ARCHITETTI (MIMETIZZATI) ALL’IKEA

Un noto istituto di ricerca ha stilato una classifica delle cose che, negli ultimi decenni, hanno rivoluzionato il mestiere dell’architetto italiano. Al primo posto si è piazzato l’uso del computer; al secondo la diffusa pratica degli appalti truccati, al terzo posto c’è l’Ikea.

L’Ikea è arrivata in Italia nel 1989, precisamente a Milano, insieme a Jurgen Klinsmann, i CURE all’Arena Civica e la Fiat Croma diesel. Da quel preciso momento in poi il lavoro dell’architetto italiano non è stato mai più lo stesso. Con l’Ikea quell’aura di precisione, conoscenza ed intoccabilità che, in materia di arredo, misurazioni di abitazioni, gusto e stile, apparteneva esclusivamente all’architetto, è diventata di pubblico dominio. L’Ikea ha trasformato tutta la popolazione, anche semiscolarizzata, in potenziali architetti d’interni. Infatti, oggi l’Italia è notoriamente un paese di Santi, poeti, navigatori, rinviati a giudizio, allenatori di calcio e architetti d’interni. In ordine crescente di numerosità.

Tuttavia se il fenomeno Ikea si fosse limitato alla zona del milanese, almeno l’85% della popolazione degli architetti italiani, sarebbe stata al sicuro da scorrette invasioni di campo; invece dopo 25 anni Ikea ha aperto sul territorio italico ben 20 punti vendita, in ogni angolo della penisola, da Gorizia fino a Catania. Finora gli unici deikeizzati sono i sardi, ma solo perchè i designer scandinavi non hanno ancora ben capito come adattare, per dirne giusto due, il tavolino Lack e il letto Malm (notoriamente squadrati) ai nuraghi (notoriamente circolari).

E poi anche perchè la Sardegna è troppo umida e il truciolato non è adatto.

Nel corso degli anni gli architetti italiani, acquisita la consapevolezza di non poter sconfiggere l’Ikea sul terreno della semplice concorrenza, hanno provato ad allearvicisi, visitandola in principio con compassionevole comprensione, poi con interessata circospezione, quindi con professionale complicità. Fino a considerarla una possibilità. Come l’aglio nella carbonara.

Molti architetti, se interrogati, sostengono di non frequentare l’Ikea. Invece, in fondo, agli architetti piace scorrazzare nei negozi Ikea e nonostante provino sempre a mimetizzarsi tra i comuni clienti, ci sono almeno cinque comportamenti che tradiscono un architetto all’Ikea:

1)      Non prende mai il metro di carta dagli opportuni dispenser poichè effettua misurazioni “ad occhio” fidandosi dell’esperienza. In compenso l’architetto ogni volta porta a casa un numero spropositato di matite, con la scusa che “sempre servono”.

2)      Quando passa dinanzi al banco “progettazione” guarda la postazione con un espressione disgustata. Se la postazione è occupata da un addetto, l’architetto lo guarda con commiserazione mista a disprezzo. Se poi lui stesso è costretto ad utilizzare il cad per comporre, ad esempio, una cucina, prima si vanta di sapere manovrare con destrezza ogni tipo di piattaforma, dopodichè dopo qualche minuto di tentativi, bestemmia forte lamentandosi che “questi sono programmi per bambini” e abbandona il banco.

3)      Avvicinandosi ad un elemento d’arredo non si limita a scrutarlo con attenzione ma lo picchietta con le nocche delle dita per capirne la consistenza, dopodichè, di solito, torna indietro scrollando il capo a testa bassa, farfugliando frasi tipo “lo sapevo”, “che ti avevo detto”, “no, no, non va bene, è roba scadente”.

4)      Al reparto illuminazione compra sempre le pile perchè gli servono per il Disto, la macchina fotografica reflex o i telecomandi di casa. E non si ricorda mai se ne ha ancora, infatti a casa ne ha una scorta così grande che da solo potrebbe illuminare l’Abruzzo.

5)      Passa almeno la metà del tempo a sua disposizione nell’”Angolo delle occasioni”, convinto, unico tra migliaia di clienti, di poter fare l’affare del giorno. Non compra mai niente ma tutte le volte ci torna fiducioso.

E comunque l’aglio nella carbonara non ci va. Al massimo il parmigiano.

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