Il mese scorso, sotto casa mia, si è verificato un guasto.
Improvvisamente l’erogazione dell’acqua è stata sospesa e i rubinetti si sono prosciugati.
In breve è sopraggiunta un’utilitaria bianca con la scritta “ufficio manutenzioni” sul cofano. Ne è venuto fuori un uomo grosso con la barba e una salopette di jeans unta di grasso.
Era seguito da un ragazzo biondo mingherlino con una borsa di cuoio colma di attrezzi a tracolla.
L’uomo con la salopette ha dapprima fissato un tombino, quindi si è spostato di qualche metro e, come un rabdomante, ha indicato un punto del basolato al ragazzo.
Il giovane è tornato nell’autovettura e ne ha estratto un «piede di porco», una pala, uno scalpello e un martello di ferro.
L’uomo con la salopette unta di grasso, tenendo le mani sui fianchi, ha spiegato al ragazzo cosa fare. Questi ha iniziato a picchiare forte col martello sullo scalpello, fino a quando, aiutandosi col «piede di porco», ha sollevato tre grosse pietre di basalto facendole rotolare di lato.
A questo punto ha imbracciato la pala e ha scavato fino a quando non ha scoperto una tubazione.
Dal balcone di casa osservavo tutto.
Poi il ragazzo si è fatto da parte e l’uomo grosso con la salopette si è disteso, pancia a terra, per esaminare la tubazione.
Nel frattempo alcuni curiosi si erano fermati a guardare.
L’uomo, visibilmente infastidito dai nuovi arrivati, ha lavorato qualche minuto con una grossa tenaglia, quindi si è sollevato, ha estratto un pacchetto di sigarette dalla tasca anteriore della salopette se n’è accesa una.
Intanto il ragazzo dipanava una matassa di canapa pettinata, di quelle che si utilizza per le guarnizioni.
Nel pomeriggio l’acqua era tornata regolare, così ho pensato che il guasto fosse stato riparato.
Il mattino dopo i vigili hanno portato delle transenne e alcuni rotoli di nastro bianco e rosso.
Al mio ritorno ho trovato un cantiere perfettamente recintato, erano stati apposti anche alcuni avvisi di pericolo.
Accanto al fosso c’era l’uomo con la salopette che discuteva con un tipo magro con gli occhiali che indossava un maglioncino granata.
L’uomo con la salopette infuriato si sbracciava, ma l’altro sembrava non dargli retta. Sono stato tentato di avvicinarmi per capire cosa si stessero dicendo, poi ho tirato dritto.
La mattina dopo sono stato svegliato presto dal rumore di una benna che spostava altri conci di basalto.
Istintivamente ho girato la manopola del lavello, il rubinetto ha fatto un rumore tipo un rutto quindi l’acqua è venuta fuori a fiotti, singhiozzando.
Dallo scavo del giorno prima, adesso, ne partiva un altro che lo univa ad una grata che si trovava a circa dieci metri di distanza. L’uomo barbuto con la salopette stava nuovamente discutendo con il tipo con gli occhiali.
Dopo qualche minuto è sopraggiunto un ragazzotto col casco giallo e l’orecchio incollato allo smartphone, l’uomo barbuto ha provato a dirgli qualcosa ma quello non lo ascoltava neppure.
Finché l’uomo barbuto, urlando qualcosa, si è allontanato.
I blocchi di basalto sollevati, intanto, erano stati ammassati ai lati dello scavo.
Il rotolamento dei conci produceva una vibrazione che si avvertiva fin lungo le pareti del fabbricato, facendo tremare le vetrate dei balconi.
Sono rimasto a fissare la scena per qualche minuto. Prima di uscire ho provato ad aprire il rubinetto nel bagno ma ne è uscito giusto un sottilissimo filo d’acqua.
Quando sono passato dinanzi allo scavo il tizio con gli occhiali era sparito mentre il ragazzotto col casco giallo stava ancora parlando al telefono. Avevo intenzione di chiedergli qualche informazione sul ritorno dell’acqua corrente, ma la telefonata sembrava non finire mai così ho rinunciato.
Quando all’imbrunire sono tornato a casa il cantiere era chiuso. Una lunga fila di transenne recintava l’intero scavo. Gli avvisi si erano moltiplicati ed era stata anche apposta una luce intermittente rossa per segnalare il pericolo.
Mi sono sporto verso l’interno della trincea.
Una tubazione la percorreva interamente.
Un tratto in acciaio lucido brillava e sembrava di recente posa, il restante mostrava l’usura arrugginita del tempo. Al termine dello scavo tre tubazioni si univano in un blocco in calcestruzzo, quindi scomparivano sotto la superficie del basolato.
A casa l’acqua era tornata regolarmente. Mi sono rassicurato, “è probabile” ho pensato “che il guasto sia riparato e domani richiudano tutto”.
La mattina seguente sono stato svegliato dal vociare di alcune persone che discutevano animatamente proprio sotto il mio balcone.
I lavori erano fermi.
L’uomo grosso con la barba e la salopette litigava con due tizi. Uno era l’uomo dal maglioncino granata, l’altro era un signore piuttosto anziano con una giacca blu e la pochette. Hanno continuato a discutere per diversi minuti. Dal balcone riuscivo a riconoscere solo alcune parole.
L’uomo con la salopette diceva: “pressione, cravatta, giunto, portata”.
Il signore anziano rispondeva con: “contratto, appalto, ribasso, assessore”.
Di tanto in tanto interveniva quello col maglioncino granata ripetendo: “Guasto! Guasto!”.
Qualche metro più in là, appartato, il ragazzotto col casco giallo era sempre impegnato in una conversazione telefonica.
Ho aperto il rubinetto della cucina: l’acqua scorreva regolarmente.
Quando sono uscito i due tizi ben vestiti non c’erano più, l’uomo barbuto si era poggiato al muro dell’edificio e stava fumando. Sembrava meno agitato, così mi sono avvicinato.
“C’è stato un guasto?” gli ho chiesto.
L’uomo mi ha squadrato dall’alto in basso come fossi un intruso, quindi, senza estrarre la sigaretta dalla bocca, mi ha risposto: “Nessun guasto, finora“.
Poi ha aggiunto che per adesso l’acqua sarebbe stata regolare perché “lui aveva creato un by-pass”.
Ho notato che scandiva con cura le parole “lui” e “by-pass”. Poi, sottovoce, aspirando profondamente e socchiudendo gli occhi, ha aggiunto: “…intanto prepari le bottiglie…”.
Quindi si è allontanato barcollando.
Ad ora di pranzo sono ripresi i lavori. Il tizio magro con gli occhiali controllava.
Accanto ad una delle transenne era stata disposto un banco di lavoro con una saldatrice. Una serie di tubazioni di varie sezioni erano sparpagliati sul selciato. Da un furgone due operai facevano avanti e indietro portando pinze, tenaglie, cavi d’acciaio e attrezzi vari. Le luci intermittenti erano diventate quattro.
Molti curiosi osservavano la scena.
Accanto al primo scavo era stato posizionato un cartello di cantiere con la dicitura degli interventi a farsi, il direttore dei lavori, il progettista, la ditta specializzata e anche l’importo, piuttosto consistente. Comparivano due ingegneri, un architetto, un geometra, un dirigente tecnico e anche un geologo.
Il giorno dopo il cantiere era in piena attività e lo scavo era stato allargato di parecchio. Molte persone, almeno una decina, poggiate alle transenne osservavano con attenzione scambiandosi commenti. Anche il ragazzotto col casco giallo ne utilizzava una per reggersi mentre discuteva al telefono.
Verso le dieci sono arrivati alcuni ragazzi accompagnati da una donna che doveva essere la loro insegnante. Si sono fermati a qualche metro dalla recinzione. L’insegnante ha preso la parola e ha iniziato a spiegare il “principio di Bernoulli”.
Anche alcuni passanti si sono avvicinati, mettendosi in ascolto.
Il giorno dopo la scena si è ripetuta più o meno uguale. Al mattino sono arrivate due rumorose scolaresche, nel primo pomeriggio si è formato un capannello di persone che discutevano intorno al cantiere.
Intorno alle sedici, mentre gli operai riponevano i “ferri”, all’improvviso c’è stata un’esplosione. E lentamente da un tombino posto dall’altro lato della piazza è cominciata a montare una perdita d’acqua. Sempre più forte, finché ha formato una sorta di geyser alto mezzo metro.
Mentre l’acqua minacciava di entrare nei negozi, gli operai tentavano in tutti i modi di fermare la perdita. Sono sopraggiunte due auto dei vigili, quindi un’altra auto di grossa cilindrata dalla quale è disceso l’uomo con la giacca blu e la pochette.
La folla che si era formata osservava attonita appena fuori dal perimetro della piazza.
Nell’inevitabile confusione, tutti si davano un gran daffare. Finché, dopo circa mezz’ora, la perdita ha perso d’intensità e il cantiere è stato richiuso. La piazza era completamente allagata. La donna che gestisce il bar continuava a spazzare via acqua dall’uscio, bestemmiando.
Il mattino dopo l’erogazione dell’acqua era stata sospesa nuovamente. Mi sono affacciato: era tornata la calma, le tubazioni erano ancora sparpagliate sul selciato e lo scavo scoperto.
Verso le dieci è arrivato un treruote che trasportava delle sedie. Un piccolo uomo le ha disposte in tre file ordinate. Quindi ha parcheggiato il mezzo in un angolo della piazza e si è allontanato a piedi.
Intorno mezzogiorno l’acqua è tornata, ma appena per un’ora.
Nel pomeriggio è sopraggiunta una comitiva di studenti universitari. La maggior parte di loro si è subito seduta ordinatamente, altri hanno fatto delle foto allo scavo. Dopo qualche minuto è arrivato un signore distinto dai capelli brizzolati. Alla sua comparsa il brusio dei giovani si è immediatamente placato. L’uomo ha parlato per circa venti minuti, quindi ha ceduto la parola all’uomo con la giacca blu e la pochette.
Gli studenti seguivano attenti, molti tenevano un block-notes aperto sulle ginocchia sul quale appuntavano i passaggi fondamentali. Di lato, a braccia conserte, il ragazzotto col casco giallo, sempre attaccato al telefono, annuiva convinto. Alla fine è arrivato anche un politico locale scortato dai vigili, nel suo breve intervento ha prima salutato i presenti e fatto i complimenti a tutti per l’iniziativa, poi ha illustrato i progetti per il futuro. C’è stato anche un applauso. Alla fine il signore distinto ha invitato tutti a prendere un dolce alla pasticceria di fronte.
L’uomo del treruote è tornato a riportare via le sedie.
Il giorno dopo il cantiere era fermo. L’acqua andava e veniva.
Sono stato costretto ad organizzarmi con delle bottiglie che riempivo ogni volta che ne scoprivo il ritorno. Mi sono ricordato delle parole dell’uomo con la salopette.
Così è stato per i successivi quattro giorni.
Avrei voluto chiedere spiegazioni ma il cantiere era deserto.
Le luci continuavano a lampeggiare, impassibili, per tutto il giorno.
Il quinto giorno c’è stato un forte temporale e lo scavo si è completamente allagato.
Due giorni dopo, improvvisamente, sono sparite le tubazioni e il banco lavoro.
Il Lunedì successivo, appena sveglio, mi sono affacciato dal balcone e ho visto l’uomo barbuto con la salopette che dava indicazioni al suo giovane collaboratore. Il ragazzo con una pala stava riempiendo di nuovo tutto lo scavo. Nel pomeriggio, lentamente, insieme hanno riposizionato i conci di basalto. E’ rimasto scoperto solo un piccolo fosso in coincidenza del primo scavo. L’uomo barbuto si è calato nel buco e con una grossa pinza serra tubi ha armeggiato intorno ad un collegamento per qualche minuto.
Quindi si è sollevato e ha detto al ragazzo biondo di riempire il buco e di riposizionare l’ultimo concio.
Intanto, poggiato all’utilitaria bianca dell’ufficio manutenzioni, assisteva alla scena, fumando, visibilmente soddisfatto.
A sera l’acqua era tornata regolarmente a scorrere dai rubinetti della mia casa.
Il giorno dopo hanno portato via tutto: transenne e luci.
L’ultima traccia, il cartello di cantiere, è stato poggiato accanto al cestino dei rifiuti.
E’ stato smaltito di giovedì, con la raccolta dell’indifferenziato.
FOLLOW ME ON TWITTER: @chrideiuliis – search me on LINKEDIN
Per non farsi trovare impreparati dalla prossima ondata, ove mai vi fosse, è disponibile il mio libro: “L’Architemario in quarantena – Prigionia oziosa di un architetto”. CLICCA QUI PER ORDINARLO SU AMAZON
Leggi anche: La fontana dei leoni da tastiera