LA STAMPELLA

la-stampellaSempre più raramente, Stefano riusciva a ritagliarsi qualche minuto per leggere. Era questa, certamente, una delle cose che più gli mancava.

Per questo motivo, non appena sentiva nell’aria il profumo della primavera, ossia nella prima metà di Aprile, Stefano usciva di casa qualche minuto prima nel pomeriggio e cercava una panchina vuota davanti al mare. Raggiuntola, estraeva un libro tascabile dal fodero della giacca e riprendeva la lettura là dove l’aveva interrotta l’ultima volta. A volte erano passati così tanti giorni, che Stefano aveva bisogno di tornare indietro di qualche pagina, all’inizio del capitolo, per ricordare i personaggi e l’intreccio della trama in corso.

Quel giorno Stefano era impegnato in un libro di racconti, per cui non ebbe bisogno di perdere altro tempo. Aprì il libro all’inizio di un nuovo capitolo e iniziò la lettura.

Erano trascorsi poco meno di cinque minuti e Stefano era ancora a metà racconto, quando la voce di una donna lo distrasse, costringendolo a sollevare lo sguardo dalle pagine.

La donna, bassa e corpulenta, sosteneva il passo lento di un uomo che avanzava spostando il peso, poggiandosi, ad un passo sulle spalle della compagna e ad un altro su una stampella.

Siediti qui” disse la donna, quando furono dinanzi alla panchina dove Stefano consumava la sua pausa lettura.

Io vado. Ci vediamo più tardi”, aggiunse la donna, mentre l’uomo sedeva stancamente, accostando la stampella fin quasi a toccare il braccio di Stefano che non si mosse.

La donna si allontanò, l’uomo reclinò il capo all’indietro socchiudendo gli occhi. Stefano fece finta di niente e si rimise a leggere.

Tuttavia da quando era arrivato l’uomo, le parole del libro non scorrevano più con la stessa fluidità. Stefano leggeva qualche riga e si accorgeva di non averle comprese. Ritornava indietro e le rileggeva con maggiore attenzione. Non riusciva più ad essere concentrato come qualche minuto prima. Si sentiva osservato, così con la coda dell’occhio prese a sorvegliare l’uomo accanto a sé, cercando di capire se lo stesse spiando. L’uomo, immobile, respirava lento.

Stefano esaminò la stampella, poi le gambe dell’uomo. Sembravano gambe del tutto normali, all’interno di un pantalone begie a costine. Ai piedi l’uomo indossava scarpe sportive, con la suola alta, da sopra spuntava un lembo di calzini a righe. Stefano, infine, dissolse lo sguardo, non voleva che l’uomo si accorgesse della sua curiosità.

Tornò a leggere, ma le parole gli sembravano ancora più confuse. Chiuse il libro e diede uno sguardo intorno. A circa cinquanta metri c’era un’altra panchina, valutò la possibilità di spostarsi ma proprio mentre stava decidendo di andare, una famiglia di turisti la occupò. Stefano si guardò ancora intorno: dal lato opposto altre due panchine erano circondate da un nugolo di bambini, ora uno di loro l’aveva colpita con una pallonata. Stefano decise di restare al suo posto, guardò l’orologio, era ancora presto, aveva a disposizione altri venti minuti, tanto valeva cercare di sfruttarli cercando di leggere. Riaprì il libro, gli sembrava di aver ritrovato la concentrazione quando il cellulare dell’uomo accanto a sé squillò.

L’uomo si destò come colpito da un pugno. Estrasse dalla tasca di dietro dei pantaloni un modello di smartphone piuttosto recente, guardò un attimo il numero sul display quindi rispose.

Sono sempre qui” disse subito.

Ma quanto ci metti ?” domandò.

Prenditi tutto il tempo che vuoi”, disse infine, tutto con lo stesso tono di voce, poi chiuse la telefonata.

Stefano provò ad ignorare la conversazione, tenendo lo sguardo fisso sulle pagine oramai incomprensibili del libro, ma l’uomo non riuscì a fare finta che Stefano non avesse sentito.

Trasse verso di sé la stampella sfiorando la gamba di Stefano e disse: “Era mia moglie”. Stefano non rispose.

La donna che prima era con me” precisò l’uomo al quale era venuto effettivamente il dubbio che Stefano non avesse notato né la conversazione né il momento del suo arrivo.

Stefano annuì, senza aggiungere nulla. Pensò che avrebbe voluto solamente terminare il racconto prima di andare al lavoro e se avesse dato confidenza all’uomo non ci sarebbe riuscito.

Lei è sposato ?” chiese l’uomo d’un tratto, sorprendendo Stefano.

Io no”, rispose.

Bene” disse l’uomo.

Non lo faccia”, aggiunse un attimo dopo.

Stefano cercò di ricordare le fattezze della donna che aveva accompagnato l’uomo alla panchina. Era bassa, con lo sguardo serio, aveva pressappoco l’età del marito ma un’energia diversa.

L’uomo tornò a reclinare il capo, richiuse gli occhi. Poi stese le gambe, poggiandole in maniera differente. Dalla tasca della camicia tirò fuori una sigaretta, se la rigirò tra le mani, poi chiese.

Ha da accendere ?”.

Stefano fece di no, solo con la testa. In qualche modo rifiutandosi di parlare.

Certo. Non ne ha bisogno”. Disse l’uomo scuotendo lentamente il capo.

Passavano di là due anziani proprio in quel momento, l’uomo sollevò il braccio agitando la sigaretta nell’aria, uno di quelli comprese e gli si avvicinò. L’uomo si infilò la sigaretta tra le labbra e quello gliela accese accostando la fiamma di un accendino.

L’uomo prese un lungo respiro, quindi soffiò una nuvola di fumo verso l’alto. Poi stese le gambe, e accavallò la destra sulla sinistra. Stefano seguiva tutte le mosse con un angolo dello sguardo, distraendosi continuamente dalle pagine del suo racconto.

Quando ebbe finito di fumare, l’uomo sollevò di nuovo la stampella e la sistemò meglio, poggiandola sul bordo della panchina, quindi riprese il cellulare e compose un numero velocemente. Quando quello dall’altro lato rispose, dichiarò subito: “Si. Sono solo. Dimmi pure”.

Una voce metallica parlò a lungo, Stefano sentiva il gracchiare provenire dall’altoparlante, anche se si sforzava di concentrarsi su altro.

L’uomo ascoltò il lungo messaggio, poi prima di chiuse la telefonata dicendo: “vediamoci al parco, tra mezz’ora”.

Stefano era alle ultime righe del racconto, tentò un ultimo sforzo di attenzione ma ora nella sua immaginazione era comparso un parco, cercava di capire quanto fosse grande e distante e ci piazzava dentro alberi altissimi e secolari. Quando Stefano sollevò di nuovo lo sguardo incontrò gli occhi dell’uomo che lo fissavano.

Mi ha detto che non è sposato, vero ?”.

Stefano annuì. Per far intendere: “si, non lo sono”.

Se un giorno vorrà farlo ci pensi bene prima. Se lo ricordi”. Ribadì l’uomo.

Stefano, fece un ultimo sforzo, terminò il racconto, provò a riflettere su quello che aveva letto, ma non si ricordava quasi niente. Allora poggiò il libro sulla panchina accanto a sé e controllò l’orologio. Erano trascorsi venticinque dei trenta minuti che si era dato a disposizione. Rimase allora qualche minuto in silenzio. L’uomo stava controllando dei messaggi sul cellulare.

I bambini avevano smesso di giocare a pallone e anche i turisti si erano allontanati, ma oramai era troppo tardi per cambiare panchina.

E’ doloroso ?” chiese improvvisamente Stefano sfiorando il manico della stampella.

L’uomo, senza staccare gli occhi dal display dello smartphone, rispose: “Ci dovevo pensare prima. Sono passati molti anni, mi sono abituato”.

Stefano rimase incerto qualche secondo, poi si riallacciò due bottoni della giacca e si alzò, fece un cenno con la mano all’uomo che a malapena se ne accorse e si allontanò, dimenticando il libro sulla panchina.

Fu l’uomo ad accorgersene, quando Stefano era già distante, e subito a riportarglielo.

Di corsa.

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