Alla ricerca di una chance

incendio_londra_causeQuando al telegiornale ho sentito che due ragazzi italiani erano dispersi nel rogo della Grenfell Tower, ho pensato subito che fossero dei giovani architetti. Non so spiegare il perché, è stato come un imprevedibile riflesso condizionato. Eppure non sapevo null’altro di loro, solo che erano giovani e che si erano trasferiti a Londra, da poco, per lavoro. Ogni anno centinaia di giovani architetti lasciano il nostro paese per provare a fare questo meraviglioso mestiere altrove. Talvolta le cronache parlano di loro, non solo in termini drammatici, ovviamente. Spesso sono testimoni di successi e rappresentano in maniera meravigliosa, attraverso la loro creatività e il loro impegno, il nostro paese all’estero.

Dinanzi ad impieghi mal pagati e incarichi umilianti, tanti giovani architetti salutano il nostro paese e le loro famiglie partendo alla volta di luoghi dove essere un architetto ha ancora un significato. Sono quella specie di emigrazione silenziosa ed orgogliosa, che non si arrende. Cercano lavoro in Inghilterra, Spagna, nei paesi scandinavi, ma anche oltre oceano, in Cina, ad esempio, dove gli architetti italiani sono stimati già solamente per il fatto di aver studiato nella patria del classicismo e del rinascimento. Non che all’estero sia tutto semplice ed automatico, ma almeno c’è la possibilità di provarci. Si riesce ancora a trovare quella possibilità che in Italia è scomparsa.

Si va, alla ricerca di una chance.

Se non fosse per l’epilogo, tragico, la storia di  Gloria e Marco sarebbe simile a quella di tanti altri loro coetanei e colleghi, che dopo anni di sacrifici, hanno scoperto che in Italia nessuno ha più bisogno di architetti. Non solo per il numero (in Italia ci sono oltre 150000 architetti cinque volte più che in Inghilterra), ma anche per il rispetto oramai quasi nullo che abbiamo per ciò che ci circonda. Per la mancanza di amore verso le nostre città, nei confronti dei parchi e della natura in genere, per l’ostilità con la quale trattiamo il “nuovo” ed ostacoliamo qualsiasi cambiamento. Ma anche per i muri alzati per difendere posizioni di privilegio nel mondo del lavoro, praticamente invalicabili per chi parte dall’ultimo gradino della scala sociale. Quello più basso.

Senza contare dell’enorme fardello che è costituito da tanta burocrazia, inutile e paradossale, che appesantisce questo paese.

Ho letto che, prima di partire, Gloria e Marco avevano rifiutato un lavoro per poche centinaia di euro al mese. E’ assurdo dirlo adesso, ma avevano fatto l’unica cosa che i giovani architetti (e non solo loro) dovrebbero fare oggi, ovvero non farsi sfruttare, non accontentarsi, evitare di svendere la loro conoscenza per la miseria di un rimborso spese. E’ vero: ci vuole coraggio, disponibilità a partire, leggerezza d’animo, spirito di iniziativa. A volte ci vuole anche fortuna. Ma non ci sono alternative.

Continuo, testardamente, a pensare che in tutto il mondo ci sia sempre bisogno di architetti capaci. In Italia, senza ombra di dubbio, pure se facciamo di tutto per dimenticarcelo. Servono menti agili e spudorata fantasia per progettare un mondo migliore di quello che c’è ora e costruire edifici più belli e sicuri.

Che, magari, non diventino una trappola mortale in caso di incendio.

 

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