10 COSE CHE FA UN ARCHITETTO AGLI ARRESTI DOMICILIARI

Lo sanno tutti: quando si chiedono ad un architetto dettagli circa la sua vita domestica, costui risponde sempre con un laconico: “io poi a casa non ci sto mai”, scaricando sul partner qualsiasi incombenza e responsabilità relativa alle vicissitudini casalinghe. Tuttavia, questi sono tempi incerti e può pure capitare che ad un architetto venga recapitata la misura cautelare degli arresti domiciliari, sovvertendo improvvisamente tutte le sue abitudini e costringendolo a crearsene delle nuove.

Ecco le 10 cose che un architetto, di solito fa, se costretto agli arresti domiciliari.

1)      Sottoscrivere un robusto abbonamento alla pay tv. Nel caso di un archi-uomo un solo abbonamento non basta perché i diritti televisivi dei maggiori eventi sportivi sono distribuiti almeno su due piattaforme e quindi i canoni salgono a due. In alcuni casi l’architetto beneficiato di cotanto tempo libero da trascorrere sul divano di casa, compra anche un televisore nuovo, più grande, smart, con il sistema audio surround. Quelli che vogliono esagerare e stare comodi, cambiano pure il divano.

2)      Rimettere in ordine le vecchie foto dei viaggi giovanili. Fotografie ingiallite dal tempo, custodite in scatole di latta in cima all’armadio, vengono recuperate, riguardate con diffuso spargimento di nostalgia e quindi sistemate in ordine cronologico con tanto di didascalie. I malcapitati conviventi sono di conseguenza costretti ad ascoltare fumosi aneddoti sui quali l’architetto romanza senza essere costretto ad esibire prove.

3)      Cominciare a scrivere la propria biografia. Ogni architetto che si rispetti, ad un certo punto della propria vita, mette mano a quel grosso volume chiamato “opere” che è il vero motivo per il quale, tanti anni prima, ha deciso di fare questo mestiere. Per farlo tenta più volte di comporre una prefazione che contenga i tratti essenziali della sua poetica che però non è facile da spiegare. Ed infatti l’architetto salta la prefazione, che decide di assegnare ad un suo estimatore, e inizia direttamente dai suoi primi lavori nei quali si impantana di nuovo per mancanza di materiale. In genere il progetto naufraga.

4)      Effettuare lavori di bricolage. Un architetto non può sopportare l’umiliazione di non riuscire neanche piantare un fisher in una parete senza creare lesioni permanenti. O di non saper registrare la porta a scrigno, o peggio ancora di non essere in grado di montare un qualsiasi mobiletto dell’ikea. I più coraggiosi si avventurano anche lungo le rischiose dinamiche di un impianto elettrico, oppure nel misterioso principio che regola il funzionamento del sifone del bagno. I meno avventurosi decidono per il più modesto decoupage.

5)      Piantare dei fiori sul balcone. Se la misura cautelare consente all’architetto almeno di uscire sul balcone, ammesso che ce lo abbia, questi che, per anni, ha inserito nei suoi progetti ettari ed ettari di verde pubblico e privato, si cimenta finalmente nella complicata disciplina del giardinaggio. Eh si, perché è semplice immaginare piantagioni di prato inglese utilizzando a profusione il layer del verde, nella realtà le rigide leggi della natura prevedono anche molta applicazione. In genere l’architetto inizia con piante tropicali e spezie esotiche, e finisce ad innaffiare i gerani che tecnicamente sono piante spontanee.

6)      Rileggere i classici. Per alcuni, in verità, si tratta di una prima lettura e non di una rilettura. E’ il caso di quei libri che un architetto custodisce nella sua libreria ma che non ha mai avuto il tempo neanche di sfogliare. Inutile dire che anche in questo caso, pure se i domiciliari si protraessero per anni, si tratterebbe di un tentativo vano. Architetti particolarmente dediti alla causa rispolverano anche saggi di architettura che avevano letto da studenti e non avevano capito niente. Li rileggono adesso, approfittando sia del tempo libero che della cultura e dell’esperienza acquisita negli anni, ma non capiscono niente lo stesso.

7)      Cucinare. Ultimamente un grande sogno di ogni architetto è quello di mollare tutto e di aprire un ristorante di design, con piatti raffinati dal nome incomprensibile in francese e musica jazz d’atmosfera in sottofondo. Nel caso di archi-donna si può tranquillamente affermare che almeno i rudimenti sono conosciuti, ma nel caso di archi-uomo il rodaggio deve iniziare da alcune operazioni del tutto elementari, che, come da prassi, si effettuano tutte utilizzando l’elemento uovo: da cucinare sodo, alla coque o in forma di frittata. Un archi-uomo agli arresti domiciliari tende a considerarsi già un cuoco quando riesce a stabilire con precisione la quantità di sale che ci vuole nell’acqua della pasta.

8)      Progettare una nuova distribuzione degli ambienti. L’architetto, che nel corso degli anni, ha provato ad imporre a centinaia di incauti clienti la soluzione che lui riteneva ideale per la loro casa, non si è mai veramente occupato di sperimentare le sue teorie compositive sulla propria abitazione. Per questo motivo un architetto ai domiciliari finalmente si pone il problema e comincia a ragionare incessantemente ad un utilizzo più razionale degli spazi con interventi di ristrutturazione anche massicci che prevedono l’abbattimento fino all’80% delle pareti esistenti. Architetti strutturisti possono appassionarsi anche alla materia dell’adeguamento antisismico dell’intero fabbricato provocando molta tensione nel condominio.

9)      Mettere finalmente ordine nella sua stanza. Un architetto, ovunque egli viva, ha sempre una sua stanza, nella quale prevede di lavorare anche a casa. Tale ambiente è dotato di un computer portatile, una stampante da 30 euro, una risma di fogli e circa 4 tonnellate di riviste specializzate accumulate negli anni. Centinaia di albi di Casabella, Domus, L’Arca, numeri di “L’Architettura, cronache e storia” vecchi di 40 anni che annunciano festanti l’uso di moplen per i mobili del soggiorno. Il proposito dura in media un giorno e mezzo, finché l’architetto viene sorpreso, come in ipnosi, seduto sul pavimento, immerso nella lettura di un editoriale di Zevi del 1963.

10)  Darsi malato. Grazie alla benedetta inibizione dell’uso del cellulare, l’architetto può decidere pure di dormire ininterrottamente per 18 ore al giorno senza il timore di essere disturbato: una meravigliosa, tanto attesa, libertà, conquistata a costo di perdere la libertà stessa.

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