Sono settimane che si discute molto di fidanzati, promessi sposi, immaginari. Hanno persino tolto il primato ai malati, immaginari per antonomasia.
L’immaginario, come il provvisorio, è un genere che appassiona molto e che andrà sempre più di moda. Ovviamente esiste un’architettura immaginaria ma, lontana dalle cronache, esiste pure la sottocategoria degli architetti immaginari.
In realtà gli architetti immaginari sono sempre esistiti: prima dell’invenzione dell’ordine riuscivano a rimanere facilmente in incognita, poi da quando il bollettino della quota annuale arriva a casa, sono stati costretti a venire allo scoperto.
I primi architetti immaginari che la storia ricorda sono tre: Ippodamo da Mileto, Thot e Nimrod.
Ippodamo da Mileto è l’architetto che disegnò per primo le città seguendo schemi ortogonali; certo, sarebbe un urbanista più che un architetto, ma in realtà di lui si sa molto poco. Aristotele lo descrive così: “fu talmente vanitoso (…) per la prolissità della chioma e per l’ordinamento raffinato della persona, nonché per l’abito semplice e grave che portava non solo d’inverno ma anche d’estate”. Insomma il prototipo dell’architetto che non ha tempo di andare dal parrucchiere e che veste sempre uguale, ma basta che si pettini per sembrare tronfio. A Ippodamo si deve non solo la città di Mileto ma anche quella del Pireo, di Olinto e di Rodi. Incarichi così distanti nello spazio e nel tempo che ne fanno una figura leggendaria. Ma che testimoniano anche come nel 400 avanti Cristo la pianificazione fosse una procedura più snella.
Più complesso è il caso di Toth, una specie di semidio al quale si attribuisce la costruzione di alcune piramidi tra le quali quella di Giza. Per secoli si è ritenuto che le piramidi fossero frutto di una civiltà aliena, come ci ha spiegato Roberto Giacobbo in numerose puntate di Voyager. Poi sono arrivati degli studiosi che, evidentemente non fidandosi di Giacobbo, hanno studiato le iscrizioni sui basamenti delle piramidi stesse, fino a comporre il nome di questo fantomatico architetto. Tuttavia essendo incomprensibili iscrizioni in geroglifico potrebbero anche essere incisioni di fidanzatini egiziani o i nomi sul citofono.
Infine Nimrod, autore secondo l’esegesi ebraica, della famosa torre di Babele che nelle intenzioni doveva raggiungere il cielo e Dio, ma in realtà si bloccò per la confusione delle lingue dei manovali. Massima solidarietà per l’architetto immaginario Nimrod poiché questo problema è ancora molto comune sui cantieri di oggi, dove tra stuccatori tunisini, piastrellisti ucraini e imbianchini pugliesi è praticamente impossibile capirsi.
Un altro celebre architetto immaginario è il personaggio che compare nel film “Matrix” autore del mondo fantascientifico dentro il quale si muove Keanu Revees. L’architetto realizza il mondo “Matrix” solo dopo aver fallito cinque precedenti tentativi con altrettanti mondi, non funzionanti. Da qui la conferma che si tratta di un architetto immaginario: ad un architetto reale non si perdona nemmeno un fuori squadro di 2 millimetri nel corridoio, figuriamoci cinque mondi difettosi.
Oggi gli architetti immaginari sono di differente tipologia. Ad esempio quelli che compaiono nei famigerati elenchi di professionisti in dotazione al Comune per assegnare gli incarichi sotto soglia. Devono essere per forza immaginari, altrimenti non si spiega come mai poi gli incarichi li prendano sempre i soliti due o tre.
Inoltre internet ha sdoganato altre forme di architetti immaginari.
Sono di questo genere, ad esempio, tutti quelli che rispondono alle FAQ su siti di agenzie immobiliari, rivendite di mobili e sulle riviste di arredamento online o anche cartacee quando gli vengono sottoposti problemi capitali tipo: come sistemare 4 camere da letto e 3 bagni in 25 metri quadri di appartamento. Chi ne è capace non è un architetto: è Houdinì.
Ma esistono anche altre forme, più fantasiose, di architetti immaginari.
Una compare quando sul cantiere viene commesso un errore. E’ il momento in cui parte una mini inchiesta per stabilire chi abbia dato l’ordine sbagliato. Si discute, si litiga, finché c’è sempre qualcuno che dice che è stato l’architetto. Solo che l’architetto non ne sa niente; quindi si tratta sicuramente di un architetto immaginario comparso in sonno o sospeso fluttuante su una trave del soppalco ad impartire disposizioni errate. Per correggere i disastri di questo presunto architetto immaginario occorre sempre un architetto esistente e concreto, armato di santa pazienza.
Infine, la forma più nota di architetto immaginario è quella che viene evocata quando, ad esempio, gli amici vi invitano a domicilio per mostrarvi la casa nuova e voi, perplessi, gli fare umilmente notare che forse il gabinetto all’ingresso non era il caso di metterlo, la cucina è drammaticamente buia, le piastrelle sono posate in maniera grossolana e la porta della camera da letto quando si apre sbatte nell’armadio. A questo punto, i vostri amici, mortificati, vi rispondono che la colpa è dell’architetto.
Ecco: quello evocato è certamente un architetto immaginario.
In realtà i vostri amici non volevano spendere soldi e si sono rivolti al cugino geometra che lavora allo sportello dell’ASL. O si sono affidati direttamente al mastro della ditta edile che, davanti alle loro progressive perplessità, li tranquillizzava dicendo di avere tanti anni di esperienza e persino l’abbonamento a “cose di casa”.
Oppure, peggio ancora, i vostri amici hanno deciso di fare tutto da soli. In quel caso l’architetto immaginario era direttamente dentro di loro.
Accade perché si ritiene ancora, a torto, che l’architetto non serva, sia un lusso e che costi troppo: così è nell’immaginario collettivo.
(foto di copertina tratta dal web)
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