L’ARCHITETTO-SCRITTORE DEI CARTELLI DI CANTIERE

cartelloUn mio amico architetto-scrittore ha recentemente deciso di dedicarsi ad un nuovo settore. Aveva iniziato, con la scrittura, aprendo un blog di critica architettonica, poi era passato alla redazione delle relazioni paesaggistiche (che non leggeva nessuno), quindi si era lanciato sui social animando discussioni molto articolate. Per un periodo si è davvero molto impegnato, ha pubblicato anche un libro, raggiungendo persino un filo di notorietà. Purtroppo il web è troppo affollato. Il migliore dei suoi interventi durava giusto cinque minuti in timeline, poi veniva subito rimosso da pareri su scie chimiche, vaccini si o no, foto di culi femminili al mare o bambine al saggio di danza, piatti di carbonare ma soprattutto animali domestici.

Quando ha scoperto che la foto di un gatto riceveva dieci volte l’attenzione di un suo pezzo al quale aveva dedicato mezza giornata di ricerche, ha avuto una crisi depressiva.

Ma il mio amico scrittore-architetto non si è perso d’animo. E ora si è lanciato in un settore praticamente vergine. Ora scrive i cartelli dei cantieri edilizi.

L’importanza della scrittura del cartello non è stata ancora compresa. Neppure lui ne aveva coscienza: lasciava che lo compilasse un comune manovale con la quinta elementare o un diploma qualsiasi. Poi è andato su un cantiere dove era direttore dei lavori e ha letto “ristrutturazzione” con due “z” e ha capito che non si può lasciare la scrittura del cartello ad un illetterato.

Da quel giorno, il mio amico pretende di scrivere tutti i cartelli dove compare come progettista o direttore dei lavori. Se un manovale prova a sottrargli questa incombenza, magari sperando di fargli cosa gradita, lui si incazza di brutto. Quando è il momento si chiude in ufficio con il cartello e ci lavora con attenzione per alcune ore.

Innanzitutto si impegna a scriverlo con la migliore delle grafie possibile, negli anni si è perfezionato ed ora imita quasi precisamente un “Arial narrow” corpo “24”, quindi utilizza due pennarelli di colore diverso, in genere rosso e nero. Per cartelli con sfondo molto chiaro non disdegna il blu.

La sua specialità è abolire le voci che non occorrono e sostituirle con altre indicazioni. Tipo la voce “subappalti” che non compila mai nessuno, lui la cancella e ci scrive accanto “note”. Oppure, se non ci sono lavori di natura strutturale, utilizza le righe dedicate al “calcolatore statico” e al “collaudatore in corso d’opera” per le sue osservazioni. In queste, il mio amico scrittore-architetto, si sente libero di esprimersi con qualsiasi frase ad effetto come “si raccomanda di usare la massima prudenza possibile”, oppure “gli intrusi sono pregati di allontanarsi dalle recinzioni” (per difendersi dagli anziani curiosi). Ma anche citazioni di un certo livello, come: “l’architettura è il grande libro dell’umanità” (V.Hugo). In un cantiere dove erano in corso lavori per la costruzione di impianto fognario ha scritto: “L’eventuale diffusione nell’aria di olezzi maleodoranti sono considerabili assolutamente pertinenti alle lavorazioni in atto”. Poesia pura.

Al rigo “fine lavori”, notoriamente l’ultimo del cartello, il mio amico spesso aggiunge un appendice di cartello dove annota che l’eventuale slittamento della data di fine lavori potrebbe non dipendere necessariamente dalle inadempienze del direttore degli stessi o dall’inefficacia della ditta esecutrice: si tratta di una sorta di messaggio cifrato, una sottile accusa al sistema della burocrazia oppure un preventivo, quanto scaramantico, richiamo alla buona sorte. Sul numero presunto di lavoratori sul cantiere il mio amico architetto-scrittore è capace di dilungarsi per una decina di righe, aggiungendo un foglio plastificato laterale per specificare mansioni, tempi e posizioni di ogni singolo operaio.

La scrittura del cartello dei lavori conferisce al mio amico architetto-scrittore enorme soddisfazione, per una serie di motivi che i più ignorano. Innanzitutto un cartello ha una sensazionale visibilità. Può essere esposto al centro di piazze o lungo viali molto frequentati, in punti panoramici o su ponteggi visibili da innumerevoli prospettive. Inoltre il cartello dei lavori in corso può rimanere esposto per anni ed anni. Se si chiede una variante ad un permesso di costruire, solo la nuova approvazione può richiedere dai due ai quattro anni. Si aggiungano rinnovi, proroghe, sospensioni dei lavori, fallimenti dei committenti e altro ancora, si stima che lo stesso cartello possa rimanere esposto anche per un decennio. Ma ci sono anche cartelli che sopravvivono al proprio autore, come opere postume campeggiano sulle rovine di opere mai terminate. In quest’Italia dell’incompiuto edilizio, l’unica cosa certa rimane il cartello.

Si tenga anche presente che la scrittura del cartello è un ramo assolutamente sgombro da qualsiasi concorrenza. Nessun gatto, cane o tartaruga può sostituire l’immagine del cartello dei lavori. Al massimo ci si accoppia un render finto. Non esistono like ma neanche dislike.

Inoltre il cartello è obbligatorio, non è previsto nessun caso in cui si possa evitare di esporlo. Anzi, è prevedibile che presto andranno esposti anche più cartelli, cartelli che indicano cartelli e cartelli con lo schema dei cartelli presenti. E poi è anche colorato, quindi può avere un certo appeal cromatico, possedere un suo “genius loci”.

E’ pur vero che ancora nessuno ha ancora capito il valore letterario del cartello in corso, per questo spesso continuiamo a leggere “ristrutturazzione”, “edilizzia”, ”attivita” senza accento e campi come direzione del cantiere confusi con quello del direttore dei lavori.  Ma il mio amico architetto-scrittore coltiva un ottimismo appassionato. Quando il genere sarà scoperto, sarà chiaro che lui sarà considerato senza dubbio un maestro, forse addirittura l’inventore del genere.

Il mio amico architetto-scrittore di cartelli edilizi, prima o poi diventerà famoso, ne sono certo. Insieme ad un altro mio amico postino-musicista che si è specializzato nel suonare i citofoni.

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