D COME ?

“Diamine”, disse un dì, Dario decimo, despota di Domodossola.

“Di dare debito alla dizione «D» come Domodossola siam disgustati”.

“D’accordo! Decorazione desueta è” disse Diana sua damigella deglutendo un dessert.

“Decidi tu o mia Dea la nuova dicitura”.

“Da dopodomani si dirà dovunque D come Dalmine”, dichiarò la Dea.

“E’ deciso. Domani si dia dispositivo”, disse il dittatore.

La deittica deflagrò come dinamite.

“Dindirindina ! Deodora di depistaggio” dissero a Dalmine.

E dal divano della sua dimora un deputato disgustato dettò una denuncia alla sua dattilografa: “Dunque dubbi non sono dovuti, dizioni con la D deficono”, davvero duramente disponeva il deputato: “si dica sempre diligentemente «D» come Domodossola”

Durante quel dì a Domodossola diecimila dimoranti danzarono so-ddisfatti. D’atmosfere dissolute dilagavano i dehors. In-domiti dandy donavano dionee a deliziose dame davanti alle discoteche, mentre dalmata dinoccolati dormivano docili dietro davanzali desueti.

Ma il documento del deputato dalminese dimostrò i difetti del dossier del despota.

“Il diritto dirimerà ogni dubbio”, disse il dirigente designato digrignando i denti.

Ma alla data designata, la decisione deluse.

Non definì ogni dettaglio il dicastero, dando a-dito al dibattito.

“D di Desenzano o Desio” dissero dodici dottori.

“Si dica D come Dobbiaco” disse un dolomitico senza dribblare il dramma.

“Disponiamo un desk per la disciplina” disse un docente digitale.

Devoti di un Dio danese disquisivano: “Non è mica domestico il dogma ?”. D’un tratto divenne doverosa la domanda: “Dobbiamo dimenticare Dublino? Dakar ? Doha ?”.

“La damascata Dallas!” disse una donna daltonica del Delaware.

“Dateci un dado, il destino deciderà” declamarono defilati due diplomati: furono defenestrati.

“E’ deciso che sia duttile, son duemila i detti con la D, si dica dappertutto D come si desidera” deliberò un democratico di destra.

Si discusse, ma nessun debuttante detto fu declinato.

“Dormiamoci su, dai”, decisero nel delirio.

Deposti i dardi, rimasero delusi i duellanti e danneggiati i deboli.

A Dicembre i domesi disposero depressi: “D’altronde dire «D» come dizione non dispone un danno”.

Ma il despota non demordeva. Disubbidirono: “Deponiamo il delinquente e disdiciamo la deleteria dispensa!”.

Decapitarono il despota, de-nutrirono la damigella. Di ambe-due non disperarono il decesso.

Il deputato dalla sua dependance, li derideva: “La diversita non dura!”

E difatti si disse di-nuovo e definitivamente: “D come Domodossola”.

(nell’immagine: Domodossola, piazza Mercato – Foto di DSLRManu).

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