C’è una pericolosa minaccia professionale che incombe sugli architetti. Insensibile al concetto di “rispetto delle competenze” e completamente all’oscuro del concetto di “deontologia”. Inoltre nessuna legge è in grado di metterla in condizione di non nuocere. Sto parlando dell’’”Architetto dentro”.
L’”Architetto dentro”, tanto per intenderci è quello che te lo ritrovi all’improvviso sul cantiere che ti guarda perplesso, alza la mano (se educato) e ti suggerisce quello che devi fare, oppure arriva con la sua soluzione in tasca, magari disegnata in maniera approssimativa su foglio protocollo, e decide che è meglio fare così. A volte te lo ritrovi che ti contraddice nella scelta dei materiali o che cambia le cose in corso perchè “è meglio fare così”, pronto a prendersi i meriti e a scaricare le colpe.
La pericolosità principale dell’”architetto dentro” si manifesta nella sua capacità di mimetizzarsi e di usare l’effetto sorpresa, tolti i muratori che sono “architetti dentro” per definizione, non è facile infatti individuarlo in quanto non confluisce da un ambito scientifico definito, nè preferisce alcuni ambienti ad altri. Proviene in eguale misura da ambiti legati al mondo dell’arte (moda, pittura, guida turistica) oppure da argomenti del tutto estranei alla materia (insegnanti, casalinghe/i, fruttivendoli ecc.). Persino avvocati frustrati (divenuti tali per costrizione), commercialisti con l’animo romantico o giornalisti sportivi in cerca di riscatto, possono talvolta assumere le sembianzie dell’”architetto dentro”. L’architetto tradizionale può difendersi solo prevenendo le sue mosse: riconoscendolo e impedendogli di nuocere.
Ma come si fa a riconoscere un “architetto dentro” ? Ecco i cinque indizi per individuarlo.
1) Letture e programmi tv. Un primo indizio riguarda quello che legge o che guarda in televisione il potenziale “architetto dentro”. Questi sa che in qualche modo deve sopperire alla mancanza di conoscenza didattica con fonti alternative, per questo è grande appassionato di programmi tipo “vendo casa”, “compro casa”, “sistemo casa” o “distruggo casa”, che affianca a letture di testi che di solito ha rinvenuto a casa di parenti o amici o, più raramente, ha comprato. In genere il livello scientifico di queste lettura non è elevatissimo, un sistema quasi scientifico per riconoscere un architetto sarebbe quello di spiare cosa legge in bagno. Rinvenire sul bordo del bidet riviste quali “AD”, “Cose di casa” o “Ville & Giardini”, corrisponderebbe ad una prova incontrovertibile.
2) La matita in tasca. Si tratta di un indizio che potrebbe anche confondere l’ispettore, in quanto la matita o la penna-china può essere un accessorio in dotazione anche a salumieri, usurai, poeti o studenti in genere. Tuttavia si può tendere una trappola al potenziale “architetto dentro” sollecitandolo su un qualsiasi particolare che si capirebbe meglio se fosse disegnato. A quel punto l’”architetto dentro” estrae la matita dal taschino e improvvisa un mini progetto in proiezione ortogonale, modello “educazione tecnica in terza media”. In caso di smodata autostima ci si spinge fino all’assonometria.
3) Il linguaggio. L’”architetto dentro” può essere tradito dalla conoscenza di alcuni termini tecnici dei quali le persone normali non sanno nemmeno l’esistenza. A solo titolo di esempio ci si può cominciare a preoccupare quando all’interno di una discussione comune ascoltate locuzioni tipo boiserìe, stuccatura idrofugata, aggetto, “a cardamone”, risega, arricciatura, embrice, gocciolatoio, tavella, putrella, piattabanda ecc.. Personalmente ritengo l’uso dell’aggettivo “tamburato” come punto di non ritorno.
4) Lo shopping. Ci sono alcuni negozi nei quali ci si ritrova sempre gli stessi. Quelli del negozio lo sanno: i suoi clienti sono gli architetti ai quali si aggiunge tutta quella truppa più o meno disordinata di “architetti dentro”. L’”architetto dentro” passa una quantità di tempo assolutamente esagerata in show room di mobili, design shop, reparti illuminazione dei centri commerciali. Inoltre è capace di riconoscere a memoria oggetti quali la “Conica” di Aldo Rossi, il “Cubo” di Zanuso & Sapper, la “Chaise longe” di Le Corbusier ecc. Inoltre un “architetto dentro” non disdegna un giro all’Ikea il Sabato pomeriggio anche se fuori non piove, sintomo piuttosto grave già preso singolarmente.
5) La vacanza. Questo particolare tradisce la quasi totalità degli “architetti dentro”, in quanto se c’è qualcosa che gli architetti tradizionali possono fare solo tra di loro è la vacanza. Gli unici non architetti che possono andare e resistere ad una vacanza con degli architetti, sono gli “architetti dentro”. Si stima, infatti, che in una vacanza di 15 giorni con un gruppo architetti si visitino più architetture che in 150 anni di vita normale. L’”architetto dentro” si tradisce quando, misteriosamene, non oppone nessuna obiezione (anzi sembra persino entusiasta) alla proposta di andare a Poissy per vedere Villa Savoye di Le Corbusier o di fare due ore (all’andata e altrettante al ritorno) di bus da Praga per raggiungere Brno e visitare casa Tugendhat di Mies Van Der Rohe.
Occorre fare informazione poichè il 96% degli esseri umani ancora ignora la pericolosità sociale degli “architetti dentro”, ma soprattutto il significato dell’aggettivo “tamburato”.
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Mia sorella ha 3 dei punti sopra elencati : il bagno (ma anche il salone e il garage) tappezzato di riviste di arredamento in pila tipo sala d’attesa di uno studio medico, parla una lingua a me ignota usando termini come “modanature”, e secondo fonti affidabili pare si diletti a frequentare Zara Home e Roche Bobois… sospetto che abbia un “architetto dentro” ma non so in che stadio sia. Come posso aiutarla?