Breve sonetto in rima ripetuta o replicata (già adottata dal Petrarca nel “Canzoniere”) dedicato alla pessima usanza del furbetto della munnezza, di abbandonare il suo sacchetto non differenziato, nottetempo, in incognito e fuori dal consentito stazionamento.
“Nel buio della notte si palesa il furbo
che dell’educazione fa cattiva giostra
stringendo in pugno suo fatal sacchetto.
Come ogni volta a perpetrar lo sgarbo
al suo fetor darà la mostra
e si dimostra della munnezz furbetto.
Se fosse secco non sarebbe un guaio
ma son scorze di mellone e anche pesce
che già due gatti han sentito il puzzo.
Spesso lo abbandona al cestinaio
ma non ci entra e dunque fuoriesce
e della busta è già mancante un pezzo
C’è chi non scopre la gerla vuota
Allor arrangia sulla soglia di un portone
E tosto si allontana soddisfatto.
E’ sull’uscio di un’entrata ignota
Con l’umido in gran fermentazione
Lui bellamente se ne torna a letto.
L’estate è la stagione del cafone
che dopo aver mangiato non si informa
e di tutto il suo rifiuto ne fa un mucchio.
Di lento non ha sol la digestione
Ma anche la memoria della norma
Lontan dal cuor e anche dall’occhio.
Ma qualcuno ha notato il fu deposto
neppur di notte dorme la legge
se c’è da controllar la spazzatura.
Purtroppo il fatto in questo quieto posto
non è la multa che si infligge
ma l’affannosa assenza di cultura”.
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