Se c’è una cosa che abbiamo imparato in circa un anno di pandemia, è che la colpa di tutto ciò che di brutto accade, è sempre dei cittadini.
Colpevoli di andare in giro senza mascherina, di incontrare i parenti, di andare in vacanza, al ristorante, in discoteca, di bere l’aperitivo e di giocare a tombola.
Se nella repubblica dei comizi in videochiamata si governa alimentando il senso di colpa degli asserviti, redarguendoli e punendoli, l’inevitabile è disporre divieti che, spesso, nulla hanno a che fare con il freno dei contagi.
Ma in una società così riottosa al buon senso, imbestialita dai social (gli adulti) e rincoglioniti dalla didattica a distanza (i giovani), l’invocazione delle regole tende a produrre risultati altalenanti. Dove quelli positivi sono certamente frutto di un’educazione pregressa e non certo generati dai continui appelli del predicatore di turno.
In tal senso fa specie che gli «integralisti delle regole» siano così impegnati nel tenere le scuole chiuse. Sono coloro che a scuola ci sono andati poco o per niente. O, se ci sono andati, non hanno capito a cosa gli serviva.
In un paese civicamente più educato, maggiormente istruito, non ci sarebbe bisogno di spiegare, ogni volta, le correte modalità di comportamento.
Già solo per questo, le scuole andrebbero riaperte subito, per tentare di avere adulti sufficientemente consapevoli domani (e, aggiungo, per lo stesso motivo, dovrebbe ripartire appena possibile, anche la pratica dello sport).
Viceversa, se non si vuole trasformare un paese in uno stato di polizia, oggi l’unico strumento a disposizione rimane la persuasione.
Tuttavia la “moral suasion” funziona solo se proviene, come da definizione, da «una personalità o da un organismo a cui è unanimemente riconosciuta autorevolezza».
E’ ridicolo chiedere il rispetto di leggi, intese, accordi verbali e norme di civiltà se non si è capaci di dare il buon esempio.
Se le regole vengono regolarmente piegate per favori di parte, la correttezza istituzionale ignorata, la moralità messa a servizio degli interessi economici e dell’ego personale, nessun appello alla responsabilità e al rispetto delle regole è credibile.
E, infatti, lo si può facilmente verificare, non lo è. Non lo è più.
Vale per tutti il prototipo del governatore De Luca che, aggirando i protocolli, si fa iniettare la prima dose del vaccino e poi si scagiona, lodandosi come “cavia”.
Spettacoli indecorosi che si ripetono ad ogni livello dei quadri di comando: dal governo nazionale, agli studi televisivi. Dalle assemblee regionali fino al più irrilevante dei consigli comunali.
Risse verbali, sproloqui irriverenti, crisi di nervi, ripetute violazioni delle più basilari regole del confronto, fossero anche solo quelle dell’educazione.
Possono i cittadini essere più “realisti del re”?
La letteratura è piena di splendide citazioni sul caso.
La sintesi perfetta la compie Dostoevskij che in “Diario di uno scrittore” annota: “Prima di predicare altrui, date voi stessi l’esempio”.
(nell’immagine: il governatore della Campania Vincenzo De Luca vaccinatosi, senza averne diritto, il 27 Dicembre – seconda dose il 18 Gennaio – primo politico in Italia. Tanto per intenderci: dopo due mesi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ancora aspetta il suo turno)
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Leggendo le riflessioni di Christian, in tema di credibilità e autorevolezza dei nostri politici, mi è venuto in mente il celebre film “Gli ammutinati del Bounty”. Alla ricerca dell’albero del pane, la nave approdò su un’isola meravigliosa ove c’era una tribù molto ospitale e ricca di bellissime donne. Una panacea per i marinai che, dopo tante traversie, scesero a terra e furono accolti tra le braccia delle fanciulle, tra cibo abbondante e danze sfrenate. Al Capitano, che fu l’unico uomo a rimanere a bordo, fu chiesto il perché di tanta ostinazione a non unirsi alle feste. Egli rispose, perché poi “Non puoi pretendere rispetto e obbedienza ai compagni di baldoria e gozzoviglie”.
– Quanti dei nostri politici si comporterebbero come quel Capitano? E, soprattutto, quanti di questo popolo di “poeti e di navigatori” sarebbero disposti, anche in un periodo di emergenza come questo, a sottostare a ferree discipline prima di ammutinarsi?
– Per noi italiani, questi sono processi di sensibilizzazione lunghi.
– Anche quando si tratta di vita o di morte. Purtroppo.
Gino Amato