Eccoci giunti al terzo ed ultimo esercizio per aiutare i neo architetti ad affrontare il mondo del lavoro. Oggi parleremo del volume edilizio che attualmente va per la maggiore: il box auto interrato. Infatti in Italia ci si fida così tanto degli architetti che se costruiscono qualcosa è meglio che sia interrata, cioè ben mimetizzata ed invisibile.
Per approccio progettuale, il box auto somiglia alla cuccia del cane, che è stato argomento del primo esercizio, le differenze più evidenti sono che l’auto non fa la pipì nelle aiuole e che il cane non paga il bollo.
Quando chiederanno al neoarchitetto di progettare un box auto, questi si preoccuperà di capire quante automobili dovrà contenere, senza farsi influenzare dalle richieste del committente, che, dipendesse da lui, lo farebbe grande come una concessionaria della Iveco. Di solito ogni box auto contiene una sola auto, quindi le dimensioni sono facili da calcolare; in genere si può consultare il manuale dell’architetto, ma anche il “Quattroruote” va benissimo.
Per prima cosa il neo architetto deve capire in che tipologia di terreno verrà costruito il box, per questo motivo si farà aiutare da un geologo per effettuare dei saggi. I saggi si fanno in questo modo: prima si chiedono tutte le autorizzazioni necessarie, dopodichè si istalla una carotatrice a maglio perforante, quindi si comincia a forare il terreno in vari punti. Quando si è in possesso di un numero sufficiente di campioni di terreno si fanno analizzare, dopodichè si attende qualche mese per i risultati del laboratorio, quindi si convoca un ingegnere per sapere cosa ne pensa ecc. In realtà la strada più semplice è suonare il citofono del vicino di casa che ha già un box interrato e domandare.
La fase della progettazione è molto semplice: in genere il box interrato è semplicemente una scatola in cemento armato, nulla che possa sollecitare la fantasia dell’architetto, ecco spiegato perchè non è stato mai proposto come tema per un esame di progettazione in nessuna facoltà di architettura del mondo. In compenso, il neoarchitetto potrà proporre una vegetazione di gradevole aspetto a copertura del box, cercando di opporsi al rattoppo di prato finto comprato alla ferramenta del centro commerciale.
Ottenuti i permessi dovuti, si procede alla fase di scavo: è buona norma numerare gli operai che si occupano degli scavi in galleria, questo perchè può capitare che qualcuno scompaia e che nessuno se ne accorga, a parte la moglie, quando a sera non lo vedrà tornare a casa per cena.
Se i lavori si svolgono previo uno sbancamento bisogna ricordare che l’uso delle mine è severamente normato e che se provocate una frana non vale come scusa: “tanto alla prima pioggia sarebbe comunque caduta”. Un ottimo escamotage per ricavare il volume tramite l’uso dell’esplosivo è aspettare la festa del Santo patrono, per confondersi con i festeggiamenti.
Il neoarchitetto impegnato nella direzione dei lavori di un box auto interrato, non dovrà mai perdere di vista la destinazione finale della sua opera. Ad esempio se il committente acquista 50 metri quadri di pavimento in ceramica di Vietri, smaltata e dipinta a mano, deve insospettirsi. Un altro indizio preoccupante è l’arrivo sul cantiere del tecnico dell’aria condizionata o del mobiliere di cucine o sale da bagno.
Molto utile per il neoarchitetto è dichiarare la fine lavori il prima possibile.
Per stare più tranquillo potrà scattare delle foto inserendo una smart con il photoshop, prima che il box diventi un monolocale con tanto di parabola per la ricezione del segnale Sky e tavolino e quattro sedie fuori dall’uscio, modello “vascio” napoletano*.
In genere un box auto ben realizzato oltre ad ospitare un auto di media dimensione, consente l’alloggio anche di due scooter, altrettante camere da letto, una cucina abitabile, un bagno con doccia e un intercapedine che fa da cabina armadio.
Per questo motivo, il neoarchitetto che supera indenne, urbanisticamente, fisicamente ma soprattutto penalmente, la costruzione di un box auto interrato è pronto per il debutto nel mondo del lavoro.
*: il “vascio”, ovvero il “basso” è il locale terraneo di vecchi fabbricati adibito ad abitazione, di solito esclusivo delle classi sociali meno abbienti. Caratteristico della città di Napoli.
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