A Natale gli architetti si dividono in due grandi uniche categorie: quelli che fanno l’albero e quelli che non lo fanno. Certo, ci sarebbe anche da fare il presepe, che meglio rientra nelle competenze dell’architetto, ma siccome oggi intorno al presepe ci sono troppe polemiche, si ripiega sull’albero.
Gli architetti che si astengono o si rifiutano di fare l’albero, se interrogati, rispondono sempre con un buon motivo, tipo: non hanno tempo, non hanno spazio, non hanno voglia, o non hanno nessuna di queste tre cose. Quelli che invece lo fanno, in relazione al tempo e allo spazio a loro disposizione, possono impegnarsi molto, mediamente o poco, ma in genere non intendono rinunciarci poiché l’albero di Natale, è un popolare clichè, mediamente progressista, generalmente laico, non impegna ideologicamente, e si possono facilmente pubblicare le foto sui social. In alcune case, tipo quelle con poca mobilia, fa anche arredamento.
Non sono rari i casi di architetti ai quali va il compito di preparare alberi più impegnativi, tipo quello nella piazza del paese.In questo caso, l’architetto, ritenendo di dover essere originale a tutti i costi, inventa un albero tanto originale quanto orrendo che finisce, puntualmente, per essere sostituito, in fretta e furia, da un altro, tradizionale, rimediato all’ultimo istante dal giardiniere del paese, che costa molto meno ed è assai più bello.
Nella propria abitazione l’architetto utilizza sempre un albero sintetico, perché si dichiara un ambientalista e poi perché l’albero vero sporca, costa di più, non si può riutilizzare e all’Epifania non si sa mai che farne. Inoltre l’albero vero non rispetta le norme antincendio. Se un architetto è costretto ad utilizzare un abete naturale poi risolve il problema della sicurezza sistemando un estintore tra i regali, camuffandolo con un fiocco colorato. In genere l’architetto non condivide neanche la realizzazione di alberi dell’altezza inferiore a 1 metro, ritenendoli non a norma UNI.
L’architetto “alberista” preferisce il giorno festivo dell’8 Dicembre oppure si tiene una Domenica pomeriggio libera; indossa il pigiama pesante con la renna e recupera tutta l’attrezzatura che diligentemente ha archiviato l’anno prima. Se è maschio fa l’albero durante “90° minuto” se è donna mentre occhieggia “Domenica In”.
La prima cosa che l’architetto valuta attentamente è la posizione dell’albero. Tutte le volte è tentato di spostarlo in funzione dell’illuminazione e dei percorsi funzionali dell’abitazione, prova in corridoio, all’ingresso, persino in bagno ed in camera da letto, poi, alla fine, l’albero viene sempre posizionato accanto al balcone in soggiorno, tra la tenda e il divano, in modo che lo possano vedere anche i vicini.
Dell’albero di Natale, l’architetto non è mai convinto del sistema di supporto, qualsiasi esso sia. Studia il sostegno per ore, sempre tentato dall’aggiungere qualche peso di zavorra o un sistema di tiranti ancorati alla trave del soffitto. Quando gli viene fatto notare che si tratta di accorgimenti assolutamente inutili, l’architetto si giustifica ipotizzando improbabili azioni del vento, urti accidentali ed incidenti domestici, per ognuno dei quali snocciola rigidissime norme di sicurezza da cantiere.
Dopo aver ben fissato l’albero al pavimento, l’architetto srotola tutte le luci colorate e le prova una per una. Se, malauguratamente, una di queste non si accende, l’architetto prova ad aggiustarla, questo perché l’architetto ha sempre la pretesa di essere un po’ elettricista, come un po’ falegname, idraulico, fabbro ecc.. Questa operazione può durare anche moltissimo, facendo slittare la data della preparazione dell’albero anche di diversi giorni, a volte anche dopo il Natale stesso. Per ovviare a questo inconveniente è buona norma tenere sempre delle luci di riserva per scoraggiare qualsiasi intervento di riparazione dell’architetto. I familiari dell’architetto lo sanno.
Quando tutte le luci sono a posto, l’architetto in genere aspetta la sera per controllare l’esatto posizionamento e la luminosità delle lampade. L’accensione è salutata con grande entusiasmo, a volte l’architetto stila anche un verbale, una sorta di “Relazione a struttura ultimata”.
La perfetta esecuzione del sistema di supporto ed illuminazione gratifica a tal punto l’architetto che in genere tutte le operazioni seguenti vengono delegate a persone di sua fiducia con le quali instaura un rapporto da capocantiere. Questo inquina di molto il clima intorno all’albero e in genere del Natale nella sua interezza, producendo frizioni familiari che si risolvono quasi sempre intorno alla prima decade di Gennaio. Comunque gli alberi di Natale degli architetti si riconoscono sempre per quell’indiscutibile rispetto della simmetria che conferisce sicurezza e fa autostima.
In genere, in una casa dove c’è un architetto, quando qualcuno fa la classica domanda “ma che bell’albero, chi l’ha fatto ?”, tutti si affrettano a dire che è stato l’architetto, mentre quest’ultimo fa finta di niente e prova, con modestia, a suddividere i meriti tra i presenti.
Se, viceversa, disgraziatamente, qualche maleducato avventore, si permette di notare un imperfezione nell’albero di Natale, allo stesso modo, tutti si impegnano ad addossare la colpa ad un irresponsabile che, di nascosto dall’architetto, magari nottetempo, ha manomesso l’albero provocandogli l’inconveniente.
Va detto che gli alberi di Natale degli architetti non sono mai migliori di quelli fatti da tutti gli altri, però dire che un albero lo ha fatto un architetto fa tutto un altro effetto.
Tuttavia, anche l’architetto, come tutti gli “alberisti” che si rispettano, dai 3 agli 80 anni, fa tutta la fatica per l’unico momento di solennità al quale non saprebbe rinunciare mai: mettere il puntale.
FOLLOW ME ON TWITTER: @chrideiuliis