Ho comprato l’auto nuova.
Cioè, non ce l’ho ancora fisicamente, ma l’ho già scelta tra una serie di vetture usate ma in ottime condizioni.
Sono stato più volte in concessionaria finché mi sono accordato col venditore.
Abbiamo stabilito il prezzo e le modalità di pagamento, ora mi è sufficiente consegnargli la mia vecchia auto e ritirare la nuova.
Resta da decidere solamente il giorno dello scambio.
Sono affezionato alla mia vecchia auto, ma ho intenzione di sostituirla.
In realtà già una volta avevo deciso di disfarmene, poi ho desistito.
Non che dia preoccupazioni particolari, funziona ancora benissimo ma ha una serie di piccoli problemi davvero fastidiosi.
Ad esempio: la lancetta del livello del carburante è imprecisa.
Devo sempre ricordarmi quanto ce n’è e se è il caso di fare o no rifornimento.
Il vetro elettrico del guidatore non risponde precisamente al comando. Mentre è in salita prende a scendere e viceversa.
Le lampade dei fari di posizione continuano a fulminarsi.
L’elettrauto, più volte interrogato, non sa darne una spiegazione.
«Forse c’è un corto circuito» mi ha detto l’ultima volta.
Dove non si sa.
In genere le auto si lasciano quando se ne è costretti, ma io ho deciso di anticiparmi.
Così me ne resterà un buon ricordo.
Intanto continuo ad usarla.
Mi è particolarmente comoda quando devo recarmi in luoghi impervi, dove ricorrere a parcheggi complicati, rasentando pareti rocciose, contro le quali in più di un occasione ho sfregato lasciando dei segni sulla carrozzeria. Ora sono più attento e non mi capita più, ma la mia vecchia auto reca alcune tracce su entrambe le fiancate oltre alcune ammaccature sul paraurti.
Il mio timore è che non appena mi metta alla guida dell’auto nuova, mi distragga durante qualche manovra più complessa, finendo per rigare gli sportelli o danneggiando i fanali.
E’ una vecchia regola: non succede nulla per anni, poi, appena c’hai l’auto nuova, capita.
Dal concessionario mi hanno chiamato.
«L’auto è pronta. Quando pensa di venirla a ritirare?».
«Vengo domani» ho risposto.
Avevo scordato che domani devo andare a scattare delle foto lungo una stradina stretta e sterrata, allora ho richiamato.
«Facciamo dopodomani» ho corretto.
Lungo la stradina non è accaduto nulla di particolare, la mia vecchia auto sgommava sicura sulle dune di pietrisco, sfiorando con precisione le numerose vetture incrociate.
Ritornato sulla statale, ho controllato che non ci fossero nuovi graffi.
A sera mi sono ricordato che il giorno dopo avevo un appuntamento in città e dovevo passare in tangenziale. Là, per ben due volte, mi avevano tamponato.
“Non credo sia prudente andarci con l’auto nuova” ho pensato.
Al concessionario ho spiegato di avere un problema familiare e che sarei passato il giorno dopo ancora.
Ma, nonostante fosse l’ora di punta, la tangenziale era quasi deserta
Prima di cena mi ha chiamato il rivenditore.
«Domani che passa si ricordi che deve lasciarmi l’auto vecchia, così posso rottamarla in giornata».
Oddio! Sono trasalito.
«Devo ancora svuotarla!».
«Se si fida, posso sgombrarla io».
«Preferisco farlo da me».
«Fa in tempo per le dieci ?».
«Senza dubbio».
Tuttavia non avete idea di quante cose si nascondono tra gli anfratti di un auto. Ho rovesciato il cassetto e ripulito il portabagagli. Sotto i sedili c’erano scontrini, monete e ragnatele del tempo trascorso.
Un cd che credevo smarrito, il biglietto da visita del mio primo editore, gli occhiali infranti di mio padre, la cartina stradale per un viaggio in Puglia e una coppia di fototessere di quando avevo ancora tutti i capelli.
Nel vano della ruota di scorta, un pacco di documenti che avevo prima occultato e poi abbandonato.
Durante le operazioni, ho persino pensato che sarebbe stato più semplice che se ne occupasse il rivenditore. Consegnargli il mezzo, voltargli le spalle e allontanarmi.
Semplice e vile.
Non è mai facile separarsi da ciò a cui si tiene. Neanche da un auto vecchia.
Quando sono arrivato in concessionaria, un cartello fissato sulla saracinesca, recitava “Riapriamo domani”.
Il giorno dopo mi sono alzato di buon mattino deciso a consegnare l’auto vecchia in concessionaria e ritirare la nuova. Avevo calcolato tutto alla perfezione, persino la fine del carburante.
Ero pronto ad uscire quando ho ricevuto una telefonata.
C’era un’emergenza: mio zio aveva avuto un attacco di appendicite notturna e doveva andare subito in ospedale.
Avrei potuto passare prima in concessionaria e ritirare l’auto nuova, sarebbe stato il suo primo viaggio, ma dal tono della voce di mio zio pareva non ci fosse neanche un minuto da perdere.
Meglio così: il parcheggio dell’ospedale è un posto dove spesso, causa la fretta e l’apprensione, avvengono piccoli quanto banali incidenti.
Sono appena riuscito a passare al distributore di benzina. Ne sarebbero bastate poche gocce, ma avevo solo banconote da cinquanta euro e il distributore automatico non dava resto.
Sono stato costretto a fare il pieno.
Grazie alla mia vecchia auto, sono riuscito a salvare la vita a mio zio che è stato immediatamente sottoposto ad appendicectomia, ma a quel punto avevo ancora circa trenta litri di carburante a disposizione.
Era davvero un peccato sprecarli!.
Così mi sono “allungato” duecentocinquanta chilometri più a sud: erano anni che volevo far visita ad un mio vecchio amico di studi che ora vive a Reggio Calabria.
Ho fatto ritorno in serata. La mia vecchia auto aveva retto circa 500 chilometri in poche ore, senza un lamento. Persino il vetro elettrico aveva obbedito perfettamente agli ordini.
“Nonostante i graffi e le ammaccature sul paraurti, continua a funzionare benissimo” riflettevo.
Quando le cose invecchiano occorre solo un po’ più di manutenzione.
Il giorno dopo era sabato e la concessionaria era chiusa.
Ho provato a telefonare ma non rispondeva nessuno.
Allora ho chiamato il venditore sul numero personale.
«Vengo Lunedì».
«Ne è sicuro?».
«Sicuro».
«Guardi che se non viene ho già un altro acquirente».
«Stia tranquillo».
Domenica ha piovuto tutto il giorno e sono rimasto a casa.
A sera, quando ha smesso di piovere, mi sono sporto dal balcone.
L’auto vecchia sul bordo della via sotto la luce dei lampioni, ripulita dalla pioggia, splendeva come nuova. Le ammaccature e i graffi parevano spariti.
“Tutto sommato” ho pensato “funziona ancora benissimo”.
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