La classifica dei 5 aggettivi dai quali un architetto dovrebbe stare alla larga

Ren 4Non so se ve ne siete accorti, ma è in corso un processo di patinata beatificazione della figura dell’architetto. Una sorta di degrado del garbo professionale al quale molto contribuiscono alcuni programmi televisivi ed in particolare quelli trasmessi dai nuovi canali del digitale terrestre dove gli architetti appaiono come dei fichissimi tuttofare, capaci di risolvere qualsiasi problema. Da quelli d’arredo allo scarico della lavastoviglie intasato. Interventi apparentemente straordinari che conferiscono all’architetto dei presunti super-poteri. Tuttavia una delle ambizioni, naturali, degli architetti oggi, è di essere considerati delle persone normali. E, dunque, di evitare di essere inquadrati con un appellativo che solo all’apparenza è un complimento ma di solito è in realtà una presa in giro o un tentativo di “paraculaggine” da parte di un estimatore finto ed ipocrita.

Ecco la classifica dei cinque aggettivi dai quali un architetto dovrebbe stare alla larga:

Al 5° posto: Moderno. Tutti gli architetti, anche quelli più tradizionalisti ed ingessati, prima o poi vengono definiti “moderni” da qualcuno. In primo luogo perché la modernità è un concetto vago, e poi perché in una casa basterà un minimo particolare per far dimenticare tutto il preesistente tendaggio in raso vintage e far diventare l’ ideatore un avanguardista. Qualche anno fa per essere moderno bastava saper disegnare in autocad, oggi il concetto è avanzato di qualche passo, ma basta impiegare qualche materiale sconosciuto, misurare le distanze con il laser e dire qualche parola in inglese per guadagnarsi la patente di modernità. Alcuni architetti vengono considerati moderni semplicemente perché viaggiano spesso, altri perché chattano con “what’s up”, altri perché alla domanda: “architetto come posso mandarle questi documenti ?”, rispondono “mi faccia una pec”.

Al 4° posto: Giovane. L’architetto è notoriamente, tra tutti, il professionista che invecchia più lentamente e che, forte di tale tradizione, spesso comincia già tardi la sua carriera, laureandosi a 40 anni. Quando un architetto è giovane per davvero, diciamo tra i 25 e i 35 anni, non è ancora davvero un architetto, al massimo fa “o’vaglione” da qualcuno meno giovane, in quanto la sua troppo giovane età non lo autorizza ad assumersi responsabilità e soprattutto a chiedere direttamente compensi. Quando si sforano i quaranta e, magari, si va per i cinquanta, a quel punto l’architetto può essere considerato veramente giovane e comportarsi da giovane. Vestire da giovane, mangiare da giovane, parlare da giovane e guadagnare da giovane, cioè come “o’vaglione” (del bar, del fornaio, del costruttore ecc.). Quando l’architetto sfonda il muro dei cinquanta,  ma gira ancora nella Smart coupè, a quel punto viene utilizzata la variante “giovanile” che però ha il sapore di una presa per il culo. Quando un architetto è vecchio, ma vecchio davvero, diventa “esperto” o, al limite, “consumato”.

Al 3° posto: Creativo. Il mito dell’architetto che crea, va sfatato al più presto poiché fasullo come gli occhiali dell’intrepido che promettevano di vedere attraverso i vestiti. Tutto ciò che si poteva inventare, infatti, lo hanno già inventato da qualche parte del mondo, quindi l’architetto non crea, al massimo, se è ben informato, copia. La maggior parte delle volte, per essere definito “creativo”, all’architetto basta un piccolissimo sforzo come ad esempio disegnare qualcosa di asimmetrico o un angolo non retto. A volte può semplicemente bastare la tinteggiatura di una parete in un colore assolutamente improbabile. In genere quando un architetto considerato “meravigliosamente creativo” si fa prendere troppo la mano, ci mette poco a diventare “completamente fuori di testa” e quindi a dedicarsi al design o, meglio ancora, all’arte concettuale.

Al 2° posto: Alternativo. Quest’aggettivo viene usato spesso per sopperire ad altri aggettivi meno cortesi. Quando non si sa bene come definire un architetto con comportamenti stravaganti, anticonformisti o semplicemente insulsi, allora, magari con un espressione rassegnata lo si definisce “alternativo”. Spesso l’alternatività può manifestarsi in caratteristiche estranee all’ambito professionale, tipo nel taglio dei capelli o per il possesso di alcuni accessori. Ecco una serie di articoli che possono garantire ad un architetto il titolo di “alternativo”: la montatura degli occhiali in tartaruga, la borsa di cuoio con la tracolla di jeans, i pantaloni stracciati al ginocchio, gli infradito in pelle anche d’inverno, i capelli “sale e pepe”, i calzini a righe colorati, le bretelle sopra la camicia, la Renault 4 giallo canarino, la giacca di velluto con le toppe ai gomiti anche d’estate o il tatuaggio sul collo.

Al 1° posto: Geniale. E’ l’evoluzione degenerativa di “creativo”. Il passo successivo che coincide anche con il punto di non ritorno. Chi definisce l’architetto “geniale” lo fa per uno di questi tre motivi. 1) Gli ha rovinato l’appartamento e ha bisogno di una scusa per giustificarlo e giustificarsi con i parenti; 2) Non ha capito niente di quello che gli dice e di quello che ha intenzione di fare; 3) Gli ha pagato una parcella astronomica e ne cerca il motivo oppure, in alternativa, lo adula perché non lo vuole pagare.

Statisticamente, per l’architetto, dopo “geniale” viene subito “stronzo”.

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