“Dinanzi alla vita, alla morte, al tempo che passa, alla monumentalità della natura siamo tutti uguali, creature fragili, mortali: di fronte all’universo non siamo più grandi di una formica”.
Così diceva Oscar Niemeyer, il grande architetto brasiliano, morto nel 2012, cinque giorni prima di compiere 105 anni. Niemeyer è il padre di un modello di città rarefatto, a bassa densità, nel verde, talmente poco caotico da apparire alienante: Brasilia.
L’assalto al parlamento dei sostenitori del presidente uscente Bolsonaro, ha riportato sugli schermi dei nostri dispositivi gli edifici disegnati da Niemeyer, rimasti meravigliosamente candidi, nonostante l’inevitabile scorrere degli anni.
Fu Juscelino Kubitschek, il presidente brasiliano, nel 1956 a chiedergli di progettare la nuova capitale del Brasile.
Sorta “no meio de nada” (“in mezzo al nulla”), Brasilia mescola il sogno utopico della società socialista con quello della città di fondazione. Un manifesto per il nuovo stato alle prese con ideali da riscrivere in nome della cultura e dell’indipendenza politica.
Niemeyer applicò i principi funzionali della Carta d’Atene (1933) sostenuti da Le Corbusier: abitare, lavorare, divertirsi, spostarsi.
Il piano urbanistico fu elaborato da Lucio Costa, maestro e amico di Niemeyer, che invece tenne per sé la progettazione degli edifici pubblici più rappresentativi. Alcuni dei quali celeberrimi come la cattedrale de “Nossa Senhora Aparecida” .
Il paesaggista Roberto Burle Marx fu incaricato di curare l’ampia quota di spazi verdi, giardini, boschi e specchi d’acqua che contraddistinguono il panorama della nuova capitale.
Costruita su un altipiano, a mille metri di altitudine, Brasilia presenta un assetto planimetrico a forma di aeroplano con un asse principale, monumentale, in direzione est-ovest, da cui si dispiegano due ali, per i blocchi residenziali. Ogni parte è suddivisa per funzioni: uffici pubblici, residenze, commercio, la chiesa, il parco.
Per Brasilia tutto venne programmato: la possibilità che la città cambiasse o si estendesse secondo interpretazioni spontanee non era prevista. Le auto scorrevano, senza possibilità di sosta, su strade enormi prive di semafori e strisce pedonali, dove le persone sono figure impalpabili. Fantasmi, anzi formiche.
Inaugurata nel 1960, donò a Niemeyer il consenso necessario per lavorare in Europa.
Ritornato in Brasile, nel 1964, trovò al potere una giunta militare autrice di un colpo di stato. Interrogato dalla polizia, quando gli venne chiesto: “insomma, cosa volete?”, rispose: “cambiare la società”.
Pensata per 300.000 abitanti, oggi Brasilia è circondata da una serie di città satelliti che portano il numero degli abitanti complessivi del distretto a quasi tre milioni. Con condizioni di vita insoddisfacenti.
Ma il sogno utopico e controverso di Brasilia, città socialista e diffusa, monumentale e decadente, ancora oggi, all’indomani delle immagini delle devastazioni avvenute all’interno del palazzo del congresso, rimane immutato.
(Brasilia nel 1987 è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità)
Articolo pubblicato nella rubrica “L’Archritico” su ulisseonline.it, col titolo “Le città del futuro” il 24.04.2020
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