Se volete una storia dove a vincere non sono i buoni, potete ripassare quella di Luigi Cosenza.
Laureatosi in “ponti e strade” nel 1928 a Napoli, Cosenza fu il più architetto tra gli ingegneri della sua generazione.
In grado di rivelare prima di tutti la lezione del razionalismo, già dall’esordio, il mercato ittico che realizzò ventiquattrenne in via Nuova Marina a Napoli. E successivamente nelle residenze costruite sulla collina di Posillipo: villa “Oro” e villa “Savarese” (dove si dice visse, per un anno, Michael Jackson).
Dopo il conflitto mondiale, tornato nella facoltà di ingegneria da insegnante, venne eletto nel consiglio comunale di Napoli, dove dai banchi dell’opposizione si batté contro lo scempio urbanistico passato alla storia come “Il sacco di Napoli”, scontro che Francesco Rosi raccontò nel suo capolavoro del 1963 “Le mani sulla città”.
L’intransigenza morale gli provocò quell’ostracismo accademico che lo indusse, infine, a lasciare l’insegnamento.
Ma gli valse le simpatie di Adriano Olivetti che gli commissionò la fabbrica di Pozzuoli (1951-70) prototipo di architettura industriale organica, perfettamente integrata nel paesaggio fino a sembrare trasparente.
“Gli uccelli si infrangevano contro le sue vetrate”, racconta Cesare De Seta in “L’architettura del novecento”.
Un sistema produttivo a misura d’uomo che Cosenza trasferì a Salerno, quando gli industriali svizzeri Landys & Gir (termostati e componenti elettrici) gli commissionarono una fabbrica (1962-65) nell’area del San Leonardo ad est della città.
Il padiglione, orizzontale coi suoi brise soleil, dialogava col giardino circostante. Le lunghe superfici vetrate svincolavano la forma dalla struttura, moderna ed efficiente, a telaio in acciaio.
High tech. Prima di tutti. Nuovamente.
L’opera di Cosenza andava difesa, quando, chiusa la fabbrica, l’edificio cambiò proprietario.
Una postilla al piano regolatore avrebbe potuto consentire il cambio di destinazione ed un eventuale nuovo uso. Invece nel 2013, una banale comunicazione all’ufficio tecnico del Comune, ne ha permesso la demolizione.
In un’area dove il piano regolatore ha previsto migliaia di nuovi metri cubi di vani di nessuna qualità, oltre che inutili.
Rigoroso e lungimirante quanto sventurato Luigi Cosenza, “sconfitto”, in vita e da morto, dai sicari delle città.
(Le immagini sono tratte da luigicosenza.it)
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Cappuccetto architetto Rosso (ciclo “Favole d’architettura”)