Cara mamma.
Ti scrivo dalla mia isola di villeggiatura.
E’ così che viene chiamata.
Perdonami se lo faccio solo ora, dopo un mese dal mio arrivo; ma gli eventi sono stati talmente rapidi e ravvicinati che non vi è stato modo di avvertirti.
So che mi credevi dimorato presso gli zii in campagna, e che, solo successivamente sei venuta a sapere dei miei cambi di programma e dei relativi spostamenti.
Non stupirti dell’austerità del mio linguaggio: ho necessità di scrivere in tal modo, per poterti comunicare gli avvenimenti.
So che non ti spiacerà sapermi su un’isola.
Anni fa eravamo stati a Capri, ricordi ?. C’era ancora papà, ci caricò sul traghetto nel più bello dei nostri giorni di festa. Siccome avevamo entrambi paura del mare, stette tutto il tempo a tenerci la mano per farci coraggio: e quel viaggio trascorse in un attimo.
Rammenti, sbarcando, quant’eravamo felici?!.
La mia traversata non è stata rapida, come quella. Abbiamo incontrato mare increspato e onde alte fino a tre metri; solo poco prima dell’ingresso al porto romano, il maestrale si è affievolito, come mosso da un sentimento di compassione nei nostri confronti.
Sul battello ho avuto il tempo di fare la conoscenza di altri villeggianti.
Vengono da diverse regioni italiane. Chi dall’Emilia, chi dalla Liguria o dal Veneto. Altri come me dalla Campania, o ancora più a sud, dalla Sicilia. Ci sono anche alcuni stranieri: croati, albanesi, spagnoli.
All’approdo gli isolani ci hanno scrutato a distanza, con indifferenza, credo siano piuttosto abituati, di questi tempi, a ricevere visite; personale in divisa, viceversa, ci attendeva al molo. La loro accoglienza ha rispettato un cerimoniale tanto formale quanto rigoroso.
Dopo le formalità anagrafiche, siamo stati accompagnati nelle nostre camere e suddivisi per affinità, così da fare più agevolmente amicizia. Io ho legato immediatamente con un avvocato ligure di nome Sandro, lui è qui da prima di me ed è molto conosciuto in paese. Lo stimano tutti, anche chi dice di contrastarlo. E’ di grande temperamento; se le cose andranno come speriamo, sentiremo ancora parlare di lui.
Ma qui, le eccellenze non mancano: ho trovato ingegneri, filosofi, scrittori, professori di liceo e scienziati. Una incredibile concentrazione di cervelli! Te lo saresti mai immaginato, mamma?.
Altiero, Umberto, Camilla, Mario, Ernesto, Eugenio, sono loro a dare vita ad interminabili discussioni, che a volte sfociano in liti verbali nelle quali finiamo per essere coinvolti anche noi altri.
Le stanze qui sono ampie, con letti disposti ordinatamente e servizi igienici attrezzati alla meglio, che condividiamo con grande spirito di adattamento.
Abbiamo pure un codice che ci indica i comportamenti da assumere: si tratta di una misura di sicurezza per consentire che tutto si svolga nel migliore dei modi e non vi siano incidenti. In ogni caso vi sono delle guardie che controllano che tutto proceda senza sovvertimenti, violare il codice non è prudente: il capo isola viene immediatamente avvertito e disgraziatamente non può fare a meno di impartire delle «adatte sanzioni».
Si pranza insieme, in strutture capienti che chiamiamo “mense”. Ce ne sono diverse. Il cibo è tradizionale, non cediamo ai peccati di gola, i pasti sono votati all’essenzialità.
Qualche problema riguarda l’assistenza medica, ma si tratta di una questione che in vacanza capita dappertutto, figuriamoci nelle isole.
Il clima è mite: si rimane volentieri all’aria aperta. A conversare, ma solo in coppia, per riservatezza; le notizie corrono così, svelte come in un vivace passaparola.
Ci resta molto tempo per camminare: il tragitto dell’isola è breve, meno di un chilometro a percorrerla tutta. In un giorno possiamo farla dieci volte avanti e indietro. In compenso abbiamo il beneficio di non perderci mai di vista, di conoscerci tutti e di sapere subito circa eventuali cambiamenti.
Andiamo al mare, non sempre però. Una volta a settimana, nella cala a sud-est, da là vediamo arrivare i battelli e i rifornimenti, se il tempo è buono. Quando posso mi fermo al termine della via sopra il porto e da là guardo il mare. Ora conosco i venti, riconosco la violenza delle onde, ho fiducia nell’equilibrio degli scafi. Il mare è un ponte, fatto per unire non per dividere le persone. Non possiamo essere nemici, io e lui.
A sera, il tramonto ci sorprende spesso in piazza, ad ascoltare la radio davanti all’orologio del piccolo campanile, perennemente fermo; non credo sia un caso: il nostro tempo ha un sapore diverso qui.
Per adesso, e tu puoi darmene conferma, nessuno di noi sa quanto durerà la sua villeggiatura. C’è chi dice che in breve torneremo alle nostre abitazioni, chi invece suggerisce di abituarsi all’isola che il soggiorno sarà duraturo, tanto che alcuni hanno aperto una piccola bottega qui sull’isola: un modo diverso di trascorrere queste ferie. Essere su un’isola non ci toglie la curiosità di conoscere le cose del continente: in tutti noi villeggianti vi è il desiderio di mettersi al lavoro per il domani. Sandro lo dice sempre: “una volta che la vacanza sarà terminata, ci sarà da rimboccarsi le maniche”.
E’ vero: anche quando tutto sembra perduto, non bisogna smettere di coltivare la speranza.
C’è da fare in modo che i nostri figli possano scegliersi da soli i luoghi di villeggiatura, senza codici di comportamento e guardie che controllano ogni loro passo. Vorremmo che torni la possibilità di scrivere e pensare quello che desideriamo e che non si nasconda dietro l’alibi della sicurezza lo spettro di nuova sovranità. Bisogna tornare per raccontare tutto, tenere viva la memoria, fare in modo che tra cinquanta o cent’anni, la gente non cada nuovamente negli stessi errori del passato.
Mamma, puoi stare tranquilla. La disciplina che mi hai insegnato mi consentirà di trascorrere serenamente questo periodo di villeggiatura. Senza cedere al lassismo. Senza tradire la mia volontà.
Immagina che, appena sarà possibile, torneremo a Capri. In villeggiatura, vera.
Ora che non ho più paura del mare, sarò io a tenerti la mano.
Ti prometto che sarai felice come quella volta.
Tuo.
Ventotene, 4 Agosto 1941.
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