Camminando per le strade di Ginevra, la sera che ci arrivai, pensai si trattasse di una città molto silenziosa, funzionante, ordinata. Quando lo dissi alla gentile ragazza dell’ufficio informazioni, lei sorrise. Quello che a Ginevra ci sembra un meraviglioso silenzio, non è altro che la compostezza data al traffico veicolare e alle zone pedonali della città. Penso che la presenza del mare influenzi sempre, nella sostanza, la percezione di un luogo e credo che a Ginevra il lago somigli molto al mare, l’ho trovato come una presenza costante e sensibile, forse l’elemento più “rumoroso” nel quale ci si imbatte davvero. Dal punto di vista architettonico Ginevra è in cerca di identità. Più del centro storico il carattere dominante è quello delle banche e degli edifici di rappresentanza. Eppure Ginevra ha almeno un interessante, curioso, intervento urbano assente dalla totalità dei libri di architettura. Io stesso non avevo mai sentito parlare del quartiere Des Grottes detto “Les Schtroumpfs”, letteralmente “dei puffi” per l’insolita dimensione degli aggetti, delle finestrature, le colorazioni, la singolarità del disegno giocoso dei volumi. Ottant’anni dopo Gaudi, tre architetti svizzeri, Christian Hunzinker, Robert Frei, Georges Berthoud, confluiti in un gruppo comune dopo esperienze variegate, provano a reinterpretare in chiave ironica la vena poetica del maestro del modernismo, acquisendone la morbidezza delle forme e la cura quasi maniacale nel dettaglio. Posti a nord della stazione, su Rue Louis-Favre, questi tre edifici fanno parte di un piano di ricostruzione che doveva essere più ampio ma che si risolse nel ridisegno di questi volumi che tra di loro formano una corte interna. Il “quartiere dei puffi” ricostruisce un’atmosfera familiare ed accogliente, ad un fronte stradale quasi consueto, fa eco uno spazio interno assolutamente stupefacente. Forme inconsuete si susseguono su facciate sghembe che sembrano deformarsi come il burro al sole, si fa fatica a cogliere la sequenza dei livelli e si rimane colpiti dal singolo particolare quanto dalla visione di insieme così ricca di trovate singolari da disiorientare l’osservatore. Nel grande cortile un mucchio di bambini giocava sotto gli occhi tranquilli delle mamme, sembrava una piccola oasi in città, nessuno notava la mia presenza eppure, chissà perché, mi sentivo quasi un intruso. L’ispirazione del progetto è certamente quella post-modernista che intorno agli anni ’80 assunse diverse sfumature, dall’approccio articolato di James Stirling a quello leggero di Christian de Portzamparc o vagamente classicista di Robert Venturi. Dopo anni di razionalismo anche rigido, il desiderio è quello di stupire, costruire provocazioni, tra il metafisico e la geniale invenzione, avendo cura di non cadere nel kitsh. Una breve stagione di architetture singolari sulle quali l’attenzione della critica non sempre si è posata, ma forse lo farà con il passare degli anni. In ogni caso, se passate da Ginevra, ricordatevi del quartiere Des Grottes, o, se preferite, “dei puffi”.
La Ginevra dei puffi
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