E’ SINTOMO D’AMORE

Nunzia da qualche tempo frequenta una “persona nuova”.

Quando capita, lei non manca mai di tenermi al corrente di tutti gli sviluppi.

All’inizio questa “persona nuova” non l’aveva colpita particolarmente, a convincerla della bontà della relazione è stata la sua «partecipazione».

“In che senso «partecipazione»?” le ho chiesto.

“Nel senso che mi piace che lui si emozioni così tanto”.

Trovare uomini che si emozionino, di questi tempi, non deve essere un compito semplice.

“Spiegami meglio”.

“E’ una questione di vibrazioni”.

E’ evidente: invecchiando, le donne danno molta più importanza al fattore cerebrale.

“Ad esempio, l’altra sera siamo stati in un ristorante in campagna. Dopo cena ci siamo spostati sul belvedere a guardare la luna e ho sentito chiaramente il suo respiro incrinarsi. Mi parlava con la voce rotta”.

“Non ti sapevo romantica!”

“Infatti non lo sono. Lui lo è”.

Questa frequentazione è andata avanti. Nunzia e “questa persona” hanno continuato a vedersi finché un sabato pomeriggio li ho incontrati al centro commerciale.

Li ho intravisti dal livello superiore e le ho fatto segno con la mano.

Nunzia ha salito la rampa di scale di corsa, seguita, più lentamente, da lui.

Era vestito con una camicia a righe e jeans, portava delle scarpe sportive e teneva in spalla una specie di borsello. Mi ha salutato porgendomi la mano.

Ho notato un lieve ansito.

“Abbiamo appena comprato un bellissimo paio di scarpe” ha detto Nunzia aprendo la confezione sotto i miei occhi. Erano delle decolté rosse con un tacco squadrato e altissimo.

“E’ un suo regalo” ha precisato.

Ho pensato che il livello di trasgressione e complicità tra di loro fosse già piuttosto alto.

“Un piccolo pensiero” ha detto lui allineando il fiato.

Sembrava fosse più giovane di lei, ma dimostrava la metà dell’energia.

Nunzia ha provato a coinvolgermi per un caffè, ma ho rifiutato. Non volevo interrompere quell’idillio.

Allontanandomi li ho visti entrare in un negozio di intimo che esibiva in vetrina dei succinti baby doll.

Raramente negli ultimi anni avevo visto Nunzia così felice.

Ci siamo rivisti casualmente, qualche giorno dopo.

“Sai, forse è la persona giusta”.

“Cosa te lo fa capire?” le ho chiesto. Quell’entusiasmo cominciava a stupirmi.

“Non lo so precisamente. Ma era da tanto tempo che non vedevo un uomo trepidare così tanto in mia compagnia. Credo proprio che lui sia perdutamente innamorato di me”.

“Ne sei convinta?”.

“Non credo si possa fingere così bene quel tipo di trasporto” ammise languidamente.

Provo sempre un filo di gelosia quanto intuisco che Nunzia stia per concedersi ad un uomo. Anche se capita davvero di rado, vorrei non accadesse mai. Eppure, ogni volta, non posso negare che ci sia anche una parte di me felice per lei.

Pensai che la notizia che avevano fatto l’amore mi avrebbe raggiunto a breve, ne ero consapevole. Mi arresi all’idea: si trattava solo di avere ancora un po’ di pazienza.

D’altronde, ero certo che Nunzia me lo avrebbe comunicato appena sarebbe successo.

Trascorsero però ancora due settimane senza nessuna novità.

All’inizio della terza Nunzia mi telefonò preoccupata.

“Sai” mi disse “non pensavo di provocargli un’emozione così intensa”.

Quelle parole mi colsero impreparato.

“Ha voluto mostrarmi un appartamento che tiene sfitto fuori città. E’ successo tutto molto rapidamente: siamo subito finiti in una camera polverosa su un letto basso e scomodo. Eravamo pronti per farlo, quando lui ha iniziato a respirare male. Gli ho chiesto se stava bene ma lui sembrava stesse per soffocare, finché ha recuperato il suo borsello dal dorso della sedia ed è scappato in bagno”.

“E tu?”.

“Bhè puoi immaginare. Sono rimasta turbata. Sono ancora una bella donna ma non credevo di poter fare quest’effetto”.

Ascoltavo tra lo smarrimento e la curiosità.

“Dopo qualche minuto è ritornato in camera e si è seduto sul letto. Pareva star meglio, ma io non me la sentivo più. Cioè mi ero spaventata e gli ho detto che potevamo riprovare in un’altra occasione. Lui si è risollevato, si è diretto verso la finestra, l’ha spalancata e ha preso a respirare forte”.

“Pensi di averlo ferito?” le chiesi malizioso.

“Non credo. Tu che dici?”.

Non volevo confessarglielo ma dentro me provavo una sorta di sollievo. In fondo lui non si era ancora impossessato di Nunzia.

Da quel giorno trascorsero altre due settimane. Con Nunzia ci vedemmo altre volte. Al parco discutemmo di coinvolgimento e passione.

“Cioè le donne possono anche fingere” mi disse “ma gli uomini?”.

“magari è solo inesperto…” provai a confortarla.

“A quell’età? Ma chi ci crede?”.

“Ogni volta può essere una volta nuova”.

Oramai era primavera, l’essenza dei fiori nuovi si spargeva dappertutto.

“Credi che l’eccitazione sia sintomo d’amore?” le chiesi.

“Bhè, certo”.

“E’ un verso di una canzone di Battisti”

“Davvero? Allora non sono l’unica a pensarlo”.

La seconda volta Nunzia ci ha provato su un prato.

Pensò che all’aria aperta sarebbe stato più semplice. Niente letti scomodi, né corse in bagno, nessuna finestra da spalancare.

Ma quando furono pronti a stendersi, si alzò un vento capriccioso di libeccio.

Pollini di parietaria e graminacee si levarono all’unisono.

Nunzia prese a starnutire.

Lui provò a resistere, ma ansimava. Si teneva le mani sul petto e spalancava la bocca come a cercare un alito d’aria che non c’era.

Finché corse via, al massimo della velocità che poteva, verso l’auto parcheggiata, distante qualche centinaio di metri.

Nunzia continuava a starnutire, non riusciva più a fermarsi.

Lui la raggiunse poco dopo, il suo affanno era peggiorato, aprì il borsello davanti ai suoi occhi rovesciando il contenuto sull’erba.

“Prendi questo” le disse porgendole un piccolo inalatore e mostrandole come utilizzarlo.

Nel frattempo lui raccolse uno spray, si infilò l’erogatore tra i denti e spinse con forza. Uno, due, tre sbuffi. Quindi crollò sul campo, sfinito.

Questo racconto Nunzia me lo fece dopo un bel po’ di tempo. Era già estate.

Immaginavo che oramai non si frequentassero più, da almeno un mese.

Camminavamo lentamente mangiando un gelato, ci fermammo a guardare una vetrina di scarpe da donna.

Ce n’erano un paio identiche a quelle che le aveva regalato lui. Lo stesso rosso, lo stesso tacco.

Notammo che stavamo entrambi fissando proprio quel modello.

“Quante volte le hai indossate poi?”.

“Mai” rispose.

Nunzia non aveva voglia di tornare sull’argomento ed io ero soddisfatto così.

Seguì un avvolgente, pacifico, silenzio.

Fino a quando, probabilmente solo per infierire le chiesi: “Allora non era amore?”

Nunzia ci pensò su qualche secondo, poi rispose: “No. Era asma”.

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