Questa è la storia di Orazio che visse molto tempo in un pozzo. In realtà Orazio non si chiamava Orazio ma useremo questo nome di fantasia perché Orazio ci tiene a rimanere anonimo e tra un po’ capirete anche il perché.
Dunque, Orazio visse molti anni in un pozzo; in questo pozzo non è chiaro quando ci finì ma soprattutto come. Cominciamo con il quando. Prima di finire nel pozzo, Orazio viveva come tutti in superficie. Dormiva dalle sei alle otto ore al giorno, con picchi di nove la Domenica. Si nutriva senza seguire diete particolari e faceva di sovente dello sport. Non è chiaro se Orazio avesse una moglie o una fidanzata, ma si ritiene di si perché Orazio non era molto differente da tutti gli altri. Orazio aveva un discreto lavoro, grazie al quale guadagnava abbastanza per sopravvivere, aveva anche una casa in un condominio dove non conosceva quasi nessuno. A parte la signora del piano di sotto, ma solamente perché più volte gli aveva prestato la scala.
Ma adesso concentriamoci sulla storia del pozzo. Si trattava proprio di un vecchio pozzo come quelli che si vedono nei libri di favole, di forma circolare con i mattoncini e il castelletto in legno dove anticamente si appendeva il secchio che raccoglieva l’acqua. Questo però era un pozzo rimasto a secco, quindi il secchio non c’era. Molti a questo punto si staranno chiedendo se questo pozzo fosse nelle vicinanze della casa di Orazio, purtroppo questo non lo sa nessuno, così come si ignora quanto fosse profondo.
Per una corretta esposizione di questa storia, probabilmente, adesso sarebbe meglio chiedere alcune cose direttamente ad Orazio, che, gentilmente ed eccezionalmente, oggi si è detto disposto a rispondere ad alcune domande.
– “Buongiorno Orazio, veniamo subito al dunque: puoi dirci come sei finito nel pozzo ?”.
– “Non lo so, non me lo ricordo, ero là, vivevo la mia solita vita, poi improvvisamente mi sono ritrovato nel pozzo”
– “Ma non ricordi se ci sei precipitato dentro ? Magari ti eri affacciato a guardare e sei caduto”
– “No, non sono caduto perché altrimenti mi sarei ricordato del colpo, avrei avuto qualche ematoma; mi avrebbe fatto male, che so, un braccio, una gamba; invece io ero nel pozzo ed ero in perfetta forma. Forse ci sono scivolato dentro poco per volta”
– “Ti ricordi quanto era grande il pozzo ?”
– “Mi ricordo che di solito era davvero molto stretto, diciamo che allargando le braccia potevo toccarne gli estremi. Però certi giorni mi sembrava ancora più stretto e non riuscivo a tenere le braccia distese. C’erano giorni dove a stento riuscivo a starci in piedi”.
– “Come trascorrevi le giornate nel pozzo ?”
“In genere cercavo di sforzarmi di fare le mie solite cose, ma da dentro un pozzo, si sa, non è molto semplice; allora continuavo a fissare l’uscita in alto, forse grazie ad uno strano effetto deformante, dal buco oltre alle stelle vedevo sempre molta gente passare, andare avanti e indietro, come se nulla fosse. Io ricordavo tutto di loro. Ricordo anche che la loro felicità quasi mi disturbava ed allora io cercavo di fare finta di niente”.
E qui anche se Orazio non lo direbbe neanche sotto tortura, si avverte nelle sue parole un briciolo di malinconia, un’umidità clandestina che si affaccia dal fondo dei suoi occhi. Come se, tutto sommato, quel fondo del pozzo gli fosse diventato familiare.
– “Scusa Orazio ma già che li vedevi passare non potevi provare a parlare con qualcuno ?”
– “Si, talvolta chiamavo qualcuno, se questi mi sentiva allora si affacciava e parlavamo un po’. Ma io mi sforzavo di essere normale dal fondo del pozzo e così nessuno si accorgeva che effettivamente ero laggiù e così dopo un po’ mi salutava e andava via”.
– “Perdonami Orazio, ma non potevi anche chiedere di aiutarti a farti uscire ?”
– “Effettivamente alcune volte ero tentato di chiedere un aiuto, ma mi vergognavo molto e poi non mi andava di dare spiegazioni. Infine speravo sempre che qualcuno si offrisse volontario per tirarmi fuori dal pozzo”.
Chissà se era solo vergogna quella di Orazio o lo spazio del pozzo, paradossalmente, non gli piacesse un po’. Quel rassicurante involucro privo di imprevisti, così comodo per poter invecchiare.
– “Orazio, un’ultima domanda, ti ricordi come sei uscito dal pozzo ?”
“E’ successo una mattina di primavera quando all’improvviso ho smesso di guardare verso l’alto e mi sono messo a cercare qualcosa intorno a me. Incredibilmente da quel momento il pozzo mi è sembrato si fosse allargato, tanto che riuscivo a fare alcuni passi sia in una direzione che verso quella opposta. Su questo fatto che avessi così tanto spazio mi sono molto concentrato, finché ho visto che c’era una specie di piccolo tunnel in un angolo e mi ci sono infilato. Da qui la storia la conoscete perché l’ho già raccontata. Ora scusatemi ma ho da fare e devo salutarvi”.
Le cronache raccontano che Orazio, stufo di continuare a desiderare di tornare da dove era venuto, un giorno aveva immaginato ci fosse anche un’uscita diversa e ne aveva scoperta una molto piccola dove infilarsi. Appena ci infilò dentro la testa il cunicolo gli sembrò molto più grande, tanto che ci passavano anche le spalle, si diede una piccola spinta e così ci era interamente dentro.
Davanti ad Orazio comparve una specie di lunga galleria abbastanza illuminata dove Orazio provò subito a mettersi all’impiedi, camminò un po’ con il capo chino poi distese il collo, la galleria all’inizio sembrava in salita ma forse era solo un effetto ottico perché in realtà era dritta e agevole, alcuni tratti erano persino in discesa. “Possibile, che ci fosse una galleria così grande nel pozzo ed io non me ne fossi mai accorto ?” si chiedeva. Questa cosa faceva impazzire Orazio che era stato un tempo immisurabile nel pozzo quando pochi metri più in là c’era tutta questa strada da poter fare.
In realtà non possiamo essere sicuri che la galleria ci fosse sempre stata, d’altronde così come non c’era sempre stato il pozzo è probabile che non ci fosse stata sempre neanche la galleria. Orazio non ha mai raccontato quanto fosse stato lungo il percorso nella galleria prima di ritrovare l’uscita, così non ricorda quanto tempo fosse rimasto nel pozzo. A volte, in alcune interviste, si è lasciato scappare che mentre si dirigeva verso l’uscita aveva quasi nostalgia del pozzo e avrebbe voluto tornare indietro. Altre volte aveva raccontato che lungo la galleria aveva incontrato alcune persone che camminavano nella sua stessa direzione magari più lentamente, ed altri che invece tornavano indietro.
Certamente Orazio dovette camminare un bel po’ ma anche fermarsi ogni tanto perché non si sentiva tanto bene. Ebbe alcuni momenti difficili, a volte si sedeva sul bordo del tunnel e piangeva per qualche minuto, oppure dormiva, dopodiché continuava a camminare. Tuttavia per quanto fosse stato lungo questo tragitto era comunque infinitamente più breve del tempo che aveva trascorso in fondo al pozzo.
Quando Orazio fu fuori dal tunnel si ricordò che non si ricordava cosa facesse prima di finire nel pozzo. Provò a fare uno sforzo, lo chiese anche in giro ma nessuno lo sapeva. Si frugò nelle tasche ma non trovò nulla a parte un biglietto del bus già timbrato. Tutta la memoria che aveva accumulato in fondo al pozzo era sparita. La sua mente somigliava ad un computer formattato.
E su questo ma anche su tutto il resto, Orazio stette alcuni giorni a riflettere. Per qualche attimo pensò anche di rimboccare la galleria e tornare nel pozzo, ma non si ricordava più dove iniziava il tunnel e poi era stato troppo faticoso percorrerlo tutto. Principalmente continuava a pensare cosa facesse prima di finire nel pozzo. Era un architetto ? Un medico ? Era forse un insegnante ? Scriveva poesie o giocava al calcio scommesse ?. Niente, non si ricordava niente. A quel punto per un po’ si persero le tracce di Orazio, nessuno ne parlò più, poi all’improvviso lo rincontrarono al bar mentre beveva un caffè corretto Baileys.
Aveva ricominciato daccapo.
Ora Orazio vive là, ogni giorno sta bene attento che non ci siano pozzi in giro, ma neanche piccole buche. Non è migliore di prima, è semplicemente diverso. Ha anche imparato che si può sopravvivere a lungo in fondo ad un pozzo ma che se si vuole uscire non esiste sempre una sola via d’uscita.
(brano esente da note didascaliche)
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