Una volta per dimenticare si beveva.
Era un esercizio insalubre, però privato.
Oggi, invece, la maggior parte delle persone per dimenticare corre, in auto o in moto. E’ così: chi ha intenzione di dimenticare qualcosa di penoso che lo affligge o semplicemente liberare la mente dalle informazioni inutili, corre; chi cerca di allontanarsi da qualcosa che lo affligge, istintivamente accelera.
Ecco svelato cosa fanno tutte quelle persone che alla guida, lungo le strade, suonano i clacson o lampeggiano per sorpassare: stanno cercando di dimenticare.
All’antico e obsoleto piacere della lentezza si contrappone oggi l’esigenza di andare in fretta.
La paternità della corrispondenza tra memoria e lentezza va attribuita a Milan Kundera che, appunto, nel libro La lentezza (1995) scrive: «Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio».
Tra i “dimenticatori”, quelli di città sono i più svantaggiati. Imbottigliati nel traffico, bloccati dai semafori ed ora anche dai divieti dei centri storici. Costretti a rallentare e, di conseguenza, a ricordare.
Di recente la città di Bologna, imponendo il limite dei 30 km/h, ha iniziato una crociata anti “dimenticatori”. Funziona. Infatti quella specie di nebbia, che talvolta si forma nel cielo della città, è la nuvola dei ricordi.
Non è inquinamento, è turbamento. Verdastra, densa, sa di cicoria: sono amari i ricordi.
Se qualcuno pensa di correre a piedi per dimenticare, si sbaglia. Non vale, anzi peggiora la situazione. «L’uomo che corre a piedi è sempre presente al proprio corpo», scrive ancora Kundera, «costretto com’è a pensare continuamente alle vesciche, all’affanno; quando corre avverte il proprio peso e la propria età, ed è più che mai consapevole di se stesso e del tempo della sua vita».
Lo sapeva bene il giovane keniano Kelvin Kiptum, capace di correre la maratona in due ore ovvero a 21 chilometri orari, che per dimenticare usava mettersi alla guida della sua Toyota. Ha schiacciato così tanto l’acceleratore che ha perso il controllo dell’autovettura e si è schiantato contro un albero.
Altri centri urbani stanno pensando d’introdurre il limite di 30 km/h o addirittura di abbassarlo ulteriormente. Nelle nostre città si convertono strade in aree verdi e si battezzano zone pedonali ma, forse, bisognerebbe costruire anche qualche pista o autodromo dove potersi concedere l’esercizio della rimozione.
Per fortuna da qualche tempo i “dimenticatori” hanno un loro paladino: Fleximan. Lo sconosciuto che abbatte gli autovelox per consentire agli automobilisti di correre e di conseguenza dimenticare, almeno sulle strade extraurbane.
L’opinione pubblica lo condanna, ma alla luce di queste considerazioni va rivalutato.
Fleximan non è un vandalo ma un altruista.
(questo articolo è stato pubblicato sul giornale dell’architettura nella rubrica L’Archintruso)
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