Il vero problema di oggi è che non ci sono più le persone credibili.
Siamo tutti pronti a dare consigli, indicare, disporre ma la distanza tra quello che desideriamo si faccia e ciò che facciamo a volte è siderale.
Tutti corriamo il rischio di essere bollati come in-credibili. Ad alcuni non frega niente, sopportano agilmente l’accusa di incoerenza, per altri può significare la perdita di autorevolezza professionale.
Una delle categorie più esposte al rischio è quella degli architetti: decisionali per necessità, che impegnano tempo ed energie a convincere clienti veri o potenziali, ma anche funzionari, politici e, talvolta, i media della bontà delle loro scelte; con il rischio, sempre vivo, di essere sbugiardati.
Gli interlocutori, prima di approvare le proposte dell’architetto, vorrebbero sempre vedergli casa. Dare uno sguardo a ciò che ha scelto lui, per lui.
Infatti, nel portfolio, gli architetti dovrebbero esporre un solo lavoro: la loro abitazione. Solo da quella, infatti, verranno giudicati.
Esistono degli indizi per dubitare della credibilità dell’architetto.
Ad esempio: se l’architetto si professa “green” e vorrebbe riempire di rampicanti e lavanda la casa di ogni suo cliente e poi sul suo balcone ha solo una piantina di basilico mezza morta.
Se l’architetto insiste per domotizzare la casa e poi ha ancora le tapparelle con la corda di canapa che per tirarle su occorre chiamare un lanciatore del disco ex DDR.
Se l’architetto vorrebbe far dipingere gli interni di giallo, blu, rosa, a strisce e poi da lui l’unica cosa colorata è il tavolino del soggiorno per non confonderlo col pavimento e inciamparci.
Se l’architetto pretende di adottare serramenti in teak australiano ma non ha mai sostituito i suoi in alluminio anodizzato già vetusti nel 1969.
Se l’architetto, per sicurezza, insiste per acquisire anche l’ultimo dei pareri concessori, anche quelli giuridicamente abrogati e poi lui ha fatto tutto abusivo, per far prima.
Se l’architetto pretende di smontare tutto il rivestimento del bagno per un errore di mezzo millimetro sull’allineamento della fuga tacendo del suo bagno con le pareti nè perpendicolari nè parallele.
Se l’architetto sostiene il fascino dell’irregolare e poi ha la casa più simmetrica della “Rotonda” di Palladio.
Se l’architetto propone ardimentose soluzioni ingegneristiche al limite dell’isostatico, invitando alla calma che è tutto sotto controllo, mentre a casa sua il massimo che ha osato fare è stato caricare la scarpiera oltre i canonici 150Kg a mq..
E altri ancora che vi invito a scovare.
Comunque, stiano sereni gli architetti: questa faccenda della coerenza coinvolge anche altre figure professionali.
Ad esempio il ministro dell’ambiente (o delle infrastrutture) non può girare con una jeep turbo diesel a carburatore.
Un dietologo pesare 150 chili e avere il colesterolo a 250.
Il ciabattino andare in giro con le scarpe rotte.
Un pacifista avere il porto d’armi.
Un sostenitore del Popolo della famiglia rimorchiare trans.
Ma soprattutto, Gigi D’Alessio non può averci rotto le palle vent’anni con le canzoni tristi dove Annarella se ne andava con un altro e poi mettersi con Anna Tatangelo.
O no?.
Segue dibattito.
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