IL MIO MIGLIOR AMICO

Il mio primo miglior amico si chiamava Armando.

Accadde tutto molto velocemente. Eravamo in seconda elementare e quel giorno avevamo il riassunto in classe.

Armando si avvicina e mi fa’: “Hai mica un foglio in più?”.

Io avevo sempre un foglio di riserva. Per ricopiare in caso di errori.

Ero indeciso, ma non riuscii a dirgli di “no”.

Grazie mille. Sei il mio miglior amico” mi disse.

Così da quel giorno diventai il suo miglior amico. E, ovviamente, lui il mio.

Non sapevo bene come ci si comportava tra migliori amici. Per me era la prima volta e ne ero orgoglioso: Armando era brillante, forte a pallone, veloce nella corsa, bello, sfrontato, agile.

Un’amicizia così prevedeva dei doveri. Ad esempio capitò altre volte che Armando dimenticasse di portare con sé il foglio per il compito in classe, o la penna, o i colori per l’ora di disegno. E allora io, siccome ero il suo miglior amico, glieli prestavo. A volte mi costava un rimprovero dalla maestra, ma lo facevo per Armando: il mio miglior amico.

Ad esempio quando con la classe andammo al parco giochi, Armando spese subito tutti i soldi in zucchero filato e così quando fu il momento di andare nel “Tunnel della morte” era “al verde”.

Non hai cinquemila lire da prestarmi?” mi chiese “poi te li ridò”.

Li avevo, ma pensavo di usarli per fare anche un giro sulla ruota panoramica.

Quella volta fui veramente sul punto di dirgli “no”, tuttavia Armando era il mio miglior amico.

Grazie. Tranquillo, poi te li ridò” mi disse. Ma non ebbi mai il coraggio di richiederglieli.

Pazienza” pensai “cosa vuoi che siano cinquemila lire! Poi sulla ruota potrò sempre andare”.

Ma non fu quella l’unica volta che gli dimostrai davvero la mia profonda amicizia.

Ad esempio un pomeriggio, all’uscita del “tempo prolungato”, Armando prese a spintonarsi con un tizio di quinta.

Sembrava giocassero, invece da un momento all’altro fu accerchiato da altri tre tizi; erano ancora più grossi. Probabilmente andavano già alle medie.

Armando provò a divincolarsi, ma più si agitava più quelli lo braccavano e lo spingevano verso il muro. Cercava di smarcarsi ma oramai era circondato, tanto che uno di quelli lo afferrò per il bavero del grembiulino e lo sollevò da terra.

Mi guardai intorno, gli altri compagni di classe si erano dileguati.

Pensai che Armando era sempre il mio miglior amico e non potevo lasciarlo in balia di quei prepotenti.

Mi avvicinai urlando: “Lasciatelo!”.

Tutti si voltarono.

Lasciatelo. Lasciatelo stare!” urlai ancora. Il bullo mollò la presa e Armando riatterrò.

Quattro contro uno vi mettete!” dissi con un coraggio che non sapevo di avere.

Ma nel dirlo mi avvicinai troppo e così mi trovai in mezzo a loro e in un attimo presi uno schiaffo sulla nuca e un calcio nel sedere così forte che persi l’equilibrio, cadendo goffamente. I bulli risero tutti, fu in quel momento di distrazione collettiva che Armando se la diede a gambe levate. Gli altri, tranne uno che mi assestò altri due calci, si lanciarono subito alla rincorsa ma Armando era così svelto di gambe che fu capace di seminarli.

Tornai a casa dolorante ma felice di aver salvato Armando dai bulli.

Sono queste le cose che un miglior amico deve fare” ripetevo tra me e me.

Il giorno dopo Armando venne a ringraziarmi.

Sei stato coraggioso…  grazie… senti possiamo ripetere geografia oggi?”.

Armando era veramente un asino in geografia. Doveva recuperare l’insufficienza ed erano giorni che chiedeva il mio aiuto. Ma quel pomeriggio, proprio non potevo. Avevo organizzato con Monica: avremmo studiato insieme.

Monica era il mio amore, purtroppo platonico, da quando il primo giorno di scuola l’avevo vista. Ed era anche la prima della classe. La più brava, sempre impeccabile, al limite della perfezione.

Bionda, algida e snob. Ai ragazzi concedeva raramente un saluto e pochissima confidenza. Essere riuscito a strapparle un’ora di ripasso a casa mia era stato un vero miracolo. Quel pomeriggio, per la prima volta, saremmo rimasti io e lei da soli. Forse mi sarei persino dichiarato. Inutile dire che ero eccitatissimo.

Oggi non posso” risposi “Facciamo domani pomeriggio…”.

Domani pomeriggio sarà inutile. La maestra domani mi interrogherà sul Veneto. Avrò un’altra insufficienza e sarò bocciato. E sarà per colpa tua…”.

Naturalmente cedetti.

Vieni a casa mia alle cinque”.

E così quel pomeriggio io, Monica e Armando ripassammo il Veneto. I confini del Veneto, i fiumi e i laghi del Veneto, gli abitanti del Veneto, le fabbriche del Veneto e altre cose del Veneto che però non mi ricordo perché più approfondivamo il Veneto, più loro due entravano in confidenza ed io scomparivo.

Finché ebbi la sensazione che, mentre io ero ripassavo: “…il capoluogo del Veneto è Venezia…”, Armando e Monica fossero già a Venezia, in luna di miele.

Li vidi allontanarsi, spalla a spalla, guardandosi negli occhi.

Poi venni a sapere che si erano persino messi insieme, uscivano mano nella mano da scuola, mangiavano gelati sulle panchine del parco, forse si baciavano, addirittura.

E comunque Armando il giorno dopo non venne interrogato in geografia, e nemmeno il giorno appresso.

Anzi non venne proprio più interrogato: dopo una settimana la madre chiese di trasferirlo in un’altra sezione.

Alla maestra disse che cambiava perché: “in quella classe non aveva fatto amicizia con nessuno”.

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