Che duri e che si veda

AuditoriumCon maggior coraggio, l’auditorium “Oscar Niemeyer” di Ravello andrebbe intitolato non solo al suo progettista ma anche alla Costa d’Amalfi.

Non me ne vogliano i ravellesi, ma quella costruzione è già, di fatto, patrimonio dell’intero territorio della costa e non di un Comune solo. Con questo non voglio sottrarre meriti a quella parte di Ravello che in questi anni ha sempre creduto nella realizzazione dell’opera, ma è evidente che la nuova architettura, per valori simbolici, ambientali e paesaggistici è (e sarà) parte e, allo stesso tempo, simbolo del territorio nel suo complesso.

Non è certo una novità attribuire alle opere di Niemeyer un valore urbanistico e sociale, che trasbordi i meriti strettamente architettonici delle stesse. Ma in questo caso, più che in altri (più o meno riusciti tentativi), l’architetto brasiliano potrebbe un giorno vantarsi (gli auguriamo non nell’aldilà) di essersi sovrapposto a molti secoli di storia locale. La prima sfida in questo senso fu la costruzione di Brasilia, la città-capitale creata nel nulla per volere dell’allora presidente brasiliano Juscelino Kubitschek, alla fine degli anni 50. Costruita interamente da Niemeyer (ma concepita dall’architetto Lucio Costa), Brasilia divenne capitale del Brasile nell’Aprile del 1960, giusto mezzo secolo fa. In quell’occasione Ernesto Nathan Rogers (architetto appartenente al gruppo dei BBPR autori, tra le altre cose, della torre Velasca a Milano), criticò duramente l’operazione: “Questa grande città nata dal nulla, ossia da un’idea, egli (Niemeyer) l’ha resa con una pianta che non ha niente a che fare con le esigenze della vita moderna”¹. Viceversa Marco Zanuso (uno dei più prestigiosi designer italiani) colse il senso più strettamente culturale e l’intensità del messaggio: “C’è in questo (la costruzione di Brasilia) un alto riconoscimento della forza dell’architettura moderna: in quella natura che pareva indomabile per violenza di forme e di colori l’uomo ha trovato finalmente il modo di inserire qualcosa di suo che duri e che si veda”². Profetico, Zanuso, diceva: che duri e che si veda. Pur con le inevitabili differenze (speriamo anche in termini di risultati visto che oggi si può, sostanzialmente, dire che l’operazione Brasilia non ha dato i risultati sperati), l’auditorium a Ravello rappresenta una speranza di fondazione, in un territorio, tuttavia, già fortemente antropizzato che (bando alle polemiche), tramite i suoi abitanti ha bisogno di erigerlo a nuovo monumento, in una più vasta scala territoriale. L’auditorium Niemeyer ha tutte le caratteristiche per attribuirsi tale valore divenendo in breve tempo un’architettura capofila, capace di sfondare il muro degli steccati campanilistici ed aiutare i comuni della costa a ragionare come un unico complesso abitativo ed ambientale. Gran parte dei problemi della costiera, infatti, può ricondursi ad una gestione frammentaria e disordinata della risorsa ambientale e turistica. Un territorio di 20.000 abitanti, senza soluzione di continuità e con riferimenti identici per la maggior parte dei suoi servizi primari (sanità, trasporti ecc.) non può continuare a rivendicare, per bocca di molteplici unità, identità e obiettivi differenti, esprimendo (quando ci riesce), con cattiva consuetudine, molteplici, discordi rappresentanti politici negli enti di governo.

L’unità territoriale che si manifesta in tutto il suo meraviglioso scenario attende da anni di trovare segnali culturali che rappresentino il marchio della costa nel suo complesso. Di fatto la Costa d’Amalfi è già una “città” nel senso più letterale del termine, per storia, cultura, tradizioni, caratteristiche costruttive dell’abitato. Pur nella complessità geologica del territorio la costa cresce o si deprime in modo unitario senza eccezioni di rilievo e le conseguenze delle opere infrastrutturali, ad esempio, di Ravello o di Amalfi, ricadono con violenza su tutti gli altri comuni. La città Costa d’Amalfi non può, dunque, che riporre grandi aspettative dal nuovo auditorium: l’indotto non potrà non riguardare i comuni limitrofi, non solo nel settore turistico o commerciale ma come vero “motore” per una serie di trasformazioni strutturali, una su tutte: il collegamento in cabinovia da Minori, opera già prevista più di vent’anni fa e mai realmente calendarizzata. Aldo Rossi, fedele alle sue teorie, avrebbe dunque profetizzato per l’auditorium un futuro da “elemento primario”, inserendolo tra quegli “elementi capaci di accelerare il processo di urbanizzazione di una città (…) originariamente la loro presenza può identificarsi con una funzione, ma presto essi assurgono a un valore più significativo”.

Questo anche in virtù dell’alto valore posizionale del “locus”, il luogo ed il suo esistere all’interno della struttura urbana, che sono già di per sè qualità dell’oggetto al di là della sua mera funzione. “Così”, continua Rossi, “il fatto urbano e la sua architettura, che sono tutt’uno, costituiscono un’opera d’arte”³. Un’opera d’arte.

1: G.Pecorini , “Processo alla capitale Nuda” su “L’Europeo” n°17, 1960
2: idem
3: A. Rossi, “L’architettura della città” – Marsilio Editori, Padova, 1966

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