C’è stato un tempo in cui agli architetti fu permesso inventare.
Anni romantici di sperimentazioni, successi e fallimenti. Brevi ma intensi, come gli amori fulminanti.
Non troverete facilmente sui libri di storia dell’architettura il nome di Dante Bini, eppure l’ottantanovenne architetto emiliano, lo meriterebbe. Accanto ai suoi affini (Nervi, Fuller) e a coloro che con lui hanno collaborato (Frei Otto).
Tuttavia Bini occupa un posto speciale nella storia dell’architettura grazie ad un sistema di costruzione di cupole in cemento armato brevettato nel 1963 col nome di “Binishell”.
La leggenda narra che l’architetto si trovasse all’interno di una struttura gonfiabile a giocare a tennis, mentre fuori iniziò a nevicare. Così immaginò si potesse costruire grazie all’aria, sollevando da terra superfici in calcestruzzo ancorché ancora allo stato fluido.
“Si può fare” pensò.
Su una base circolare di calcestruzzo Dante Bini colava un getto armato che andava modellandosi grazie ad una casseforme dinamica che si gonfiava sotto la sua superficie. Sulla struttura creatasi, successivamente, venivano ritagliate le aperture.
Il caso volle che Dante Bini conobbe Monica Vitti a Cortina e lei lo presentò al suo compagno di allora, il regista Michelangelo Antonioni, che tempo prima aveva ricevuto in regalo dei terreni sulla costa paradiso nella regione della Gallura in Sardegna. Là dove stava girando il film “Deserto rosso”.
A Dante Bini, Antonioni chiese di costruire il suo nido d’amore su quella costa selvaggia. In totale segretezza la casa degli amanti, detta “La Cupola” fu terminata nel 1971. Un disco simile ad una navicella spaziale atterrata sulla scogliera. Durante la biennale di architettura del 2014, Rem Koolhaas la definì: “an exceptional example of mid-twentieth-century residential architecture”.
Ma prima di trasferirsi in Australia e successivamente negli Stati uniti e in Giappone, Dante Bini fece in tempo a realizzare un’altra serie di architetture iconiche, rese celebri dalla serie Tv cult degli anni ’80 “Professione vacanze”, che Mediaset continua tenacemente a trasmettere ogni estate da circa 35 anni.
Nel villaggio vacanze di “Cala Corvino” a Monopoli, dove il prode Jerry Calà (alias Enrico Borghini) da animatore del villaggio affronta ogni traversia, i residence degli ospiti sono i moduli dell’architetto Bini.
Ma per Dante Bini il tempo delle invenzioni non è mai terminato. Attualmente è impegnato in un ultimo progetto visionario: la piramide di Tokyo, una struttura costruita secondo moduli semiautomatici che dovrebbe ospitare, quando e se conclusa, una città autosufficiente da 750.000 abitanti.
Va detto che a mezzo secolo di distanza sia “La Cupola” in costa Paradiso che le case di Cala Corvino, mostrano i segni del tempo. La casa che fu di Antonioni (sulla quale dal 2015, è stato posto un vincolo d’interesse storico-culturale), è in stato di abbandono e oggetto di varie iniziative che provano a salvarla.
D’altronde “La Cupola” venne frequentata da Michelangelo e Monica solo per un breve periodo: fu amore fulminante.
A “La Cupola” di Antonioni-Vitti è stato dedicato anche un documentario del 2016, opera del regista tedesco Volker Settel. Il trailer QUI.
La foto di copertina è tratta dal sito del “New York Times”. Le altre foto de “La Cupola” sono tratte da pagine fb o siti internet .it (professionearchitetto – dagospia – corriere) .
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Parafrasando Dante: “Nessun maggior gioia che ricordarsi del tempo infelice nell’allegria“. Dopo L’Architemario è uscito il mio secondo libro: “L’Architemario in quarantena – Prigionia oziosa di un architetto”. Il libro perfetto per dimenticare le zone rosse, arancione rafforzato, arancione e gialle . CLICCA QUI PER ORDINARLO SU AMAZON
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