Lo scorso 31 maggio, ho ricevuto una mail.
Chi scrive (ed è singolare che poi spedisca a me) è Riccardo Troiano, un giovane minorese particolarmente attento alle vicende del paese. Troiano si sofferma sul fenomeno di ciò che definisce la “Turistificazione” e la conseguente perdita d’identità del paese.
Mi perdonerà se ho dovuto effettuare qualche taglio alla sua lettera.
Scrive: “Sempre più evidente appare l’interesse e l’attenzione prestata unicamente all’offerta turistica da presentare ogni anno, affinché si garantisca una valida accoglienza, trascurando la quotidiana vita cittadina. La politica indifferente asseconda unicamente le richieste che possano rinnovare la propria posizione, spartendo anche angoli di territorio, considerati appartenenti a una proprietà privata” (…).
“Un qualsiasi centro di un paese della Divina è di fatto sempre più trasformato in una cucina a cielo aperto, mentre la sua periferia in un dormitorio. La comunità, intanto, si dissolve e assiste indifferente al depauperamento della propria casa, saccheggiata e devastata. Ogni suo singolo appartenente rincorre un benessere personale, distaccandosi dall’insieme con cui condivide il proprio territorio (…)
Anche la stessa tradizione si riaccende in labili momenti dell’anno, talvolta animata unicamente dall’interesse e dall’attrattiva che crea, svuotando un singolo evento dell’intrinseco valore e consegnandolo unicamente in pasto all’urgente guadagno di questo mondo contemporaneo”.
Conclude con: “Recuperare l’identità locale è un compito arduo (…). Il patrimonio ereditato dalle precedenti generazioni può, però, ancora rappresentare la storia e l’ancora su cui modellare la nostra figura deteriorata, perché non si consegni ancora e ancora la nostra dimora a uno sfacelo che si approssima sempre anche a motivo delle scelte senza futuro. Recuperare il significato di comunità desterebbe ognuno dall’indifferenza e dall’apatia”.
Gentile Riccardo, ti rispondo (in ritardo) con qualche breve considerazione che, magari, potrà innescare una qualche riflessione.
Quello che accade a Minori, come in ogni altro centro della costiera amalfitana, cioè il perenne overbooking, era (specie dopo la pandemia) sostanzialmente inevitabile. La bellezza dei luoghi e il desiderio di viaggiare spinge sempre più persone verso i nostri paesi. Capita anche in altri borghi, alle “Cinque terre”, a Capri, Portofino o in città come Venezia, Firenze e il centro di Roma che sono sostanzialmente posti invivibili.
Il termine “Turistificazione” è oramai entrato nei dizionari e significa, in sostanza, snaturare la vita di una città e quella dei suoi abitanti per soddisfare unicamente i bisogni del turista.
Anche qui, come altrove, quello che la politica (come anche tu segnali) non è stato in grado di fare è essere all’altezza di questa popolarità. Cedendo all’equivoco che le presenze siano sinonimo di successo e soprattutto senza anteporre nessuna capacità di incanalare la spingente trasformazione verso i binari della sostenibilità. Abbiamo condannato i nostri luoghi al traffico, al rumore, al caos e ai disagi. La qualità del turismo andrebbe misurata con la sua capacità di essere in armonia col territorio, pesata cioè in funzione del suo “costo” ambientale. Non si può, infatti, parlare di progresso, se al vantaggio di pochi si contrappone un danno per tutti gli altri.
Va considerato che non è possibile crescere infinitamente e che questa intenzione di lucrare su tutto non durerà per sempre; l’enorme bolla speculativa nella quale ondeggiamo, è destinata, anche se non in tempi brevi, a scoppiare.
La prima conseguenza della “Turistificazione” è l’espulsione dei residenti, allarmati dall’aumento dei prezzi dei beni di consumo, e degli affitti. Chiudono le botteghe, si disperdono gli artigiani, le attività sociali, che sono il vero patrimonio dei nostri borghi, scompaiono.
D’altronde quando una comunità, peggio ancora se piccola, si direziona unicamente verso obiettivi economici, questo destino è inevitabilmente segnato.
L’aspetto sociale si accoppia con quello strettamente pratico.
Assillato da questa smania, durante l’estate il paese è preda dell’anarchia. Nella confusione si consuma un repertorio completo di abusi, nel disprezzo delle regole basilari della convivenza civile. Un passo, un centimetro alla volta, si collezionano privilegi che col tempo diventano immunità intoccabili. E’ spiacevole verificare, innanzitutto, che la maggior parte (per non dire la totalità) delle violazioni siano commesse proprio dai locali. Un imbarbarimento impensabile solo venti anni fa.
E, in secondo luogo, quanto gli appelli al rispetto delle regole siano poco credibili, specie se non si è in grado di fornire, per primi e personalmente, modelli virtuosi.
E da qui la seconda delle questioni, ancor più grave a mio avviso: la disgregazione del tessuto sociale e la perdita di un’identità culturale precisa. Uno scollamento che si manifesta soprattutto nella perdita del controllo sulle nuove generazioni. Abbiamo riempito il paese di tavolini ma lo abbiamo svuotato di opportunità, stimoli, servizi, luoghi di incontro, incoraggiamenti e soprattutto di buoni esempi.
I più giovani (e fragili), anche minorenni, assorbendo le pessime prove degli adulti, trascorrono annoiati, cellulare alla mano, gran parte del giorno e della notte, migrando, sbandati, da uno spiazzo all’altro. Senza generalizzare e lungi dal voler impartire istruzioni da “polizia morale”, è evidente come questo degrado sia il risultato di un lungo “sonno educativo”, del quale, purtroppo, manca ancora sufficiente consapevolezza.
Ed è sintomatico che altri giovani (non solo Troiano, ne sono certo) colgano, magari silenziosamente, questa lacerazione della comunità. Non siamo (non più) quel paese delle meraviglie raccontato da taluni. Minori (insieme ad altri centri della costa) vive un sotterraneo, grave declino culturale e sociale. Un fiume carsico di noia e inconsapevolezza, destinato prima o poi ad emergere in maniera fragorosa.
Non bastano i pochi, virtuosi, che continuano a fare cose per spirito di sacrificio e per solidarietà. Senza alcun riconoscimento. Finiranno, scoraggiati, per smettere di impegnarsi.
Moravia in “La noia” si persuadeva esistesse: “Un nesso indubitabile, benché oscuro, tra la noia e il denaro”. Ecco: senza dubbio con la “Turistificazione” qualcuno si sarà arricchito, ma nel frattempo siamo peggiorati tutti.
Per questo, gentile Riccardo, mi permetto di non nutrire il tuo medesimo ottimismo nel futuro.
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