaio 2022 tutto ciò che è accatastato è legittimo.

(Si azzera così il celeberrimo equivoco che il possessore di beni abusivi appronta al tecnico dinanzi alla contestazione che non ne esiste il titolo di proprietà: “architè ma io l’ho accatastato”).

In questo modo il governo risolve istantaneamente il problema degli immobili “fantasma”, facendoli emergere immediatamente agli occhi del fisco. Primo caso nella storia in cui il cittadino sarebbe felice di pagare le tasse. Il titolo di proprietà sarebbe costituito dalla stessa scheda DOCFA che, per dare un po’ di lavoro anche agli architetti, dovrà essere completata con qualche sezione in adeguata scala di rappresentazione.

Per giustificare il sistema classatorio basta un comma.

  1. La rendita verrà rimodulata secondo il numero di bagni presenti nell’immobile e in relazione alla data della loro più recente ristrutturazione.

Si supera il principio dei “vani”  e si accantona il proposito di passare a quello dei “metri quadri”. Inutile anche far riferimento al valore di mercato inquinato dai pagamenti “in nero”. Considerato il costo dell’idraulico e del piastrellista, oggi la vera ricchezza non è avere una casa grande o in centro ma possedere più di un bagno e/o potersi permettere di ristrutturarlo.

Questo riequilibrerebbe la tassazione, distinguendo davvero i facoltosi dagli indigenti.

Infine un riferimento anche agli immobili di interesse storico-artistico come previsto dall’art. 10 del Decreto legislativo 42/2004 (pure citati nella bozza “Draghi”). Siccome in quei casi il bene è praticamente di proprietà del ministero, si stabilisce che l’IMU lo paghi la relativa soprintendenza. Anche in questo caso il beneficio fiscale per le casse dello stato sarebbe immediato: per evitare il collasso economico le soprintendenze libererebbero migliaia di edifici inutilmente vincolati, mettendo in moto un volume di lavoro edilizio, ora ostacolato, superiore a quello del superbonus.

Inoltre, per accelerare il riordino della pratiche, timidamente proponiamo di abolire la pausa caffè e sigaretta per gli impiegati del catasto. O il blocco temporaneo di whatsapp. Provvedimento che aumenterebbe immediatamente del 35% le ore d’ufficio effettivamente produttive. Ma ci rendiamo conto che di questa iniziativa sarà più opportuno discuterne col ministero del lavoro e Mark Zuckerberg.

Su questa proposta di legge, che molto modestamente abbiamo deciso di chiamare “La vera riforma del catasto”, rimaniamo in attesa della convocazione del Premier.

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