Non ci sono più i ferragosto di una volta. O i ferragosti.
Anzi, non ci sono più gli agosto di una volta (o gli agosti).
In realtà non ci sono più nemmeno le estati di una volta.
Non c’è più il gelato twister, i videogiochi a duecento lire (non c’è più la lira), le cabine telefoniche, il torneo di beach volley sulla spiaggia libera. Anche perché non c’è più la spiaggia libera.
Non c’è più il telefilm “Professione vacanze” e il Festivalbar con tutti i cantanti bravi (non ce ne sono più infatti).
Non ci sono più i citofoni ed il “fastidio” di andare a chiamare gli amici a casa.
Non c’è più la frutta che sa di frutta.
Non c’è più la gita con la barca a motore in direzione delle grotte. Non c’è più l’annuncio al megafono “Affrettarsi all’imbarco che si parte… il rientro è previsto nel pomeriggio”. Solo aliscafi, barche a vela col motore (non ci sono più velisti), crociere superlusso, skipper con i Reyban in osso e le Hogan bianche di pelle (non ci sono più gli zoccoli di legno).
Non c’è più il pomeriggio, il giorno termina senza preavviso quando cala il sole.
Non c’è più gente che fa la settimana enigmistica. I cruciverba sono diventati troppo complicati, le definizioni prevedono troppa noiosa conoscenza, tipo nomi di scrittori, registi, sinonimi, verbi desueti, nozioni di storia e geografia; di quelli che provano, molti riescono a riempire solo parole da due caselle (quelle delle targhe automobilistiche, che non ci sono più).
Non ci sono più anziani che giocano a scacchi sulle panchine, sono tutti impegnati a rincorrere nipoti. Forse non ci sono proprio più gli scacchi. Ma poi che gioco sono gli scacchi ? Troppo lenti, troppo analogici.
Non c’è più quel tranquillizzante sedativo monocolore politico che a ferragosto si radunava silenzioso tra Fregene e la Versilia, senza agitare rosari ed invocare la Madonna mentre si fa la guerra ai disperati (la Madonna e i disperati ci sono ancora).
Non ci sono più le cabine ai lidi: non c’è più lo spazio.
Non ci sono più i compiti per le vacanze che si facevano di pomeriggio (anche perché, appunto, non c’è più il pomeriggio).
Non c’è più la solidarietà. Quel “prego si accomodi”, “venga, ci stringiamo”, “si figuri… nessun fastidio”. Solo recinti, cancelli, divieti e steccati.
Non c’è più il “tutto compreso”; Le parole “gratis” e “omaggio”.
Non c’è più intervallo tra pensiero e azione. Si mette nero su bianco la prima cosa che viene in mente, senza calcolarne le conseguenze. In molti casi non c’è neanche il pensiero e di conseguenza non c’è più lo “stare senza pensieri” tipico del ferragosto.
Non c’è più il venditore di cocco. E’ fermo alla frontiera e non lo fanno entrare, mentre il cocco marcisce. Però ci sono gli apericena, con le patatine scadute e i taralli serreticci.
Non c’è più il pallone super santos. E’ illegale in almeno il 90% delle città italiane.
Non c’è più la pudicizia, se domandi in giro qualcuno ti risponderà che forse è un luogo geografico, come la Carinzia o la Dalmazia.
Non c’è più lo “scuorno”: è un articolo terribilmente fuori moda.
Non c’è più la noia, tipica del ferragosto. Proprio lei: “La noia… la noia… la noia… la noia…” come cantava Vasco (che però, per fortuna c’è ancora).
Non ci sono più i vent’anni (almeno nel mio caso), questo è il guaio vero.
Nell’immagine : G. De Chirico – Bagni misteriosi (particolare)
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