La (IM)maturità

Solo in un caso la scuola italiana “apre” il telegiornale.

Il giorno dell’inizio degli esami di maturità, cioè oggi.

I programmi del mattino si collegano in diretta dall’atrio dei licei già dalle 7 quando è ancora chiuso. Infatti il portone è sbarrato.

Dietro al giornalista (di solito giovane), eccitatissimo, si scorge solo uno spazzino, guardie notturne che tornano dal turno e anziani insonni in cerca di cantieri da sorvegliare.

Nel telegiornale successivo, intorno alle 8, il giornalista, sempre più eccitato, intervista studenti assonnati, tranquillissimi, che lo rassicurano mentre lui spera di mostrare in diretta almeno una crisi di panico, o trasmettere appelli a casa tipo “mamma, non aver paura, ce la farò”.

Cosa che non accade mai. Anzi, alcuni studenti mostrano, fieri, persino la loro “cartucciera” con un migliaio di compiti già svolti, consapevoli che l’impunità è oramai un tradizione consolidata in questo paese.

Verso le 9, un’edizione straordinaria del telegiornale comunica le tracce del tema di italiano. Per evitare che qualcuno possa dire “io l’avevo detto” (generando dubbi su talpe e complotti) ogni volta vengono preferiti temi su scrittori sconosciuti, poeti di nicchia o autori di citazioni misteriose ed introvabili, tutti rigorosamente estranei a qualsiasi programma ministeriale.

A quel punto, i maturandi ottengono la conferma di quanto tutto quello che avevano studiato durante l’anno scolastico fosse inutile. Cosa della quale, peraltro, già sospettavano. Questo li solleva anche dal senso di colpa di utilizzare compiti già svolti da altri, ben occultati nei calzini o in canottiere con tasconi da marines.

Alle 9.30 viene diffusa la notizia che in un istituto professionale di un paese dimenticato da Dio, si è verificato un problema al sistema informatico e le tracce sono state dettate a voce, o scritte a gesso su una lavagna, oppure scolpite nella pietra come le tavole di Mosè. E che comunque questo ha causato gravi ritardi e problemi allo svolgimento della prova, per cui è probabile che qualche avvocato stia già lavorando per il consueto ed intramontabile ricorso al TAR.

Verso mezzogiorno, inevitabilmente, trapela la notizia che uno studente è stato sorpreso a copiare dallo smartphone e, stante la flagranza di reato, tratto in arresto, processato per direttissima e condannato a mesi 16 di reclusione, che grazie alla condizionale, sconterà ai servizi sociali. La notizia va ancora verificata, ma intanto viene diffusa, ad uso ammonimento.

Il telegiornale dell’ora di pranzo apre con il solito giornalista, sudatissimo che blocca i primi ragazzi che escono dalle aule. A tutti rivolge la classica domanda: “com’è andata?” ottenendo banalissime risposte di circostanza.

In studio il magnifico rettore dell’università telematica degli argonauti, pontifica su aspetti sociali e linguistici delle tracce, tra l’indifferenza generale.

Tutti i telegiornali del pomeriggio si collegano con i davanzali degli istituti scolastici per sentire le impressioni dei maturandi che, ovviamente, non hanno nessuna voglia di parlare.

Il solito giornalista, stremato, rimane imperituro nella sua postazione fino al tardo pomeriggio per sentire la voce anche dell’ultimo maturando che abbandona la classe, o degli insegnanti che non vedono l’ora di andarsene a casa, anche perché il giorno dopo devono ritornare.

Al telegiornale della sera c’è sempre un professorone che spiega come era più opportuno svolgere la traccia di letteratura o un luminare che discute di quella di scienze. Ma l’attenzione è già rivolta verso la seconda prova. Compaiono quindi dietologi obesi che consigliano l’alimentazione corretta, psicologi che consigliano il tantra yoga misto alle benzodiazepine o ex-alcolizzati che raccomandano bere solo acqua, al massimo acqua minerale. Infine compaiono anche attori, sportivi e politici, ignoranti come capre, che, raccontando la loro esperienza, tranquillizzano i maturandi dichiarando: “se ce l’ho fatta io…”.

Frase che è divenuta un po’ il manifesto culturale del nostro paese; quante volte lo abbiamo pensato: “se ce l’ha fatta lui…”!. Ecco perché in un posto dove il merito è un accessorio, talvolta seccante, è decisamente superfluo sbattersi per un voto migliore.

Per questo, alla maggior parte dei ragazzi non gliene frega niente della maturità.

Un attimo dopo aver terminato l’esame, avranno rimosso tutto.

Se c’è una cosa che non contribuirà in nessun modo alla formazione della loro maturità, sarà quest’esame. Certamente molto meno di ciò che gli accadrà nella meravigliosa estate che stanno per vivere.

(Questo è quello che è accaduto a me e ad almeno un’altra decina di milioni di persone).

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