ARCHITETTI AL SALONE DEL MOBILE (LE 5 SPECIE DI UTENTI)

strange-Se Dio vuole, anche quest’anno il Salone del Mobile di Milano è terminato e decine di migliaia di architetti nazionali e non possono tornarsene finalmente a casa. Per gli architetti recarsi al Salone del Mobile (da ora Sdm) è come per un islamico fare il pellegrinaggio a La Mecca, un cristiano recarsi a Pietrelcina da Padre Pio o un alcolista brindare all’Oktober Fest. L’astensione dal Sdm espone un architetto al pubblico ludibrio, per tutti gli altri si tratta di un’occasione per cercare idee, incontrare gente, esporre invenzioni, ma soprattutto per far parte di questo enorme carrozzone di fuffa, ognuno con il suo ruolo. Innanzitutto bisogna precisare che gli architetti al Sdm sono di due categorie: quelli che ci lavorano, quindi sono costretti ad esserci ma vorrebbero essere altrove e quelli che lo visitano, che potrebbero essere altrove ed invece si costringono a esserci. Questa seconda categoria di architetti, detti “utenti” è senza dubbio la più interessante e merita un approfondimento.

Ecco, quindi, le principali cinque tipologie di architetti “utenti” che frequentano il Sdm.

Il Raccoglitore: Questo architetto parte per il Sdm con grande fiducia ed ottimismo. Lo considera un investimento professionale ed è convinto che tornerà con una marcia in più rispetto ai suoi colleghi che gli fanno la concorrenza. Purtroppo questi colleghi li ritrova tutti in fiera che cercano le stesse cose, fanno le stesse domande e annotano gli stessi indirizzi. A questo punto il R. potrebbe demoralizzarsi e andare a visitare la Pinacoteca di Brera ed il Cenacolo Vinciano ed invece non si perde d’animo, accelera i movimenti e comincia a raccattare in giro qualsiasi depliant, brochure e gadget disponibile. Se gli è possibile, si attrezza con trolley e buone scarpe ginniche per percorrere in lungo e largo almeno 5000 mq di padiglioni più tutti gli show room del dentro e fuori salone, da quello famoso al negozio dell’antiquario ottantenne che riposa sereno, forse morto, sotto una coltre di polvere. Tutto ciò per un totale di circa 30 chilometri pedonali al giorno e quasi due quintali di peso in cataloghi vari, che abbandona in stazione accanto ai cartoni dei senzatetto. Frase preferita: “mi trova anche su facebook”.

Il Turista: Non tutti gli architetti frequentano il Sdm per uno scopo esclusivamente lavorativo, molti lo considerano semplicemente un evento mondano e lo visitano con animo spensierato da gita. Si imbarcano con mogli e figli, incontrano parenti e colleghi, come ad un raduno di ex-bersaglieri. Consultano la mappa come dei giapponesi in visita al Vaticano, ipotizzano di visitare decine di show room del fuorisalone ma finiscono in lunghissime file che abbandonano per recarsi in una trattoria gestita da cinesi, mentre scattano selfie compulsivi che pubblicano sui social per mostrarle a tutti gli altri colleghi, specie a quelli sfigati che sono rimasti a casa, dove appaiono sorridenti davanti ad una qualsiasi vetrina o, meglio ancora, in luoghi che ritengono esclusivi, ma nessuno riconosce. Tornano a casa senza aver visto quasi nulla ma con un sacco di foto che, però, potevano fare anche a casa. Frase preferita:“non potevamo non venire”

Il Tecnologico: Particolare attenzione va data a questo tipo di architetto che si concentra esclusivamente sui dispositivi elettronici che oramai da anni cercano di introdursi nelle nostre abitazioni, convinto che sarà l’innovazione a fargli svoltare la carriera professionale. Argomento preferito del tecnologico è, da anni oramai, il frigorifero intelligente che ti avverte con un messaggio sullo smartphone quando sta per scadere lo yogurt o la lattuga è diventata rancida. Ma non basta: è capace anche di accorgersi che manca il latte o che è in corso la proliferazione di una colonia di batteri nel formaggio abbandonato in un cassetto da mesi. Altro must per il T. è la cappa d’arredo che appare e scompare tramite la pressione di un tasto del telecomando, si mimetizza benissimo nell’ambiente cucina, fa pochissimo rumore e non ha bisogno di manutenzione, praticamente perfetta se fosse una moglie (un marito ha già il dono di scomparire, da solo, senza l’uso di un telecomando). Grandi passioni nascono anche per le piastre ad induzione, che gli architetti tecnologici amano accarezzare come fossero gatti persiani, quando sono accese, cercando lo stupore dei presenti che ancora non hanno capito come funzionano (ma forse sono delle comparse e lo fanno apposta). Frase preferita:“questa è la vera eccellenza”

Il Designer: L’architetto che dentro di sé aspira a mollare tutti gli atavici problemi della professione, quali burocrazia, pagamenti, tempi biblici ecc, tira fuori dall’armadio il suo geniale oggetto di design insieme a tutti i suoi sogni e, molto fiducioso, si reca al Sdm con il suo prototipo per sperare nell’aggancio giusto. Ignorando (e non si sa perché, visto che oramai dovrebbero saperlo tutti) che fare il designer è un’attività da architetti ricchi, da figli di architetti ricchi o di imprenditori ricchi che possono occupare il tempo inventando cose di pessimo gusto che funzionano male e costano tantissimo, spacciandole per arte. I cavalli di battaglia del D. sono in genere tre: innanzitutto la sedia, tutti gli architetti (anche famosi) hanno progettato e probabilmente costruito una sedia, sempre scomodissima che costerebbe tantissimo e infatti non verrà prodotta mai. Al secondo posto il vaso di ceramica, o qualsiasi altro oggetto in terracotta, dalla ceneriera all’umidificatore per termoarredi a forma di bambola giapponese. Ma al primo posto incontrastata vince la carta da parati, da qualche anno in versione digitale; dopo aver impiegato 30 anni a scollare quelle orrende cartografie a righe rosa confetto dalle pareti delle case dei genitori, ora gli architetti tornano alla carica con disegni psichedelici anni ’70 causa di decine di casi di labirintite e imbarazzanti mosaici ultramoderni che a schermo sembrano meravigliosi ma nel salotto di casa sono gradevoli come il piscio del gatto sul tappeto. Tutti comunque convinti di essere originali e geniali mentre bisognerebbe aver compreso che da Lapo Elkann in poi non ci si può più inventarsi designer senza un motivo valido. Frase preferita: “trasformiamo la tradizione in contemporaneo”.

L’Imboscato: C’è un’ultima categoria di architetto che va al Sdm, senza nessuna ambizione professionale o interesse specifico. Si tratta dell’architetto che si infila, o tenta di farlo, in tutte le inaugurazioni, vernissage, incontri mondani, ma soprattutto buffet che ci sono, quindi stiamo parlando di circa 30 eventi all’ora; facendo in modo di essere dappertutto, sdoppiandosi se necessario, saltando file e infilandosi anche in assenza di invito con una classe e una diplomazia unica al mondo. In genere questa categoria di architetti, ha già frequentato abbondantemente la settimana della moda, quindi conosce già un po’ di gente e i metodi per imboscarsi agli appuntamenti che contano. Inoltre, per il motivo di cui sopra, sa anche come vestirsi per sembrare uno che conta. Una volta dentro, si abboffa come se non ci fosse un domani e nel frattempo dispensa consigli sui suoi argomenti preferiti che sono sempre le ceramiche di rivestimento del bagno e l’uso del parquet, inevitabili evergreen nel repertorio di un architetto fermo alla biennale di Venezia di Aldo Rossi (1985). Frase preferita: “Lei non sa chi sono io”

Per la cronaca: l’autore non è mai stato al Sdm.

 

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