Il mio amico Guido fa il poeta. E’ un naif. Non ha studiato, anche perché non esiste la scuola per poeti. Il poeta è una di quelle cose che al massimo la puoi fare. Guido sostiene che l’unica scuola per i poeti sia la strada.
Prima di essere un poeta Guido lavorava in banca, allo sportello. Ci ha lavorato per venti anni. Finché, due anni fa, la banca ha sostituito lo sportello con un distributore automatico e lo ha messo in aspettativa. E’ stato così che Guido ha deciso di mettersi in viaggio.
“Parto” mi disse.
“E la banca ?” gli chiesi
“Io odio i soldi” replicò.
“Quando parti ?” chiesi.
“Domani”.
“Dove vai ?”
“Nella Terra del fuoco”.
“Caspita. E’ lontano”
“14000 chilometri”.
“E perché ?”
“E’ sempre stato il mio sogno”
“Ci vai perché ti piace il Sudamerica ?”
“No. Perché mi piace il nome”, disse.
“E’ una buona ragione” lo confortai.
“Per mantenermi farò il poeta”
“Ma tu non sei un poeta” gli dissi.
“E tu che ne sai ?”
Per viaggiare Guido ha deciso di andare a piedi o in l’autostop. Per lui è facile: conosce quattro lingue.
A volte si fa dare un passaggio su mezzi di fortuna come trattori, asini, per andare da un porto all’altro sale sui pescherecci. Mi ha detto che dorme dove capita. Quando si fa notte bussa alle porte delle case e chiede ospitalità. A volte usa anche il citofono. Però la gente non si fida quasi mai. Quasi nessuno gli apre: per questo Guido dorme spesso in strada, o alla stazione. Infatti molte sue poesie parlano di poveri, di treni e di freddo.
Quando si gela, Guido cerca un posto dove stare. Chiede di pagare con le poesie. Se un uomo innamorato ma respinto lo ospita, lui gli offre di scrivergli un sonetto per riconquistare la sua amata.
A volte lavora anche su commissione: persone che vogliono fare un regalo gli chiedono una poesia. Guido allora chiede qualche particolare, il colore degli occhi e dei capelli, la forma del viso, come sono le mani o il cibo preferito. E, tempo mezz’ora, scrive una poesia.
Nella maggior parte dei casi, Guido le poesie le regala.
Se qualcuno insiste per pagarlo lui si fa pagare in natura, in cambio di quattro caciotte Guido può scrivere tre quartine in rima incrociata. Quando seppe che io e Sara avevamo litigato mi regalò una poesia struggente, me la dettò al telefono.
Sara aveva conosciuto Guido quando aveva aperto il conto corrente. Prima di essere licenziato Guido conosceva solo persone che gli parlavano di denaro. Questo lo intristiva tantissimo.
Ogni tanto mi chiama, la settimana scorsa per l’ultima volta.
“Sono in Giappone” mi ha detto.
“Ma non dovevi andare nella Terra del Fuoco ?” gli ho chiesto.
“Faccio il giro lungo. Tempo ne ho. Come va con Sara ?” era curioso di sapere.
“Così e così” ho tagliato corto.
“Ti chiamo quando sono dall’altra parte del pacifico” mi ha detto, poi è caduta la linea.
Ora non lo so dove sia, credo su una nave in mezzo al mare. Le sue poesie parleranno di onde, balene, uragani e ammutinamenti.
Guido era sprecato in banca, i poeti devono essere liberi, muoversi per il mondo senza orari e cartellini da timbrare: non possono perdere il loro tempo a contare denaro.
Se non fosse stato per il distributore automatico nessuno avrebbe mai letto una sua poesia. Ecco un caso in cui il progresso è stato utile.
Chissà quanti Guidi sono prigionieri negli uffici.
Guido fa il poeta ma, secondo me, questo mondo non ha la sensibilità giusta per capirlo.
Infatti io e Sara ci siamo lasciati.
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