CINEMA “LA STRADA”

Non possiedo un cane.

Non ho prole, né un lavoro «essenziale».

Non me la sento, in un momento del genere, di travestirmi da jogger, per compiere il periplo del palazzo.

E non devo, per fortuna, neanche andare in farmacia.

Così, in attesa della spesa settimanale, guardo dalle finestre. Offrono spettacoli più originali della televisione e più sincere dei social.

Mio nonno sosteneva che andare al cinema fosse inutile: c’era già la strada. Gratis.

Mi aiuta la doppia esposizione.

Da una parte ho la piazza, strada e lungomare. Per la grazia del panorama, lo considero il mio primo canale.

Dall’altro il viottolo con vista sul supermercato. Si tratta di un canale tematico.

Le trasmissioni iniziano presto.

Sul tematico, già verso le otto, si tengono simposi alla presenza di quadri locali, dove, in mancanza del campionato di calcio e motorismo, si discute di salute pubblica e virologia, senza lesinare incursioni verso teorie complottistiche.

La formulazione di previsioni, causa controversa attendibilità, suscita scetticismo.

Sempre là, all’ora della spesa, la fila della clientela si predispone ad un dibattito circolare (in fila è scomodo chiacchierare) per l’elenco degli aggiornamenti.

Un vivace flash mob della speranza, col sottofondo del “bip” della cassa.

Dalla tribuna misuro l’efficienza del «passaparola». Ma pure il rispetto della distanza di sicurezza a fronte della violazione, ripetuta, della privacy.

Impallidiscono agenzie di stampa e Grande Fratello.

La programmazione sul primo canale è di taglio differente. Poca, da quando l’edicolante ha sbarrato il portone. Ora riceve solo su appuntamento, come il Papa.

Tuttavia mi accerto che pure i visitatori occasionali ricevano udienza. Accade.

Dal vangelo secondo Matteo: “Bussate e vi sarà aperto”.

Al primo piano l’insegnante in pensione, non sciupa un minuto del favorevole soleggiamento. Legge e ricama tele, di pensieri, tra lo scodinzolo dei suoi pelosi quattrozampe.

Sotto di lei, il proprietario del bar lava e rilava la sala, che oramai, immagino, gareggi in lucentezza con la quirinalizia degli specchi.

Quanto manca l’angolo musicale! La sonata di un pianista, il canto di una soprano.

Lungo la statale, gli agenti sconsigliano recite a soggetto.

Se fermano un auto, tra azioni e obiezioni, vola via un episodio da quaranta minuti.

Si tratta di una nuova serie. Un po’ Miami vice, un po’ maresciallo Rocca.

Intanto nel viottolo la folla si è dispersa. Tra poco giungeranno dalle periferie collinari i corrispondenti esteri. Offrono notizie. In cambio prelevano casse d’acqua, cartoni di latte e farina 00, cocacole e vino che stipano nei portabagagli come pacchi in uno sfratto.

Appena oltre la cortina dei palazzi, fuori dalla mia visuale, nel deserto delle saracinesche abbassate, altri restano.
Chissà cosa trasmettono sulle frequenze che non ricevo.

In pescheria, tra una ghirlanda di molluschi, si ravvivano merluzzetti boccheggianti, immolatisi per la causa.

La fruttivendola esibisce un paradiso di mele gialle e rosse, fragole e carciofi, rigorosamente in alta definizione.

Verso nord spedizioni di pacchi, medicinali, pane quotidiano e riviste di viaggi che non faremo.

Alle 19 il canale tematico chiude e viene rimpiazzato da un segnale radiofonico in filodiffusione. Sparge musica sacra che (raggi)unge fedeli e laici. E’ il momento del misticismo collettivo.

Casomai non bastassero i medici, ci si predispone al piano “B”.

All’ora di Carosello, talvolta, passano i megafoni della reclame.

Fine delle trasmissioni e tutti a nanna.

Resta soltanto il mare.

E’ un programma sempre in onda, da secoli.

Infinite repliche, come “La signora in giallo”.

Ne intuisco, in questi giorni di silenzio, il ritmo delle frasi.

E di notte, sotto una virgola di luna, mi sembra persino di sentirlo cantare.

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