L’architetto e la pratica dello sport

L'architetto e lo sportMolti professionisti, nel momento in cui cominciano a lavorare in maniera seria e continuativa, abbandonano definitivamente qualsiasi attività sportiva. In questo senso l’architetto è di solito un anticonformista, poichè si ostina nel continuare a dedicarsi alla pratica sportiva coltivando il sogno di mantenersi in forma nonostante il poco tempo a disposizione e l’avanzare dell’età. Questa testarda ostinazione non dura in eterno poichè esercitare il mestiere dell’architetto è chiaramente incompatibile con la sana pratica sportiva, per motivi di ordine pratico, fisico e mentale.

In ogni caso, finchè dura, ecco i cinque sport preferiti dall’architetto/a.

Al 5° posto:  La palestra – L’architetto che ci tiene a mantenere un aspetto fisico decoroso ma che ama anche intrattenere una rete di rapporti sociali per non appiattirsi sul tran-tran  “casa-lavoro-casa”, si iscrive in palestra. Di solito perchè svolgendo mansioni cicliche solitarie e noiose (disegni, computi metrici, calcoli c.a.) non parla mai con nessuno e la sera o in pausa pranzo ha assoluto bisogno di sfogarsi con chiunque, anche con sconosciuti. Approdando in palestra, si iscrive a tutti i corsi: fit-boxing, spinning, zumba, pilates; dopo qualche giorno, sfinito, comincia a fare una selezione, elimina quelli che si tengono in orari impraticabili e i più faticosi, quindi segue solo quelli serali o più rilassanti, convinto di poter mantenere l’impegno. Con il tempo elimina tutti i corsi e si reca in palestra solo per fare conversazione sul divanetto dell’ingresso e la doccia calda.

Al 4° posto: La piscina – E’ la variante meno social della palestra. Di solito l’architetto nuotatore proviene da anni di nuoto a mare oppure comincia ad avere problemi lombari per le lunghe ore trascorse da seduto ed è convinto che il nuoto gli faccia bene. Di solito ostenta un borsone ultima moda che appoggia in bella vista accanto alla scrivania, così può dire a tutti, alla prima occasione, “stasera ho nuoto”. L’architetto dunque vorrebbe utilizzare l’attività in piscina per rilassarsi e per migliorare la postura ma, ignora quanto sia faticoso nuotare in piscina. Esordendo in vasca fa grandi proclami, tipo “oggi faccio 50 vasche”, “proverò tutti gli stili”, oppure, se fumatore, il più impegnativo di tutti: “da domani basta sigarette”. In realtà dopo i primi 100 metri boccheggia come una balena spiaggiata, la sera a casa ha dolori ovunque e, il giorno dopo, per il nervoso, fuma il triplo.

Al 3° postoIl tennis – E’ lo sport scelto dall’architetto un pò snob, mediamente o decisamente benestante che considera il tennis assolutamente compatibile con la sua attività professionale in quanto può svolgerla in orari e giorni definibili con grande anticipo, in luoghi molto comodi, riscaldati d’inverno e raffreddati d’estate. Tali architetti di un certo rango, considerano l’esercizio del tennis una sorta di appendice dell’ufficio, poichè utilizzano l’ora di fitto del campo come briefing lavorativo, unendola ad una colazione d’affari, una cena con firma di contratto, un pagamento in nero in spogliatoio e così via. La pratica di questo sport si interrompe quando ci si imbatte per sbaglio in un singolare con un funzionario della Guardia di Finanza in incognito.

Al 2° posto: Il calcetto: Architetti che in gioventù sono stati pure ottimi giocatori di calcio, con il passare del tempo ripiegano nella versione ridotta del calcio a 5. Vengono così assoldati da gruppi di amici ai quali manca il decimo, che organizzano agghiaccianti partite il giovedi sera in campi di periferia all’aperto, anche in pieno inverno. L’architetto di solito si posiziona dietro le punte, arrogandosi il ruolo di “creatore di gioco” anche se una volta giocava da terzino e ha piedi indecenti. Le partite possono essere di due tipi, quelle organizzate da giovani studenti che corrono il triplo ed irridono l’architetto che quindi dopo qualche settimana si da per malato o quelle organizzate da pari età di varia estrazione sociale e di peso. Queste ultime sono gare di pessima qualità dove architetti, avvocati, ingegneri, impiegati sfogano in maniera fin troppo energica lo stress accumulato durante il giorno. Per questa carica agonistica assolutamente fuori lungo, queste partite si concludono spesso con infortuni piuttosto gravi, risse o eterne polemiche che aumentano ancora di più lo stress di cui sopra.

Variante femminileLa pallavolo: La donna architetto ex-pallavolista non rinuncia all’idea di giocare “ancora un altro campionato” nonostante tutti gli impegni di lavoro. Il primo dramma è che lo short che prima andava perfetto ora non entra più, quindi gioca in tuta, poi che sopraggiungono dolori in fasce muscolari delle quali si ignorava l’esistenza, e ancora l’evidenza che nessuno le passa più la palla, infine il consiglio che arriva puntuale di “fare l’allenatrice”. Inoltre l’architetto pallavolista sottovaluta la circostanza che le mani siano fondamentali per l’esercizio della professione, e che l’età appanni i riflessi. Di solito l’architetto-pallavolista si arrende dopo le prime tre slogature oppure quando le “nuove” la scambiano per la custode del campo.

Al 1° posto: La corsa – Sempre più architetti si dedicano alla corsa. L’architetto runner è di solito quello dalla indole anarchica, costretto a discutere per ore e ore con clienti, funzionari di uffici, fornitori, colleghi e muratori  decide di dedicarsi alla disciplina più solitaria che si conosca: la corsa, appunto; compra tutta l’attrezzatura giusta per non sembrare inadeguato, scarica le app sullo smartphone per monitorare le sue prestazioni e si bulla con i colleghi andando  al lavoro con le scarpette nuove che puntualmente sporca di calce sul cantiere. Di solito l’architetto corre in orari molto improbabili, agli estremi dei turni di lavoro classici. Quindi, o intorno alle 6 del mattino, insonne, uscendo di casa insieme agli spazzini e agli edicolanti o dopo le 9 di sera, in notturna rischiando di essere investito sulla statale nonostante la pettorina fosforescente. La passione per la corsa sfuma con il tempo o quando ci si imbatte in un runner, vero, 70enne che lo sorpassa al doppio della velocità mentre chiacchiera amabilmente al cellulare.

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