I tempi non sono ancora maturi, ma non manca tanto all’ultimo stadio della mutazione genetica dell’architetto italiano: la sua statalizzazione.
Per accelerare il processo, gli architetti italiani dovrebbero innanzitutto prendere atto che il mito del lavoro autonomo è morto e sepolto. Quelle che ci sono ancora sono delle sacche di cocciuta resistenza, piccoli architetti autonomi quanto rivoluzionari in giro per la giungla della burocrazia, armati fino ai denti, che si illudono di poter ancora vincere qualche battaglia. Questi sopravvissuti, che combattono come guerriglieri di trincea bisogna convertirli in tempo, altrimenti basterà la prossima spruzzata di Legge di stabilità tossica, l’aumento della dose giornaliera di iva o l’esplosione di nuovi contributi pensionistici, a sterminarli. (O una pandemia NDA).
Per questo motivo, faccio un appello a questi coraggiosi guerriglieri sparsi nel sottobosco italico: arrendetevi. Uscite allo scoperto, riponete il mouse e sventolate la bandiera bianca sul tubo dei vostri progetti. Dopodiché, tutti insieme, chiedete di essere statalizzati, questo è il momento giusto, ora che avete anche un rappresentante a vita nel Senato della Repubblica che può sponsorizzare l’idea e promuoverla tramite una grande operazione di massa che potremo dunque chiamare (anche in omaggio alla velocità con la quale avvengono i cambiamenti in Italia) Piano “Piano”.
Il principio è molto semplice: compiere un ulteriore passo verso il socialismo reale dello Stato e rendere anche l’architettura accessibile a tutti, come un servizio di assistenza sociale, tipo la sanità tanto per intenderci.
Il piano “Piano” prevede che lo stato assumi a stipendio fisso mensile tutti gli architetti che ne faranno richiesta, dandogli una scrivania con un’attrezzatura tecnologica minima per consentire che mettano a disposizione del pubblico la loro professionalità. Ovviamente tutto questo con precisi orari d’ufficio, e tutto quello che segue: sindacati, pause e buoni pranzo, ferie come da calendario, cartellini da timbrare, assemblee, visite mediche ecc.
L’architetto statalizzato, (che da ora in poi chiameremo per brevità “Starch”) verrebbe inquadrato sufficientemente vicino al luogo di residenza, suddiviso per aree geografiche e densità abitative, come i farmacisti; per gli Starch sarà trovato un edificio adeguato tale da sistemarli in maniera ordinata per farlo agire in completa serenità.
E’ facile. Se passa l’amnistia si possono riciclare le carceri, ma vanno bene anche i tribunali soppressi, gli ospedali mai aperti, i centri sociali sgombrati ecc.; in breve sul territorio sorgerebbero così centinaia di PPAL (Palestre Per l’Architettura Locale), atte ad allenare lo spirito e la scienza del professionista e del cittadino. Così chiunque avesse bisogno di un architetto può recarsi in una PPAL, può farlo sia l’assessore comunale che il cittadino per un intervento alla sua abitazione privata, ammesso che da qui a qualche anno esista ancora la proprietà privata, ovviamente.
Lo Starch riceverà negli orari e nei giorni stabiliti, il cliente dovrà solo pagare un ticket in portineria (per i meno abbienti però ci sarà l’esenzione) e ritirare un codice che lo indirizzerà in maniera del tutto casuale ad uno degli Starch del PPAL. Con questo sistema, lo Starch lavorerebbe con maggiore tranquillità, seguirebbe un numero congruo di assistiti senza l’ansia della fine del mese, senza bollette da pagare, contributi da versare, fatture da emettere e pagamenti da riscuotere. Inoltre farebbe molta meno fatica perché periodicamente il ministero tramite apposite circolari gli detterà la linea architettonica da adottare, suggerendogli i materiali, il linguaggio adeguato e le tecniche da applicare di volta in volta. Questo uniformerebbe finalmente il volto delle nostre città, mettendo un freno a questo dilagare della creatività e fine a questo pasticcio di stili senza regola. Nei momenti di scarsa affluenza o di noia lo Starch può seguire corsi di aggiornamento, giocare a Cityville su Facebook o chattare con gli amici, abbassando di molto il suo livello di stress.
Ma ci sarebbero numerosi vantaggi anche per gli assistiti: innanzitutto lo Starch diventando egli stesso un burocrate si rilascerebbe da solo le autorizzazioni che gli servono, o perlomeno saprebbe come fare a farsele rilasciare, accorciando bruscamente i tempi tecnici, inoltre non ci sarebbe più il timore delle parcelle salate e tutti ricorrerebbero alla figura dell’architetto alzando il livello tecnico e culturale delle costruzioni. In aree particolarmente sensibili o in occasione di eventi straordinari (Expò, G8, ma anche terremoti, dissesti idrogeologici gravi) si potrebbero erogare degli incentivi straordinari, perfezionando un sistema mutuale e premiale dell’architettura. Per quanto riguarda lo stipendio, per cominciare, anche 1000 euro al mese, nette, considerando che lo Starch non avrebbe praticamente nessun’altra spesa, sarebbe un compenso ragionevole. Cifra assai più elevata di quanto guadagnano oggi la maggioranza degli architetti autonomi, che ovviamente lavorano molto di più.
In breve tempo il Piano “Piano” rivoluzionerebbe il mondo lavorativo degli architetti italiani, donandogli un miglior tenore di vita, ovviamente tutti coloro che non vorranno aderire potranno continuare a fare gli autonomi e a rimanere fuori dalle PPAL.
(tratto da “L’Architemario – volevo fare l’astronauta” – ed. Overview, 2014)
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