NUOVA LETTERA DELL’ARCHITETTO A BABBO NATALE (2021)

Caro Babbo Natale,

Come tradizione, anche quest’anno ti scrivo questa mia lettera dei desideri.

Perdona il ritardo con il quale ti invio la presente, ma ho atteso fino all’ultimo le decisioni del CTS. Alla fine sembra che tu possa venire, seppur con tutte le precauzioni.

A tal proposito agevolo a beneficio tuo le ultime linee guida sul Natale così come verranno diramate da Brusaferro nella prossima conferenza stampa.

In particolare l’articolo 3.

“Babbo Natale potrà raggiungere le destinazioni stabilite solo se in possesso di green pass rafforzato e con tampone molecolare effettuato meno di 24 ore prima. Durante la consegna dei regali avrà l’obbligo di indossare mascherina FPP2  ed evitare contatti con nuclei familiari superiori alle 4 unità”.

Detto questo caro Babbo (posso chiamarti Babbo vero? Oramai siamo in confidenza) ho da rammentarti che di tutto ciò che ti chiesi l’anno scorso non ho ricevuto nulla (vedi: Lettera dell’architetto a Babbo Natale -2020)

Come mai? Sei finito in quarantena? C’è stato il divieto di espatrio dalla Lapponia?.

Niente barriere di plexiglass, sanificazioni, confezioni di Amuchina e nemmeno mascherine. Tuttavia ho ricevuto due dosi di vaccino, che hai portato al generale Figliuolo.

Non hai ampliato la memoria della mia mail, ho dovuto provvedere da solo per lo Spid e anche per la pulizia degli ugelli della stampante.

Anche per la pazienza che avevo invocato, ho dovuto far ricorso a scorte personali.

I computi metrici sono diventati ancora più controversi anche perché hai assolutamente contravvenuto alla mia richiesta di abolire il superbonus. Anzi, i bonus si sono moltiplicati.

Ecco, il primo regalo che vorrei è l’abolizione di tutti i bonus edilizi.

Non siamo un paese in grado di gestire sussidi, continuiamo a sperare che “andrà tutto bene”  invece finisce sempre che vincono i furbi.

Baby pensioni, falsi invalidi, redditi di cittadinanza ed ora anche superbonus truffaldini.

Oppure trova un modo per liberare gli architetti da questo incubo. Regala a tutti la consapevolezza che coi bonus non si può fare architettura. Che il lavoro costa, che l’impegno si paga, che per fare le cose per bene ci vuole il tempo che ci vuole.

Suggerisci alla gente che se deve fare in fretta e a poco prezzo, poi c’è da aspettarsi che la qualità si abbassi e forse che qualche poveretto precipiti da un ponteggio o che una gru collassi.

Magari lascia solo il “Sisma Bonus” con il quale possiamo distrarre e tenere occupati tutti gli ingegneri.

Proviamo, così se il piano dovesse funzionare, l’anno prossimo studieremo anche un “Catasto Bonus” per i geometri.

Proteggi ogni singolo architetto “a partita iva” che tenacemente resiste, in particolare dalla prepotenza delle aziende che vendono “il pacchetto completo” e che trattano i committenti come interni di un numero civico.

Regala a tutti gli architetti “sotto soglia” un anno di Inarcassa agevolata. Versa tu i contributi, facendo la “cresta” sui soldi del Pnnr.

Dona all’intera categoria committenti che non abbiano amici o parenti che sanno tutto. In particolare cugini. E nemmeno vicini di casa. Ricordati che il nostro committente perfetto è un misantropo eremita, possibilmente benestante.

Riporta il merito nelle cattedre universitarie. Non solo ad architettura, ovviamente. Regala concorsi trasparenti. Basta con la prepotenza di baroni e governatori che “piazzano” figli, nipoti, mogli, mariti e amanti che non hanno niente da insegnare ai giovani, distruggendo quel poco di credibilità residua delle nostre università.     

Fa in modo che l’unica lettera dell’alfabeto greco della quale si torni a discutere sia la “pi” per il calcolo del perimetro e dell’area di una circonferenza.

Sostituisci almeno uno degli innumerevoli programmi televisivi di cucina con uno che parla di architettura, ma non invitarci mai Sgarbi.

Regalaci vocali inferiori ai venti secondi e artigiani che sappiano leggere gli esecutivi o in alternativa che non facciano di “testa loro”.

Donaci infine normative più chiare e soprattutto il “piuttosto che” utilizzato in forma corretta, cioè davanti a proposizioni comparative o avversative.

Infine, caro Babbo, spargi un pizzico di autoironia presso la nostra categoria, che prendersi troppo sul serio fa male al fegato.

Se esaudirai questi miei desideri, in cambio, come al solito, prometto di fuggire da tutte le occasioni di abusivismo, richieste di “nero” e di capitelli ionici in facciata.

Saluti e tante care cose.

L’architetto.

P.S.: Se non ti è possibile esaudire nemmeno uno di questi desideri, gira la presente lettera alla Befana, che, lo so per certo, da piccola prima di diventare una strega voleva fare l’architetto, anzi l’architetta.

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