LA PAROLA “GRAZIE”

Mi è presa questa “fissa” che dico sempre “grazie”.

Come un intercalare.

Avete presente gli intercalari? Sono quelle parole che molte persone, all’interno di un discorso, utilizzano involontariamente.

Gli intercalari più frequenti sono: “diciamo”, “cioè”, “praticamente”.

Io invece dico “grazie”. Ovviamente non in mezzo ad un discorso, ma soprattutto alla fine. O singolarmente. Mi piace la parola “grazie”: è svelta e ha un bel suono.  Persino la “z”, che generalmente è una consonante ruvida, si ingentilisce. Forse per questo la pronuncio così spesso.

Ad esempio, al ristorante dico sempre “grazie” al cameriere.

Ringrazio al supermercato quando la cassiera, senza che io glielo dica, mi da una busta.

Se prendo il bus, alla discesa ringrazio l’autista.

L’altro giorno ho detto “grazie” ad un cliente mentre mi dava dei soldi. Cioè, erano soldi che mi doveva, ma io ho detto “grazie” lo stesso. Ma subito dopo è stato lui a ringraziare me, forse perché ha pensato che quei soldi fossero meno di quanti immaginava di dovermi dare; oppure perché semplicemente è educato, non lo so.

Così poi gli ho detto “prego” mentre lui lo diceva a me.

Ho pensato che anche al mio cliente la parola “grazie” deve piacere parecchio.

Una situazione simile, coi soldi, mi era già capitata, però al contrario.

In un negozio di abbigliamento ho comprato dei pantaloni e dopo aver pagato ho detto “grazie”. Non avevo ricevuto neppure uno sconto.

Così mentre lo dicevo ho pensato che doveva essere la negoziante a ringraziarmi, ma lei è rimasta muta.

Intendiamoci, sono sempre stato una persona piuttosto garbata, ringraziavo anche prima, ma non con questa frequenza.

Però sarebbe bello se questo intercalare del “grazie” si diffondesse. Che ad un “grazie” facesse eco un altro “grazie”. E come in una catena di cortesia, altri dieci, cento “grazie”. Negli uffici, in tram e nelle scuole, lungo le strade e nelle piazze sarebbe bello sentire tutto un risuonare di “grazie”.

A quel punto, se non fossero già inevitabilmente compromessi, si potrebbe persino fondare un partito. Il partito del “grazie”.

Una volta al governo, la prima riforma sarebbe quella della riforma degli intercalari.

La parola “grazie” andrebbe benissimo.

Ma anche “ciao”, “bello”, “amore”. In un disegno di legge verrebbero proposti come nuovi intercalari.

Lo so, non sarà facile.

Anche perché per ora, al partito saremmo iscritti solo in due: io e il mio cliente.

Nel frattempo mi sono accorto che continuo a ringraziare anche quando non ce n’è bisogno.

Stamattina, tornando a casa, ho trovato un furgone parcheggiato davanti alla porta del mio garage.

Sono stato un po’ ad aspettare, poi, siccome non succedeva niente, ho provato a suonare il clacson. Una volta sola. Un leggero colpetto, per non disturbare il vicinato.

Dopo qualche minuto è sopraggiunto un tipo,  mi è passato davanti camminando neanche troppo svelto. Mi ha fatto un cenno con la mano come per dire “ero appena arrivato…”, poi è montato sul furgone e l’ha spostato di circa un metro all’indietro, lasciandomi giusto lo spazio indispensabile per entrare nel garage. Poi è sceso, mi ha fatto un altro cenno con la mano come per dire “visto? L’ho spostata!” e si è allontanato ripassandomi davanti.

A quel punto io, non chiedetemi perché, gli ho detto “grazie”.

L’ho fatto, ma mentre lo dicevo già mi rendevo conto che non c’era niente di che ringraziare. Anzi, doveva essere il tipo, magari, a scusarsi e a ringraziarmi per la pazienza. Ma niente. Lui non ha detto niente, neanche “prego”.  

Immediatamente dopo, preoccupato, ho telefonato ad un mio amico medico per spiegargli della faccenda.

«E’ una malattia?» gli ho chiesto.

«Ma figurati. Stai tranquillo!».

«Quindi non esistono medicinali?».

«Credo proprio di no».

«Ma è grave? Che conseguenze da?».

«Penso nessuna».

Non mi ha convinto.

Io temo seriamente che alla lunga tutta questa educazione possa svantaggiarmi.

Il mondo potrebbe considerarla una chiara dimostrazione di debolezza.

Ed io, davanti alla porta del mio garage, ogni giorno troverò parcheggiato un furgone.

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