L’ARCHITETTO (A PARTITA IVA) CON L’INFLUENZA

A differenza di quanto si pensi in giro, anche gli architetti, in particolare quelli a partita iva, si ammalano. Tuttavia quando gli architetti a partita iva contraggono un classico malanno stagionale, tipo l’influenza, non se ne accorge nessuno perché, nonostante volessero tanto restarsene a casa in pigiama, sono costretti ad andare al lavoro come niente fosse.

Ammalarsi per un architetto a partita iva, infatti, è davvero un maginifico lusso.

Durante la stagione invernale, dunque, gli architetti malati con partita iva,  rappresentano un sostanzioso branco di untori, imbottito di paracetamolo, che va in giro per la città a diffondere l’epidemia compromettendo qualsiasi campagna vaccinale, anche imponente.

Tuttavia, quando i sintomi diventano invalidanti e la temperatura corporea, nonostante dosi massicce di Tachipirina e Vivin C, supera i 38,5 gradi centigradi (39° per le donne che sono notoriamente più resistenti), anche l’architetto a partita iva è costretto a prendersi una pausa. In questo caso si configura il rarissimo caso di architetto libero professionista che rimane a casa dal lavoro in un giorno feriale.

Innanzitutto bisogna segnalare che un architetto a casa con l’influenza non è un architetto che si è arreso: nel 90% dei casi prima di rassegnarsi si è organizzato un po’ di cose che potrà fare anche in salotto, grazie al portatile in dotazione ai suoi conviventi o suo ed adoperando quella postazione di lavoro minima che da anni sogna gli sia utile. In genere, però, il tempo che occorre all’architetto influenzato ad ottimizzare la sua postazione di lavoro casalinga è superiore a qualsiasi convalescenza che non sia la rottura del crociato anteriore del ginocchio.

Per questo motivo gli architetti influenzati abbandonano presto qualsiasi ambizione di lavorare a casa, questo anche per la loro diminuita lucidità mentale e la minima resistenza fisica in loro possesso (specie, ripetiamo, per i maschi). Esclusa dunque la possibilità di lavorare durante la malattia e rassegnatosi ai sensi di colpa di dover annoverare quei giorni come passivi dal punto di vista economico, l’architetto a partita iva influenzato, cerca attività alternative alle quali dedicarsi durante la convalescenza.

Ecco le cinque attività alle quali un architetto influenzato può dedicarsi durante la convalescenza in ordine di pericolosità per l’integrità stessa della casa.

1)    Leggere quel libro regalatogli da un suo parente (o amico) quattro anni prima, libro che l’architetto ha giurato di voler leggere e per questo tiene a portata di mano, nel cassetto del comodino con il segno posizionato dove è giunto con la lettura, cioè alla seconda pagina. Solitamente si tratta di un libro illeggibile che aggrava subito, e di molto, le condizioni di salute mentale dell’architetto che dopo qualche coraggioso tentativo, lo ripone di nuovo nel cassetto del comodino, ma questa volta ben nascosto sotto i calzini. Pericolosità per la casa: 0 (praticamente immune)

2)    Guardare in tivvù programmi del mattino o pomeridiani del tutto improbabili che l’architetto non ha mai visto e non gli capiterà mai più di vedere tipo: “Lo Zecchino d’Oro”, “La Vita in diretta”, “Forum”, “Ma come ti vesti ?” o salotti politici su canali locali. In alternativa l’architetto, specie quello maschio, segue con passione gare di discipline sportive indecifrabili come lo sci di fondo, l’hockey sul ghiaccio o il rugby a 7. Ma solo in assenza di anticipi e posticipi del campionato di calcio. Le donne, invece, si dedicano alle repliche di puntate di serie smarrite o fiction dimenticate. Pericolosità per la casa: 2 (minime tracce, di solito di biscotti sul divano).

3)    Riparare lo scarico del gabinetto che continua a perdere se non lo si spinge per la seconda volta. L’architetto sa che si tratta di un piccolo difetto al galleggiante, tuttavia il perfetto funzionamento del galleggiante di uno scarico a muro di un cesso, è uno degli storici dilemmi idraulici che solo Archimede da Siracusa in persona o un suo discendente diretto saprebbe risolvere. Inoltre l’architetto influenzato aprendo la sua cassetta degli attrezzi, si rende subito conto di non avere tutti gli strumenti idonei per provare a riparare lo scarico e, ovviamente, di non potersi recare in ferramenta per cercare quello che non possiede. Alla fine decide di spingere due volte il pulsante dello scarico e amen. Pericolosità per la casa: 5 (fondamentale che ci sia il doppio bagno)

4)    Mettere a posto le riviste di architettura e design. L’architetto influenzato prova sempre ad ordinare, cronologicamente di solito, le numerose riviste che tiene sparse per casa. Si tratta di un’eredità degli anni durante i quali pensava che leggere “Domus” e “Casabella” gli avrebbe consentito di avere un approccio più internazionale e raffinato ai suoi lavori. Furono anni di grande energia creativa e ricerca compositiva. Poi vennero gli anni della consapevolezza e l’architetto decise di impiegare quei soldi per abbonarsi a Sky. Il riordino delle riviste ha anche un’alternativa pirotecnica: l’architetto che se ne disfa dandogli fuoco. Pericolosità per la casa: 7 (se la casa è dotata di sistema antincendio, altrimenti anche 10)

5)    Cucinare. A causa degli innumerevoli programmi televisivi dedicati ai cuochi novelli o famosi, anche tra gli architetti si è sparsa la convinzione che si possa diventare dei Cannavacciolo grazie ad un minimo di applicazione misto a quel filo di creatività che gli architetti naturalmente possiedono. In genere gli architetti partono con preparazioni molto semplici, tipo il pane, la pizza e la crostata. Il passo successivo sono i primi piatti a difficoltà limitata: spaghetti aglio e olio, carbonara e brodi semi pronti. Per fortuna le influenze, anche le più gravi, si risolvono nel giro di tre o quattro giorni. Questo impedisce all’architetto di cimentarsi in preparazioni più complesse e salva la cucina dalla distruzione. Pericolosità per la casa: 9 (ma dipende dalla quantità e dalla qualità degli elettrodomestici in dotazione all’architetto-cuoco)

Infine, se l’influenza sopraggiunge nel periodo dell’Avvento, ogni architetto costretto a casa dalla malattia, non può fare a meno di cimentarsi nella costruzione del presepe, che nella stragrande maggioranza dei casi, preferisce all’albero di Natale che trova troppo banale e di nessuna complessità compositiva. Architetti iper-attivi comunque dopo aver costruito il presepe, issano anche l’abete natalizio e completano l’opera con un addobbo della casa, degno del Rockfeller Center di New York. Pericolosità per la casa: non valutabile.

Il ministero della Salute, o chi per esso, dovrebbe tener conto del dramma degli architetti a partita iva, e di tutti quei professionisti che soffrono della sua stessa disgrazia. Per questo motivo dovrebbe somministrargli gratuitamente un vaccino speciale, una sola compressa da assumere al momento dell’iscrizione all’ordine, che lo immunizzi da ogni stato influenzale o malattie contagiose, virus esotici e batteri tenaci, sventure ortopediche e calamità naturali.

Una super supposta per tutelare l’integrità morale e fisica dell’architetto a partita iva, ma pure dei suoi sogni sempre ammalati di speranza.

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