GENERAZIONE MILLENOVECENTOSETTANTACINQUE (FINALMENTE TOCCA A NOI !)

JeegRobotdAcciaio18L’altra sera mi è successa una cosa strana. Ve la voglio raccontare, magari a qualcuno è accaduta uguale e può aiutarmi a capire. E’ stata una specie di esperienza extra sensoriale, un caso di telepatia mediatica che mi ha sconvolto la Domenica sera. Dunque, ora a mente fredda, provo a raccontarvi questa sorta di viaggio psicotico effettuato senza assunzione di stupefacenti. Erano circa le 22, ero rientrato da poco a casa, ho cenato in modica quantità e non ho bevuto alcolici, mi pare solo un bicchiere di aranciata; quindi mi sono seduto sul divano, ho acceso la tele e ho cominciato a fare uno zapping lento e distratto. Ad un certo punto ho notato che su un paio di canali diversi, c’era un signore, un ragazzo, che però sembrava adulto, ben vestito, pettinato con la riga laterale e la cravatta scura sulla camicia bianca. Questo ragazzo parlava in una sala molto grande davanti ad un sacco di gente con delle bandiere strane, erano tricolori con delle lettere sopra e tutti le sventolavano furiosamente, tipo allo stadio quando entrano le squadre e le curve fanno la coreografia. La trasmissione in contemporanea mi ha incuriosito ed inquietato al tempo stesso, in principio ho pensato fosse successo qualcosa di grave, tipo una dichiarazione di guerra, l’imminente sbarco degli umani su Marte o dei marziani sulla terra. Sembrava davvero fosse successo qualcosa di straordinario perché questo signore ben pettinato stava ringraziando un sacco di gente, forse anche me, non ho capito bene. Poi ha parlato di gioia, sorrisi, lacrime, orgoglio, responsabilità, speranza, così ho pensato fosse una specie di prete, senza tunica però, forse di qualche setta laica. Poi sempre questo signore ha preso a fare un discorso particolare sull’onestà, la fiducia, non mi ricordo bene le parole però io ad un certo punto ho creduto che era tipo quelli che vogliono venderti l’enciclopedia o i materassi, che prendono il discorso molto da lontano e poi ti fanno l’offerta e tu, che oramai ti fidi di lui, senti che non puoi non accettare. Ma i materassi non arrivavano mai e neanche le pentole o la bici con il cambio Shimano.

Ad un certo punto sono riuscito a capire che questo signore parlava di qualcosa che aveva vinto, una specie di votazione, con tipo due milioni di voti, con gente che aveva addirittura pagato per votare, però sempre questo ragazzo assicurava che poi, non subito, dopo non si sa quando, avrebbe portato un resoconto di come aveva speso tutti questi soldi. Siccome oramai ero molto curioso ho continuato ad ascoltare, perché oramai sentivo che qualcosa di speciale prima o poi sarebbe successo. Io che, stanco dopo una giornata di centro commerciale, ero collassato sul divano pensando di potermi godere in santa pace un paio di ore di inutili chiacchiere di pallone, mi ritrovavo dinanzi questo tipo che comincia a dirmi che devo impegnarmi, che non mi posso più tirare indietro, che è arrivato il cambiamento.

Così ad un certo punto questo signore si è molto infervorato, è stato quando ha cominciato a dire che toccava a noi. Noi chi ? “Con chi ce l’ha questo tipo qui ?” mi chiedevo. “Tocca a noi”, ha detto proprio così e ha cominciato a dire cose che tutto sommato riguardavano anche me, tipo il muro di Berlino, Falcone e Borsellino, l’euro e poi non mi ricordo bene cos’altro. A questo punto volevo capire chi fosse questo signore e siccome ho immaginato fosse il suo nome, quello scritto su dei cartelloni attaccati là in giro, ho googlato il suo nome, che ora però, davvero, ve lo giuro, non me lo ricordo più. E così ho scoperto che questo signore è nato proprio il millenovecentosettantacinque, cioè io e lui siamo proprio coetanei, quindi quando ha detto “tocca alla nostra generazione”, ho capito che ce l’aveva proprio con me. Cioè “noi” comprendeva proprio anche me. Da quel momento, non mi ricordo bene tutto, ma certamente ho perso lucidità, mi sentivo protagonista, la televisione parlava di me, di noi, della generazione del millenovecentosettantacinque (ma mettiamoci dentro anche il settantasei, sette, otto, noi insomma) che non se l’è mai cagata nessuno, che non ha mai contato niente, che è precaria, sfiduciata, sottopagata, avvilita, emigrata, sudavo freddo e al tempo stesso sentivo un gran calore salirmi dallo stomaco, mi sono tolto la maglia e ho cominciato a sventolarla nel soggiorno saltando sul divano che ho tirato al centro della stanza, poi ho spento la luce e ho cominciato a cantare, quando ho sentito che lui era l’attaccante della squadra e noi dovevamo passargli la palla ho mimato un traversone e poi sono anche entrato in tackle contro la cristalliera.

Ero eccitatissimo, le pulsazioni si sono impennate, non mi ricordo bene tutto nei dettagli, però mi sono accorto che urlavo come un invasato alzando le braccia al cielo, ho lanciato il telecomando fuori dalla finestra e ho cominciato a ballare sul terrazzo. Ho immaginato l’inizio di una grande riscossa dell’architettura, con una truppa di giovani architetti che prendevano finalmente il comando delle operazioni, cantieri aperti dappertutto, una via vai di architetti in giro per il mondo che saltano da un cantiere all’altro e ridisegnano questo schifo di città, recuperano periferie, realizzano parchi, sistemano corsi d’acqua, conferenze, mostre, ad un certo punto mi è apparso anche il numero monografico che Domus mi avrebbe dedicato. Mi sentivo un super-eroe, come Hiroshi di Jeeg Robot d’acciaio. Ero felice, forse, almeno credo.

E’ stato allora che dal piano di sotto, il vicino mi ha preso a male parole. E poi anche la signora del balconcino di fronte mi ha urlato qualcosa di brutto, un automobilista si è fermato e mi ha chiesto se andasse tutto bene o doveva chiamare il 118. Mi ci è voluto qualche minuto, ho guardato bene in strada ed intorno: tutto era come sempre, dei ragazzi chiacchieravano sul muretto, le auto lente nel solito traffico, la gente portava giù l’immondizia, la mattina dopo avrei dovuto svegliarmi presto per andare a litigare al Comune.

Quando sono rientrato in soggiorno, tutto era tornato come sempre, il telecomando era sul tavolino e il divano al solito posto.

In tv non c’era più quello strano tipo, in compenso c’era Collovati che spiegava come un goal della Sampdoria fosse in fuorigioco.

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