Bruno arrivò nella sala d’attesa in compagnia di suo padre alle 8.55, cioè con cinque minuti di anticipo rispetto all’ora dell’appuntamento. A quell’ora l’edificio dell’ambulatorio era deserto e semibuio. Lungo le scale Bruno corse più veloce, quel mattino non era andato a scuola per affrontare quella visita e desiderava finire in fretta.
Il padre lo raggiunse mentre Bruno esaminava le porte disposte in fila lungo il corridoio. Fecero alcuni passi insieme, finché non furono davanti a quella con la scritta “cardiologia”.
Il padre di Bruno estrasse dalla tasca il foglio della prenotazione, rilesse il nome del dottore sussurrandolo, poi lo ripiegò e lo inserì di nuovo nella tasca posteriore dei pantaloni. Entrarono.
La sala d’attesa era ampia, lungo le pareti alcune file di sedie in plastica grigia erano ordinate in linee di quattro o cinque. Il pavimento era di quelli antichi in scaglie di marmo bianco e nero, le mura tinteggiate di bianco sporco. Al centro pendeva un vecchio lampadario di plastica nera con due lunghi neon, dove uno sembrava essersi acceso meglio dell’altro. La stanza era deserta, solo un uomo c’era, fermo, in piedi, le mani dietro la schiena subito accanto alla porta chiusa dietro la quale si effettuavano le visite. Accanto a lui, su un sedile, c’era poggiata una giacca leggera.
Il padre di Bruno conosceva l’uomo, ma anche Bruno sapeva chi fosse. Lui ed il figlio dell’uomo per un periodo, nell’adolescenza, erano stati buoni amici. I tre si fecero un segno, appena percettibile, di saluto, poi Bruno ed il padre si sedettero, l’uomo rimase in piedi al suo posto.
Dopo qualche minuto una donna grassa, vestita di bianco, comparve dalla porta delle visite e chiamò il cognome di Bruno e del padre. Entrambi scattarono in piedi.
Quando la donna fu certa di aver chiamato il loro nome, si avvicinò e chiese:
“Per chi è la visita ?”.
“Per lui” disse il padre di Bruno.
Bruno fece due passi avanti, fino quasi a sopravanzare la donna.
“Venite con me” disse la donna e si avviò verso la porta che era rimasta socchiusa.
Erano passate le nove da solo due minuti. Bruno pensò che entro un’ora al massimo sarebbe tornato a casa e avrebbe avuto tutto il mattino libero.
Quando la donna fu distante un passo dalla porta, l’uomo che era in attesa le si parò davanti.
“Scusi ma il mio turno quando sarà ?”
“Mi dispiace” rispose la donna “lei deve aspettare ancora un po’”, con l’aria di chi quelle parole le aveva già dette ed ora le stava solamente ripetendo.
“Sono qui già da un’ora” alzò la voce l’uomo.
“Non dipende da me” disse la donna: “deve avere ancora pazienza”.
“E’ una vergogna” accusò l’uomo, “qui non fate le cose seriamente”.
“Appena sarà il suo turno verrò a chiamarla” cercò di concludere la donna.
“Lasci perdere” urlò l’uomo agitando la mano destra davanti al suo viso. “Ora sono stanco di aspettare. Tornerò un’altra volta”.
La donna mosse le spalle come per dire “faccia come vuole”.
Bruno e suo padre erano rimasti immobili due metri più indietro.
Prima che la donna entrasse nella stanza, il padre di Bruno disse: “il signore sta prima, per noi può entrare adesso”.
La donna grassa fissò il padre di Bruno spazientita, poi rispose: “non si può fare, voi non c’entrate niente con il signore”.
L’uomo intanto si era rimesso la giacca e stava controllando nelle tasche che ci fosse tutto il contenuto.
“Non vada via” gli disse il padre di Bruno, “Ha già aspettato un’ora. Magari ora la chiamano”.
“Anche se mi chiamassero adesso” rispose l’uomo “Non entrerei. Mi sono troppo agitato e per l’esame che devo fare è necessario che io sia molto calmo”.
La donna entrò nella stanza, Bruno la seguì, suo padre fece un cenno di saluto con la mano all’uomo che intanto si allontanò in corridoio.
Quando Bruno fu dentro lo studio del medico, cercò per tutto il tempo di capire se in quella stanza si potesse fare anche un altro tipo di esame, se da là si poteva andare in un altro studio dove ci sarebbe stato un altro medico con altre apparecchiature. Si guardò a lungo intorno ma concluse che dalla porta in sala d’attesa si poteva accedere solo a quella stanza dove c’era un solo medico. Bruno ripensò anche alle parole dell’uomo che ammoniva di restare calmi durante una visita del genere. Per questo smise di farsi quelle domande e chiuse gli occhi.
Quando Bruno ed il padre uscirono dall’ambulatorio non trovarono nessuno, né in sala d’attesa, ne nel corridoio e neppure lungo le scale e all’ingresso.
Dopo circa un anno, Bruno venne a sapere che quell’uomo era morto. Non si ricordava se quella, in sala d’attesa, era stata l’ultima occasione nella quale lo aveva visto. Forse in qualche altra circostanza lo aveva incrociato per strada, visto in un negozio o in qualche manifestazione in paese, ma proprio non riusciva a ricordarlo. Rammentava invece perfettamente l’episodio nella sala d’attesa del reparto cardiologia, la rabbia di quell’uomo e la sua reazione improvvisa.
Bruno rimase molto male sapendo della morte dell’uomo, pensò che, se avesse saputo la notizia in tempo, si sarebbe certamente recato ai funerali.
Alcuni anni dopo, Bruno ed il figlio di quell’uomo ritornarono a frequentarsi. Si incontrarono per una vicenda di lavoro e ripresero confidenza, tanto che il figlio dell’uomo, una sera, invitò pure Bruno a casa per festeggiare una sua promozione. Il figlio dell’uomo era diventato padre da pochi mesi e in quel frangente Bruno apprese che al bimbo aveva dato il nome del nonno che, purtroppo, non avrebbe mai conosciuto.
“Peccato che tuo padre non possa saperlo” gli disse Bruno mentre erano in terrazza e guardavano le auto passare sulla statale in basso.
“Si. Ne sarebbe stato felice”.
“Mi dispiacque tanto quando morì” disse Bruno dopo qualche momento di silenzio.
“Mio padre era un testardo” disse il figlio dell’uomo con tono distaccato.
I due finirono di bere l’amaro che avevano nel bicchiere. Per Bruno la discussione poteva concludersi là, non voleva rispolverare ricordi che per l’amico potevano essere dolorosi.
Ma il figlio dell’uomo prima di rientrare in casa disse ancora: “Certamente se mio padre si fosse curato, sarebbe ancora con noi”
Bruno trattenne qualsiasi altra domanda, preferì lasciare cadere l’argomento.
Dopo quella sera, Bruno e il figlio dell’uomo tornarono a perdersi di vista, tuttavia, ogni tanto frequentando lo stesso bar, finivano per incontrarsi e scambiare qualche parola.
Un mattino, origliando ad una sua conversazione, Bruno venne anche a sapere come era morto l’uomo.
Un infarto.
FOLLOW ME ON TWITTER: @chrideiuliis