LA CITTA’ DEI FUOCHI D’ARTIFICIO

Il viaggiatore arriva a Cacciata, la città dei fuochi d’artificio, accolto da un breve spettacolo pirotecnico.

Stelle colorate che decollano da una serie di cartocci posizionati sui muretti ai bordi della via principale seguiti, a finale, da un paio di bombe “giapponesi”, da una bomba “a crociera” e dal classico “colpo scuro”.

Rimane sorpreso, occhi al cielo, ad ammirare la meraviglia, antica, dei colori scintillanti. La luminosità improvvisa e accecante; assorbe i fragori degli spari, aggrottando appena gli occhi come per attenuarli.

Scambia così per cerimoniale da ospitalità le naturali attività di Cacciata. Ed, infatti, nessuno bada né a lui né al suo stupore; così non riabbassa neanche lo sguardo che ode un crepitio provenire dal fondo della strada: piccoli trak precedono l’esplosione di quattro o cinque bombe “scure” di modesto calibro.

Sono in corso dei festeggiamenti” immagina il viaggiatore seguendo una truppa che si muove dinanzi a lui, così fa appena in tempo a scorgere la coda di una piccola banda musicale, apparentemente sgangherata, che preceduta da una statua aureolata portata a spalla, imbocca una strada in salita e si allontana.

Potrebbe seguire il corteo per scoprirne la destinazione, ma gli è fatale qualche secondo di indugio, uno sguardo circolare grazie al quale scorge un nutrito gruppo di imbellettati che si affrettano lungo una ripida scalinata. Le donne, claudicanti su tacchi altissimi, sorreggendosi con una mano alla ringhiera e con l’altra sollevando l’orlo delle vesti, vanno all’inseguimento degli uomini, che favoriti dalle calzature, accelerano incuranti.

Curioso, si aggrega e giunge nello slargo di una basilica baroccheggiante, dove una folla disposta in due ali, ha l’aria di chi attende.

E infatti, non passano che pochi minuti e l’arrivo di una lunga Cadillac bianca viene salutato con l’esplosione di un nugolo di mortaretti. Seguito, non appena una sposa ne discende, da un volo di colombe, liberate da due gabbie, che dopo un momento di smarrimento si levano al cielo. Ma ecco che, puntuali, dalle terrazze dell’edificio di fronte parte un nuovo, fulmineo, lancio di razzi: sottili strisce di fumo bianco sibilanti raggiungono pressappoco l’altezza del campanile prima di esplodere in un morbido scoppiettio.

Finché uno di questi centra dritto l’ala di una colomba che dapprima sbanda, tenta di riprendere quota, poi piroetta per precipitare e schiantarsi su un balcone tra l’indifferenza dei presenti, che non colgono nemmeno il sordo lamento del pennuto, coperto dagli applausi per la sposa che oramai, sottobraccio ad un anziano signore (evidentemente il padre) è sullo scalone, prossima all’ingresso.     

Segue un brusio, un complottare di quanti sono rimasti all’esterno, così incuriosito, il viaggiatore origlia brandelli di frasi dove si discute di miccie, nitrati, gubbia e tenaglie.

Cos’è questa intensa attività pirotecnica che anima la città di Cacciata? “ si chiede il viaggiatore.

Da dove proviene tutto questo desiderio di festeggiare? Ma soprattutto cosa c’è da festeggiare?”.

Risposte che il viaggiatore cerca intervistando i locali nelle pause tra un’esplosione e l’altra. Percorre quartieri vietati a qualsiasi animale domestico sotto un cielo privo di uccelli, a chi incrocia chiede lumi, ottenendo solo sguardi straniti, sgranate di occhi e contro domande.

Come se la nuvola di polvere pirica, zolfo e solfati avesse intorpidito la popolazione spingendola verso la normalizzazione di un loop a base di luci, rumore e fumo.

Attitudine che, evidentemente, si tramanda di generazione in generazioni, con i bambini già intenti a impratichirsi con le miccette e i ragazzini abili nell’uso di raudi. Fino al rito di passaggio, che avviene di solito intorno al conseguimento della maggiore età, con il lancio di un “cipollotto”. Un addestramento che spinge i migliori a cimentarsi nella più prestigiosa delle carriere: quella del fuochista.

E’ al più esperto dei quali, infatti, che è affidato il governo della città.

Al viaggiatore non par vero di poterlo incontrare mentre è intento a sistemare, sul bagnasciuga, una batteria di mortai per il consueto spettacolo della sera.

Lo riconosce da come maneggia gli spaghi e il passafuoco, misurando i calibri con occhio esperto, caricando i cilindri con bombe “a stella”, “cannelli”, “lunghe” o granatine. Gli legge in viso il piacere di istruirlo sulle modalità di assemblaggio dei fuochi, sulla cura e l’esperienza che occorre.

Guardi” gli fa, lasciandogli cadere sul palmo della mano una puntina di ossalato di sodio, “la tocchi, senta quanto è pura! Con questa coloriamo di giallo le fiamme”. Il viaggiatore la annusa, contorcendo il naso in una smorfia, finché  lascia cadere la polvere, cascata che il fuochista segue con lo sguardo, come fossero ceneri di un defunto caro.

Annusi questa!” gli dice subito dopo proponendogli della canfora. “E’ per i fuochi bianchi, anzi bianchissimi”.

E poi ancora altre polveri, miscele, pece greca e setacci. Un lungo menù di assaggi pirici, fino a quando il fuochista estrae dalla tasca interna della giacca un cofanetto dorato, lo spalanca dinanzi agli occhi del viaggiatore con cura sacrale ed esclama: “Ma questo è il nostro segreto!”.

Il viaggiatore si concentra su quel flacone in vetro che ora l’uomo gli tiene dinanzi agli occhi reggendolo attentamente con due dita. Fa cadere due gocce di un liquido giallastro sul suo dito indice quindi glielo accosta al naso.

L’odore acre penetra nelle narici del viaggiatore che vorrebbe rifiutare, viceversa aspira, aspira, aspira, finché lo coglie un leggero malessere, al quale segue un senso di inebriante felicità.

Smarrisce l’equilibrio, è costretto a sedersi e ad assistere all’ennesimo spettacolo pirotecnico.

Non sa cosa si festeggia, ma assiste ai fuochi della sera con animo rigenerato e stupore adolescenziale. E dopo i fuochi del tramonto, attende che arrivino quelli della mezzanotte e poi quelli per festeggiare l’alba e, subito dopo quelli per celebrare il ritrovamento delle spoglie di un remoto santo, la loro riposizione, reinvenzione, spostamento… . Spettacoli che finiscono appena in tempo per consentire l’inaugurazione di una sagra agricola e dopo di quella, l’apertura di un centro commerciale, di un nuovo bar o di una lavanderia. Giusto qualche minuto di pausa prima che partano i fuochi per celebrare la sfilata delle autovetture d’epoca o un anniversario di nozze o una “promessa” di matrimonio.

Così è già sera e nuovamente i mortai si allineano sulla riva.

Quindi, giusto il tempo di discutere di una bomba “stutata” e di una contro bomba, che sono tutti in piazza ad attendere ancora quelli di mezzanotte.

Le gocce del misterioso liquido color ocra ungono le testate, i vapori sfumano nell’aria e, spessi, ritornano sulla città penetrando nei sistemi respiratori e cardiovascolari degli abitanti di Cacciata. Non solo: ne impregnano la pelle, alterano le pupille, allentano la rugosità della vita e così la potenza delle esplosioni diventa suono. “E’ una spiegazione” pensa il viaggiatore “l’unica possibile”.

Gli abitanti riprendono, con le loro videocamere tascabili, ogni cosa, condividono commentando entusiasti. Colgono dettagli, sfumature, fanno paragoni con passate esibizioni, descrivendo differenze in scenari in realtà indistinguibili.

La città è un grosso palcoscenico, una portaerei terrestre, una base di lancio. Ogni balcone, ogni terrazzo è utile per lo scopo, dal basso lo skyline della città si illumina, a turno ogni palazzo si fa ombra sul palazzo accanto. Le strade lampeggiano mentre una colonna di vigili del fuoco è sempre pronta ad intervenire ad ogni principio di incendio. 

Il finale di ogni show, col suo fracasso, è l’apoteosi, la marcia trionfale, il genere musicale prediletto del luogo.

In questa indecifrabile narcosi vive la città di Cacciata, sotto un’eterna foschia sintetica, scossa dalle deflagrazioni e sbattuta tra un festeggiamento e un altro. Tuttavia assolutamente schermata contro ogni vicissitudine reale, insensibile ad ogni tentativo di modernità, stordita dai boati, enclave pirotecnica al centro del mondo, eppure praticamente, confinata nella più sperduta periferia.

L’incessante ritmo della città non lascia scampo al viaggiatore accidentale, che già al secondo giorno di permanenza viene preso da un sostenuto difetto di sordità misto a suggestione mistica.

Tuttavia e per fortuna, colto da provvidenziale lucidità, lascia la città, ancora terrorizzato dalle esplosioni improvvise, dai colpi dalle traiettorie impreviste, dai praticanti abusivi e dai ragazzini incoscienti.

Così, come ne era entrato, ignorato, il viaggiatore abbandona Cacciata, salutato da pesantissimi fuochi d’artificio, che però, ora lo sa, non sono per lui.

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