GENERAZIONE SCIATTERIA

Sono sempre più frequenti le occasioni che mi spingono a pensare che dev’esserci stato un momento in cui, senza un particolare preavviso, abbiamo perso il controllo della generazione “Zoomers”, cioè dei nati all’inizio del nuovo millennio e fino al 2010.  

Mi convinco, così, che c’è certamente stato un istante in cui il piano si è inclinato, irreversibilmente, e la biglia è iniziata a scivolare verso l’irrimediabile.

In una riedizione di “The game”, il sensazionale libro del 2018, Alessandro Baricco potrebbe inserire un aggiornamento su questi nativi digitali e cresciuti irrazionali.

Forse eravamo distratti dalla pandemia, troppo impegnati ad occuparci di noi stessi o semplicemente non ce ne fregava niente di loro. E così, questi ragazzi, si sono persi le nozioni alla base della convivenza civile, inchiodati ad un monitor o, peggio ancora, allo schermo dello smartphone. Assenti gli adulti, i genitori, i fratelli maggiori, gli insegnanti, i modelli positivi.

Non instradati ma ignorati. Se non persino irretiti da cattivi maestri e «ammaestrati» con pessimi esempi (condominiali, locali, nazionali, mondiali…).

I frutti che raccogliamo da questi adolescenti (non tutti ovviamente, ma tanti) sono la sfacciataggine, il narcisismo e il disprezzo per le regole in nome di una non chiara «libertà personale».

Privi di rispetto verso qualsiasi forma di autorità, laddove legittima naturalmente, con la quale trattano con un misto tra bullismo e maleducazione.

Nessuna morale. La moralità è una faccenda personale, non un software; se questi comportamenti sono usuali, vuol dire che i principi di comportamento flettono. Se la “normalità” si accosta all’incuria, sono i valori ad essere cambiati.

Né tantomeno è il caso di recuperare luoghi comuni di nessuna efficacia: “ai tempi miei …“ eccetera. Le prediche annoiano. Grottesco pure invocare forze dell’ordine, telesorveglianze, richiami alla leva militare, punizioni, sanzioni… Inutile: oramai la realtà è arrivata e, rumorosa e sfrontata, si è accomodata.

Ora più del maresciallo dei carabinieri servirebbe un pedagogista. Più utile della stazione di polizia sarebbe certamente un oratorio (preferirei laico).

Quale futuro attende questa generazione? E quale futuro attende noi che ne siamo già, invisibili e impotenti, le inevitabili vittime? C’è un modo per raddrizzare questa china?.

Non possiamo disinteressarcene, voltarci dall’altra parte, minimizzare o sostenere che non interessa noi ma “gli altri”. Noi siamo “gli altri”. Trattando in questo modo il problema, ne siamo diventati anche causa.

In questo momento, per questa ferita, chi è in grado di farlo deve cercare un rimedio.

Ma solo se pensiamo di essere una comunità in sviluppo e non irrimediabilmente in macerie.

P.S.: E’ comprensibile, anzi auspicabile, che in questa sciatteria, i giovani viceversa validi non vogliano più stare. Ed è giusto così: i migliori vadano altrove. Che cerchino un posto dove migliorarsi ancora e, volendo anche fugacemente tornare, siano esempio per i coetanei, per me e per tutti gli altri.

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