Di recente è entrato a far parte dell’enciclopedia medica un disturbo del comportamento che riguarda la categoria degli architetti.
Si tratta di una patologia che si manifesta nel riporre nella partecipazione ai concorsi, e genericamente nei concorsi stessi, un’improvvida, sproporzionata, fiducia.
È detta “Concorsosi dell’architetto”.
La “Concorsosi dell’architetto”, in funzione delle modalità del decorso, può essere acuta, solitamente in prossimità della data di consegna; o cronica, laddove gli indici si mantengano stabili nel corso del tempo.
La comunità scientifica tende a distinguere la “Concorsosi dell’architetto” in “organica”, in presenza di una chiara sintomatologia tipo ansia, eccesso di aspettative e spreco di denaro ingiustificato; e “funzionale”, laddove i segnali si consolidino come standardizzati nell’atteggiamento e nella personalità del paziente.
In genere, nella maggior parte dei casi, un principio di “Concorsosi” compare fisiologicamente nella prima età adulta, in coincidenza col periodo di studi dell’architetto e subito al termine dello stesso. Tuttavia, tale sindrome mostra fortunatamente un decorso del tutto benigno, tendendo a scomparire naturalmente nello stadio evolutivo successivo detto della “mezza età”, quando l’architetto è portato ad acquisire autonomia economica ed è quindi costretto ad assumere maggiore consapevolezza e più importanti responsabilità.
Dal punto di vista immunologico si osserva che la partecipazione ai concorsi e la conseguente insoddisfazione generano nell’architetto la produzione di una tossina, detta “raziocinia”, che indirizza il suo sistema neuroendocrino verso una naturale immunità, conferendogli gli anticorpi dell’assennatezza.
Laddove la sintomatologia non scomparisse, nonostante il transito anagrafico e sociale di cui sopra, si può formulare la diagnosi di “Concorsosi dell’architetto”.
Circa le origini la medicina non si sbilancia: nella maggior parte dei casi il sopraggiungere della “Concorsosi” viene legato a fattori ambientali e ad una certa sprovvedutezza nei rapporti sociali. Tali forme, le più comuni, sono definite idiopatiche. In rari casi, però, si è osservato che la “Concorsosi dell’architetto” si possa trasmettere per interazioni continue con soggetti già malati. In questi casi si parla di “Conduzione di Concorcosi” o, più semplicemente, di “Concorcosi da contatto”.
Trattandosi di processo degenerativo (da qui il suffisso –osi), la “Concorsosi dell’architetto” non prevede una cura specifica. I medici hanno osservato che, nei casi più gravi, l’affezione non scompare nonostante la ripetizione dell’esperienza negativa, viceversa peggiora.
Da qui la propensione ad interpretare la patologia come una grave manifestazione della regressione dell’architetto dalla categoria dei vertebrati a quella degli artropodi, notoriamente incapaci di imparare dagli errori.
(quest’articolo è comparso su “Il giornale dell’architettura” nella rubrica “L’Archintruso” – LEGGI QUI)
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